Ev  colui  che esercita  professionalmente un’attività  economica organizzata al fine della  produzione o dello  scambio  di beni  o di servizi (art.  2082 c.c.). Il fine di produzione o scambio  di beni  o servizi distingue  la figura  dell’imprenditore introdotta dal codice  del 1942 da  quella  del commerciante  (v.),  tipica  del codice  previgente, che identificava  colui  che compiva,  per  professione abituale, operazioni speculative.  Ev  imprenditore: a) chi esercita  un’attività  di produzione di beni;  b)  chi esercita  un’attività  di produzione di servizi; c) chi esercita  un’attività  di rivendita di beni  (v. commerciante). Non  tutte  le attività  consistenti  nella  produzione di beni  o di servizi, anche  se esercitate professionalmente, danno  luogo  ad  un’impresa:  tali  sono  le attività  dei professionisti  intellettuali (v.) e degli  artisti  (v. artista). Ad  essi si applicano le norme  dettate per  l’imprenditore solo  se l’esercizio  della  professione costituisce elemento di un’attività  organizzata in forma  di impresa  (art.  2238, comma 1o, c.c.). L’attività  di produzione o scambio  di beni  e servizi, per  dar  vita  ad un’impresa  (v.),  deve  essere  professionalmente esercitata, cioè  essere esercitata con  stabilità  o, comunque, in modo  non  occasionale.  Non  deve necessariamente trattarsi di attività  ininterrotta: è  richiesta  l’abitualità , cioè il costante  ripetersi  dell’attività  economica, anche  se ad  intervalli  imposti dalla  natura ciclica o stagionale dell’attività  concretamente esercitata. Può essere  imprenditore tanto  un  soggetto  privato  quanto un  soggetto  pubblico:  si dice, pertanto, che la nozione  di imprenditore è  una  nozione  di diritto  comune  (v. norma giuridica, generalità  e astrattezza  della imprenditore). L’imprenditore non  ha  necessariamente uno scopo  di lucro  (v. lucro, scopo  di imprenditore), cioè  dall’esercizio  della  sua  attività  non  si ripropone, necessariamente, di ricavare  un  guadagno:  è  sufficiente che egli produca secondo  criteri di economicità  (v.),  cioè  produca in condizioni  di tendenziale pareggio  del bilancio  (v.).  L’attività  produttiva dell’imprenditore deve,  in altre  parole,  alimentarsi con  i suoi  stessi ricavi e non comportare erogazione a fondo  perduto della  dotazione patrimoniale di cui eventualmente disponga.  A  quanto detto  consegue:  a) non  è  imprenditore chi eroga gratuitamente, o per  un prezzo politico  (v.),  i beni  o i servizi prodotti; b) può  esercitare un’attività  di impresa  anche  un’associazione (v.) o una fondazione (v.) che non  possono  proporsi  uno  scopo  di lucro;  c) più persone che esercitino un’attività  economica senza  scopo  di lucro  danno vita  ad  un’impresa  (v.) senza  dar  vita  ad  una  società  (v.),  per  costituire  la quale  è  indispensabile uno  scopo  di lucro;  d)  una  società  che eserciti un’attività  economica può  non  dar  vita  ad  un’impresa,  quando manchi  il requisito,  sopra  indicato,  della  professionalità . Non  è  necessario  accertare che l’attività  produttiva concretamente si rimuneri con  le proprie entrate: è sufficiente  che presenti un’organizzazione di per  se´  idonea  a rimborsare, mediante il corrispettivo dei beni  e servizi prodotti, i fattori  della produzione impiegati.   
 imprenditore agricolo:  è  colui  che esercita  un’attività  diretta alla  coltivazione  del fondo (v. fondi  rustici), alla silvicoltura  (v.),  all’allevamento  del bestiame  (v.).  L’imprenditore imprenditore è  sottoposto alla  disciplina  dettata dal c.c. per  l’imprenditore in generale (artt.  2082 ss. c.c.). L’imprenditore imprenditore può  esercitare la propria attività  su suolo  proprio o altrui  (v. affitto,  imprenditore a coltivatore  diretto; affitto,  imprenditore di fondo  rustico).  Oltre  alle  attività sopra  indicate,  l’imprenditore imprenditore può  esercitare anche  attività  agricole  per  connessione  (v. attività , imprenditore agricole per connessione).  L’imprenditore imprenditore non  è  soggetto  a fallimento (v.).  L’imprenditore imprenditore non  è  necessariamente un  imprenditore individuale:  è , pertanto, imprenditore imprenditore anche  la società  che eserciti  una  impresa  agricola.  All’imprenditore imprenditore, poi,  il codice  applica  una disciplina  speciale  (artt.  2135 ss. c.c.), le cui norme  sono  le seguenti:  a) le norme  relative  all’iscrizione  nel registro delle imprese  (v.) non  si applicano alle  imprese  agricole  (art.  2136 c.c.); b)  l’imprenditore imprenditore è  sottoposto agli obblighi stabiliti  dalla  legge in merito  all’esercizio  dell’agricoltura, anche  se esercita l’impresa  su fondo  altrui  (art.  2137 c.c.); c) i poteri  dei dirigenti  e dei fattori  di campagna sono  determinati per  iscritto  dal preponente o, in mancanza,  dagli  usi (art.  2138 c.c.); d)  tra  piccoli imprenditori agricoli  è ammesso  lo scambio  di manodopera o di servizi secondo  gli usi (art.  2138 c.c.).  
 imprenditore agricolo a titolo principale:  figura  esclusa  dalla  conversione della mezzadria  in affitto  (v. mezzadria) a norma  dell’art.  3 l. 14 febbraio  1990, n. 29, che richiama  la nozione  di cui all’art.  12 della  l. 9 maggio  1975, n. 153. Ev  imprenditore imprenditore il concedente che ricava  dalla  coltivazione  del fondo  i due  terzi del proprio reddito globale.   
 ausiliari dell’imprenditore:  v. ausiliari, imprenditore dell’imprenditore. 
 imprenditore commerciale:  è  l’imprenditore che esercita  una  o più  fra le seguenti  attività:  1) attività  industriale  (v.) diretta alla  produzione di beni  e servizi; 2) attività intermediaria nella  circolazione  dei beni  (v. attività , imprenditore commerciale);  3) attività  di  trasporto  (v.)  per  terra,  mare,  aria;  4)  attività  bancaria  (v.  attività,  imprenditore bancaria)  o attività  assicurativa  (v. attività , imprenditore assicurativa);  5) attività ausiliarie  (v. attività , imprenditore ausiliarie) delle  precedenti. L’imprenditore imprenditore si distingue,  per  le  attività  che svolge, dall’imprenditore agricolo:  qualunque soggetto  definibile  come  imprenditore è  imprenditore imprenditore qualora  la sua  attività  non  possa  definirsi  come  agricola  (v. imprenditore agricolo).  I principali  obblighi  dell’imprenditore imprenditore sono:  a) l’obbligo  di registrazione nel registro delle  imprese  (art.  2195 c.c.); b)  gli obblighi  e gli oneri  connessi  alla rappresentanza commerciale (v. rappresentanza,  imprenditore dell’imprenditore commerciale) (artt.  2203 ss. c.c.); c) l’obbligo  di tenere le scritture  contabili (art.  2214 c.c.); d)  la soggezione  al fallimento  (v.) ed  alle  altre  procedure concorsuali  (v.) (art.  2221 c.c.). L’imprenditore imprenditore deve  chiedere l’iscrizione  nell’ufficio del registro  delle  imprese  nella  cui circoscrizione  essa  ha  sede  entro  trenta giorni  dall’inizio  dell’attività , indicando (art.  2196, comma  1o, c.c.): 1) il proprio cognome,  nome,  luogo  e data  di nascita,  cittadinanza; 2) ditta;  3) oggetto  dell’impresa;  4) sede  dell’impresa;  5) cognome  e nome  degli institori (v.) e dei procuratori  (v.).  L’imprenditore imprenditore deve  anche  chiedere l’iscrizione  delle modificazioni  relative  agli elementi sopra  indicati  (art.  2196, comma  3o, c.c.). L’imprenditore imprenditore che istituisce  nello  Stato  sedi secondarie è  sottoposto al sopraindicato obbligo  di iscrizione  della  sede  secondaria nell’ufficio  del registro  delle  imprese  (art.  2197, comma  1o, c.c.) (v. sede, imprenditore dell’impresa). L’imprenditore imprenditore deve  indicare,  negli  atti  e nella  corrispondenza che si riferiscono all’impresa,  il registro  presso  il quale  è  iscritto  (art.  2199 c.c.). Egli  è obbligato alla  tenuta del libro  giornale  (v. libro, imprenditore giornale),  del libro  degli inventari (v. libro, imprenditore degli inventari)  (art.  2214, comma  1o, c.c.), nonche´ tutte  le scritture contabili  (v.) che siano  richieste  dalla  natura e dalle dimensioni dell’impresa  (v. libro, imprenditore mastro; libro, imprenditore cassa; libro, imprenditore magazzino), deve,  altresì,  conservare per  ciascun  affare  gli originali  delle  lettere (v.),  dei telegrammi  (v.) e delle  fatture (v.) spedite  (art.  2214, comma 2o, c.c.). Le  scritture  devono  essere  conservate per  dieci anni  dalla  data dell’ultima  registrazione; per  lo stesso  periodo devono  essere  conservati  gli originali  delle  lettere, telegrammi e fatture (art.  2220 c.c.) anche  in riproduzione fotografica (art.  25 l. n. 15 del 1965).  
 ente  pubblico come imprenditore:  è  l’imprenditore che abbia  natura di ente  pubblico  secondo  la legge. Il concetto legislativo  di imprenditore (cfr.  art.  2082 c.c.) comprende tanto  l’imprenditore privato  quanto l’imprenditore pubblico.  L’ente  pubblico  è  imprenditore commerciale quando:  a) svolga  un’attività  definibile  come  commerciale (art.  2195 c.c.) (v. attività, imprenditore commerciale);  b)  l’esercizio  di detta  attività  costituisca  l’oggetto  esclusivo  o principale dell’ente  (art.  2201 c.c.). Sono,  pertanto, commerciali  gli enti pubblici  economici  (v. enti pubblici,  imprenditore economici):  ne  restano esclusi quegli enti  pubblici  che esercitano attività  commerciali  in via solo  accessoria rispetto  ad  altre  attività , di natura non  economica, che ne  costituiscono  l’oggetto  principale.  Così  lo Stato  e gli enti  pubblici  territoriali: le attività  commerciali  da  essi esercitate si presentano sempre  come  attività  accessorie rispetto  ai loro  compiti  istituzionali,  per  cui essi assumono la qualità  di imprenditore, ma non  quella  di imprenditore commerciale. Gli  enti  pubblici  economici  sono  soggetti all’obbligo  di iscrizione  nell’ufficio  del registro delle imprese  (v.),  nonche´ all’obbligo  di tenere le scritture contabili  (v.); tutti  gli enti  pubblici  sono sottratti al fallimento  ed  alle  altre  procedure concorsuali (art.  2221 c.c. e art.  1 l. fall.).  
 imprenditore e proprietà  dei beni aziendali:  l’imprenditore non  è  necessariamente proprietario dei beni  che destina  all’esercizio  dell’impresa  (v.) (v. azienda)  (art.  2555 c.c.). Ev  infatti  sufficiente  che egli ne  disponga  in base  ad  un  titolo  che gli permetta di utilizzarlo  per  l’esercizio  dell’impresa, titolo  anche  meramente obbligatorio. Può , perciò , accadere che l’imprenditore non  sia proprietario di nessuno dei beni  aziendali  (v.).   
 imprenditore e società  di capitali:  nelle  società  di capitali (v.) imprenditori non  sono  le singole  persone socie, ma l’impersonale organizzazione collettiva.  Pertanto la prerogativa di capo  dell’impresa  non  spetta,  come  nelle  società  di persone (v.),  a ciascun  socio, ne´  spetta  per  intero  ai soci: essa  è  ripartita tra l’assemblea (v.) dei soci e il consiglio  di amministrazione (v.) che la esercitano nei limiti della  loro  competenza.  
 fallimento dell’imprenditore:  v. fallimento. 
 imprenditore incapace di agire:  è  l’ipotesi  nella  quale  il titolare di un’attività  di impresa (v.) è  persona incapace  di agire  (v. incapacità  legale). Il c.c. dispone  che il tribunale, su parere del giudice  tutelare, può  autorizzare il genitore  del minore  (v.) (art.  320, comma  5o, c.c.), il tutore (v.) dell’interdetto  (v.) (art. 371 n. 3 e ultimo  comma  c.c.) e l’inabilitato  (v.) (art.  425 c.c.) a continuare l’esercizio  d’impresa  commerciale, da  altri  iniziata.  Pertanto l’incapace  di agire  può  essere  imprenditore solo  nel caso  in cui abbia  ricevuto,  per  successione ereditaria o per  donazione, un’azienda  commerciale  (v.) già  da  altri utilizzata per  l’esercizio  di impresa  commerciale: si vuole  evitare  che l’azienda  commerciale pervenuta all’incapace  per  atto  di liberalità , debba essere  venduta o data  in affitto  per  l’impossibilità , per  l’incapace,  di esercitarla. Nel  caso  del minore  (non  emancipato) e dell’interdetto, la legge opera  una  dissociazione tra  titolarità  dell’impresa  ed  esercizio  della  stessa:  l’impresa  è  esercitata dai genitori  o dal tutore, ma in rappresentanza del figlio o dell’interdetto cui l’attività  è  giuridicamente imputata. I genitori  ed il tutore, pertanto, esercitano le prerogative di capo  dell’impresa, mentre il figlio e l’interdetto assumono la qualità  di imprenditore e ne subiscono  ogni conseguenza, compresa la soggezione  al fallimento  (v.).  I genitori,  poi,  oltre a dirigere  l’impresa  del figlio, ne  fanno  propri  i profitti,  in forza dell’usufrutto legale  (v. usufrutto,  imprenditore legale) su tutti  i beni  del figlio. Per  il minore  emancipato v. minore  emancipato  come  imprenditore.  
 minore emancipato come imprenditore:  il minore  emancipato  (v.) può  ottenere dal tribunale l’autorizzazione ad  esercitare un’impresa commerciale (art.  397 c.c.).  A  differenza del minore  assolutamente incapace  di agire,  il minore emancipato può  essere  autorizzato, oltre  che a continuare un’impresa già iniziata  da  altri,  anche  a intraprendere  un’impresa nuova.  Il minore emancipato, autorizzato dal tribunale ad  esercitare un’impresa commerciale, può  compiere  da  solo  gli atti  che eccedono l’ordinaria  amministrazione, anche se estranei all’esercizio  dell’impresa  (art.  397, comma  3o, c.c.).  
 imprenditore occulto:  è  l’imprenditore che esercita  un’attività  di impresa  non  in nome  proprio, ma attraverso un  prestanome che spende,  con  i terzi,  il proprio nome  come  se fosse  l’effettivo  titolare dell’impresa. Conseguenza fondamentale è l’irresponsabilità  dell’imprenditore imprenditore, anche  se imprenditore effettivo,  per  i debiti  contratti per l’esercizio  dell’attività  di impresa,  in quanto questa  appare formalmente esercitata da  altra  persona. L’utilità  di tale  situazione per  l’imprenditore imprenditore è  evidente: finche´  l’attività  di impresa  è  fonte  di guadagno,  l’imprenditore imprenditore fornisce  al prestanome, solitamente nullatenente, tutti  i mezzi patrimoniali necessari  all’esercizio  dell’impresa;  quando, invece,  l’attività  di impresa  cessa  di essere un  buon  affare,  l’imprenditore imprenditore cessa  ogni  erogazione, provocando l’insolvenza  dell’imprenditore apparente e il suo fallimento  (v.).  In  tal  modo  il rischio  d’impresa  (v.) viene trasferito dall’imprenditore effettivo  sui creditori che non  trovano,  ne´ nell’impresa  ne´  nel patrimonio personale dell’imprenditore apparente, di che soddisfare le loro  ragioni  di credito.  La  giurisprudenza prevalente esclude  la responsabilità  dell’imprenditore imprenditore per  i debiti  dell’impresa, considerando la spendita  del proprio nome  requisito necessario  per  l’assunzione  della  qualità  di imprenditore; e ciò sulla base  delle  norme  sul mandato senza  rappresentanza (v. mandato,  imprenditore con  e senza  rappresentanza).  
 piccolo imprenditore:  è  imprenditore imprenditore il coltivatore  diretto (v.) di un  fondo  (v. fondi  rustici), l’artigiano (v.),  i piccoli commercianti  (v.) e coloro  che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con  il lavoro  proprio e dei componenti della  famiglia.  Il imprenditore imprenditore è  caratterizzato dalle  seguenti  circostanze: a) presta  il proprio lavoro  manuale nell’ambito dell’impresa;  b)  tale  lavoro deve  essere  prevalente non  solo  rispetto  al lavoro  altrui,  ma anche  rispetto al capitale  investito  nell’impresa. Pertanto non  è  imprenditore imprenditore chi utilizza,  nel processo produttivo, macchine  molto  costose  oppure effettui  ingenti investimenti di capitale.  La  disciplina  cui è  sottoposto il imprenditore imprenditore è  la seguente: a)  è  sottoposta all’applicazione delle  norme  formulate per  l’imprenditore in generale (art.  2082 c.c.); b)  è  sottratto alle  norme  che riguardano l’imprenditore commerciale (artt.  2195 ss. c.c.). Pertanto, anche  se esercita  un’attività  definibile  come commerciale, il imprenditore imprenditore: a) non  è  soggetto  all’obbligo  di iscrizione  nel registro delle imprese  (v.) (art.  2202 c.c.); b)  è  esonerato dalla  tenuta di scritture  contabili  (art.  2214, ult.  comma,  c.c.); c) non  è  sottoposto, in caso  di insolvenza,  al fallimento  (v.) ed  alle  altre  procedure  concorsuali  (v.).   
 potere direttivo dell’imprenditore:  ai sensi  dell’art.  2104 c.c. il prestatore di lavoro  deve osservare le disposizioni  per  l’esecuzione  e per  la disciplina  del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo  dai quali  gerarchicamente dipende. Assieme  alla  norma  definitoria di cui all’art.  2094 c.c., che espressamente individua  la subordinazione (v.) del lavoratore nella collaborazione alle  dipendenze e sotto  la direzione  dell’imprenditore, la disposizione  si riferisce  al imprenditore imprenditore quale  potere di eterodirezione del creditore della prestazione. Più  precisamente il imprenditore imprenditore si configura  come  situazione soggettiva attiva  del creditore nella  obbligazione di lavoro  e, al contempo, quale manifestazione di un’autonomia gerarchica  che dall’imprenditore capo  dell’impresa  (art. 2086 c.c.) discende  verso  i collaboratori di grado  inferiore.  In  effetti  i comandi  dell’imprenditore si riferiscono essenzialmente all’organizzazione del lavoro, cioè  alle  modalità  di utilizzazione della  prestazione lavorativa in un contesto  socioimprenditoretecnico;  da  questo  punto  di vista il imprenditore imprenditore è  tradizionalmente considerato un  potere di conformazione della  prestazione, necessario  a specificare  l’oggetto  della  prestazione esigibile  (funzione,  questa,  interna al contratto). Tuttavia, tale  funzione  viene  superata, sconfinando il imprenditore imprenditore in una serie  di prerogative necessarie  per  il mantenimento dei ruoli  di comando tipici  della  realtà  sociologica  dell’organizzazione del lavoro  industriale. In un’accezione lata  nel  imprenditore imprenditore rientra il c.d. ius variandi,  da  intendersi quale potere di modificazione unilaterale delle  mansioni  (v. mansioni  e qualifica nel rapporto  di lavoro  privato  e in quello  con  amministrazioni pubbliche)  allo  scopo  di realizzare l’utilizzo ottimale  della  capacità  ed  esperienza del dipendente. Strettamente collegato  al imprenditore imprenditore sono  poi  l’attività  di controllo sull’adempimento della  prestazione di lavoro  e il potere  disciplinare  dell’imprenditore (v.).  Il imprenditore imprenditore ha conosciuto una  parabola evolutiva  che ha  visto declinare  il modello  legato  alla  concezione gerarchica  dell’impresa, secondo  cui le decisioni  datoriali  dovevano essere  garantite come  assolutamente intangibili, ed  espandersi il concetto di legalità  aziendale, in cui l’amministrazione del rapporto non  deve  ledere  le situazioni  soggettive  attive  del lavoratore. Operano in questo  senso  una  serie  di limiti, interni  ed  esterni,  del imprenditore imprenditore: i primi  introdotti a protezione dell’interesse per  cui viene  conferito il potere (interesse dell’impresa), i secondi  posti  a tutela  di interessi  diversi  da  quelli per  i quali  il potere è  attribuito. La  progressiva estensione dei limiti al imprenditore imprenditore si  è  sviluppata  specie  ad  opera  della  contrattazione  collettiva (v.),  mediante l’introduzione di una  serie  di procedure volte  a condizionarne e a controllarne ex ante  l’esercizio: si tratta della  c.d. procedimentalizzazione dei poteri,  consistente nel vincolo  di rispettare, nell’esercizio  delle prerogative imprenditoriali, procedimenti in cui intervengono i destinatari dell’atto  finale,  o i loro  rappresentanti, allo  scopo  di costringerne l’autore  a tener  conto  dei loro  interessi.  Il sindacato giudiziale  è  volto  invece,  di norma, all’accertamento dell’esistenza  di motivi  antisindacali (v. comportamento antisindacale)  o di discriminazione (v.) o di illeciti  in senso lato  (art.  1345 c.c.), nonche´  di violazioni  delle  regole  di correttezza e buona fede  (artt.  1175 e 1375 c.c.).  
 potere disciplinare dell’imprenditore:  ai sensi  dell’art.  2106 c.c. l’imprenditore ha  il potere di  adottare, secondo  la gravità  dell’infrazione e in conformità  alle  norme corporative (collettive), provvedimenti disciplinari  contro  i lavoratori che vengano  meno  all’obbligo  di diligenza,  obbedienza e di fedeltà  (v.) (cfr.  artt. 2104  – 2105 c.c.). Per  la prevalente dottrina il imprenditore imprenditore non  trae  fondamento da una  posizione  autoritativa del datore di lavoro,  essendo  l’espressione,  al pari  del potere  direttivo  dell’imprenditore (v.),  di prerogative essenzialmente  contrattuali, volte  non  già  a finalità  afflittive,  bensì  dirette ad  assicurare la  continuità  dell’attività  d’impresa  e l’ordinato svolgimento  del rapporto di lavoro.  Il imprenditore imprenditore è  comunque sottoposto ad  una  serie  di limiti di carattere sostanziale e procedimentale, tesi a garantirne un  esercizio  corretto e non arbitrario. Sotto  il primo  profilo  (limiti  sostanziali) l’art. 7, comma  1o, statuto dei lavoratori stabilisce  che le norme  disciplinari  relative  alle sanzioni,  alle  infrazioni  in relazione  alle  quali  ciascuna  di esse  può  essere applicata ed  alle  procedure di contestazione delle  stesse,  devono  essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione  in luogo  accessibile a tutti.  Con  ciò  si presuppone che le ipotesi  di illecito  (e  le relative  pene), previste  nel codice  disciplinare,  siano  predeterminate nelle  loro caratteristiche essenziali,  sia oggettive  che soggettive,  con  un  grado  di specificità  sufficiente  ad  escludere una  valutazione discrezionale del datore di lavoro  circa la collocazione della  condotta del lavoratore nella  fattispecie astratta. La  norma  fonda  un  onere  di pubblicità  avente  natura costitutiva, che non  ammette forme  equipollenti pena  la nullità  delle  sanzioni eventualmente irrogate. Lo  stesso  art.  7, comma  4o, stabilisce  che le sanzioni  disciplinari  non  possono  comportare mutamenti definitivi  del  rapporto di lavoro,  quali  la modifica  di mansioni,  retrocessioni o trasferimenti, fermo  restando quanto disposto  in tema  di licenziamento (v. licenziamento disciplinare);  la multa  non  può  essere  disposta  per  un  periodo superiore a quattro ore;  la sospensione dal servizio  e dalla  retribuzione non può  protrarsi per  più  di dieci giorni.  Inoltre non  può  tenersi  conto  ad  alcun effetto  delle  sanzioni  disciplinari  decorsi  due  anni  dalla  loro  applicazione: quindi  l’eventuale recidiva  ha  rilievo  ai fini della  determinazione della sanzione  applicabile solo  nell’ambito di un  biennio.  I limiti del imprenditore imprenditore attengono invece  alle  modalità  di esercizio  del potere (art.  7, commi  2o, 3o, 5o, 6o, statuto dei lavoratori). Ogni  sanzione  (salvo  il rimprovero verbale) non  può  essere  inflitta  senza  previa  contestazione per  iscritto  del fatto  che vi ha  dato  causa  ne´  può  essere  applicata prima  che siano  trascorsi  cinque giorni  dalla  contestazione medesima;  al lavoratore dev’essere  data  la possibilità  di discolparsi  con  l’assistenza,  se richiesta,  di un  rappresentante dell’associazione sindacale  cui aderisce  o conferisce  mandato. Nella prevalente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale la contestazione dell’addebito deve  avvenire  nel rispetto  dei principi  di immediatezza e immodificabilità , con  l’indicazione  precisa  del fatto  addebitato e delle circostanze di tempo  e di luogo  in cui esso  si è  verificato.  L’inosservanza dell’obbligo  di preventiva contestazione comporta la nullità  della  sanzione comminata. Esaurita la fase del contraddittorio tra  le parti,  il datore di lavoro  può  applicare  la sanzione,  comunicandola al lavoratore; ma questi  ha facoltà , entro  il termine perentorio di venti  giorni,  di ricorrere ad  un collegio  di conciliazione e arbitrato, costituito  presso  l’Ufficio del lavoro  e  composto da  un  rappresentante di ciascuna  delle  parti  e da  un  terzo membro  scelto  di comune  accordo  (e  in difetto  di accordo  nominato dall’Ufficio),  sospendendo in tal  modo  la sanzione  fino alla  pronuncia del collegio.   
 proposta contrattuale dell’imprenditore:  v. proposta  contrattuale,  imprenditore dell’imprenditore. 
 qualità  di imprenditore della holding:  v. holding. 
 qualità  di imprenditore del socio  illimitatamente responsabile:  la legge riconosce  la qualità  di imprenditore sia ai soci illimitatamente responsabili singolarmente considerati, sia al gruppo  collettivamente considerato. Tra  le norme  dettate  per  l’imprenditore alcune  si applicano al gruppo  degli  imprenditori: così  le norme  relative  alle scritture contabili  (v.).  Altre  norme,  invece,  si applicano ai singoli membri  componenti il gruppo,  come  le norme  relative  al fallimento (v). V. socio  illimitatamente  responsabile. 
 rappresentanza dell’imprenditore commerciale:  v. rappresentanza,  imprenditore dell’imprenditore commerciale. 
 responsabilità  diretta dell’imprenditore:  v. responsabilità , imprenditore dell’esercente attività pericolose. 
 rischio d’impresa dell’imprenditore:  v. rischio, imprenditore di impresa. 
 statuto dell’imprenditore commerciale:  voce che indica,  nel loro  complesso,  le norme destinate agli imprenditori commerciali  (v. imprenditore commerciale). 		
			
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