Sono  i documenti contabili  la cui tenuta è  imposta  dalla  legge all’imprenditore commerciale (v. imprenditore,  scritture contabili commerciale), al fine di rendere possibile  riscontrare con  continuità  l’attività  di imprese.  Tale attività  di documentazione deve  svolgersi  contemporaneamente all’attività d’impresa  ed  ha  la funzione  di precostituire uno  strumento di controllo sull’attività  degli  imprenditori commerciali, nell’interesse di quanti  entrano con  essi in rapporto ed  acquistano, nei loro  confronti, ragioni  di credito.  La documentazione dell’attività  d’impresa,  sebbene richiesta  a protezione di interessi  contrapposti a quelli  dell’imprenditore, è  affidata  allo  stesso,  al di fuori  di ogni  controllo esterno. L’adempimento effettivo,  da  parte dell’imprenditore, dell’obbligo  di tenere le scritture contabili e la corrispondenza al vero delle registrazioni effettuate non  sono  altrimenti garantiti  se non  dalla previsione  legislativa  di alcune  sanzioni,  destinate tuttavia  ad  operare solo nel caso  di dissesto  (v. bancarotta,  scritture contabili fraudolenta;  bancarotta,  scritture contabili semplice). Manca,  invece,  ogni  forma  di controllo esterno, salva  la revisione  contabile cui possono  sottoporsi le s.p.a. (v.).  Le  scritture contabili che l’imprenditore commerciale deve  tenere sono:  a) il libro  giornale  (v. libro, scritture contabili giornale);  b)  il libro  degli inventari (v. libro, scritture contabili degli inventari);  c) le altre  scritture contabili che possono  rivelarsi obbligatorie per  la natura o le dimensioni dell’impresa, come  il libro  mastro (v. libro, scritture contabili mastro),  il libro  cassa  (v. libro, scritture contabili cassa), il libro  magazzino  (v. libro, scritture contabili magazzino). Il libro  giornale  e il libro  degli  inventari non  possono essere  tenuti  a fogli mobili:  la legge impone  una  rilegatura che saldi tra loro  ciascuna  pagina.  Tale  obbligo  non  è , invece,  previsto  per  le altre  scritture contabili   (art.  2214, comma  2o, c.c.): per  queste  è  meramente facoltativa  anche  la bollatura e la vidimazione  (art.  2218 c.c.). Si ritiene  che le scritture contabili diverse  dal libro  degli  inventari possano  essere  tenute anche  con  schede  perforate o con  nastri  magnetici,  secondo  i più  moderni  sistemi  di contabilità automatica; anche  la forma  scritta  può  essere  ritenuta superflua  e sostituibile,  per  la descrizione dei fatti  relativi  all’impresa,  con  un  linguaggio in codice.  Le  scritture contabili: a) fanno  prova  contro  l’imprenditore a favore  di chi vanti un  credito  nei suoi  confronti  (art.  2709 c.c.); b)  se bollati  e vidimati  nelle forme  di legge, fanno  prova  tra  imprenditori per  i rapporti inerenti all’esercizio  dell’impresa  (art.  2710 c.c.). Il giudice  può  ordinare la comunicazione integrale delle  scritture contabili e della  corrispondenza dell’impresa  solo nelle  controversie: 1) relative  (art.  2711, comma  1o, c.c.) allo  scioglimento della  società ; 2) alla  comunione dei beni;  3) alla  successione  per  causa  di morte.  Fuori  da  queste  ipotesi,  il giudice  può  ordinare, anche  d’ufficio, che siano  esibite  le scritture contabili concernenti le controversie in corso  (art.  2711, comma  2o, c.c.); può  anche  essere  ordinata l’esibizione  di singole  scritture contabili concernenti la controversia (art.  2711 c.c.).  
 regime fiscale delle  scritture contabili:  il titolo  II  del d.p.r.  n. 600 del 1973 prevede diversi adempimenti contabili  a seconda  della  natura del soggetto  e dell’ammontare dei ricavi.  In  particolare l’art. 14 del citato  d.p.r.  prevede le scritture contabili obbligatorie per  coloro  che sono  assoggettati (per  obbligo  o per  scelta)  al regime  di contabilità  ordinaria. Partendo dal presupposto che talune  scritture contabili sono obbligatorie sia ai fini della  legislazione  civilistica, sia ai fini di quella fiscale, è  opportuna, nell’ambito della  previsione  fiscale  di cui all’art.  14 del  d.p.r.  n. 600 del 1973, la seguente distinzione:  a) scritture contabili obbligatorie anche  ai fini del c.c.: libro  giornale;  libro  degli  inventari. Il c.c. prevede inoltre  all’art. 2214, comma  2o, anche  la tenuta di scritture  ausiliarie  in virtù  della  natura e delle  dimensioni dell’impresa. In  quest’ultimo gruppo  di scritture  possono essere  ricondotte le sole scritture  ausiliarie  sistematiche, nelle  quali  devono essere  registrati, raggruppandoli in categorie  omogenee, gli elementi patrimoniali e reddituali. Ai  fini fiscali sarà , quindi,  sufficiente  tenere le cosiddette schede  di mastro  per  ottemperare all’obbligo  previsto  dal legislatore;  b)  scritture contabili ai fini di altre  leggi tributarie: registri  prescritti per l’imposta  sul valore  aggiunto;  c) scritture  previste  specificamente ai fini delle  imposte  sui redditi:  libri  paga  e matricola;  registro  cronologico  di carico  e scarico  degli  animali  allevati;  registro  cespiti  ammortizzabili; regidi magazzino  (qualora ne  ricorrano i presupposti). I soggetti  tenuti  alle  scritture  ausiliarie  in regime  di contabilità  ordinaria sono  altresì  obbligati,  qualora  ne  ricorrano i presupposti, alla  tenuta e conservazione dei libri sociali  obbligatori di cui ai nn.  1 ss. dell’art.  2421 del c.c.. Tali libri, anche se  utilizzati  per  finalità  diverse  rispetto  a quelle  tipiche  della  contabilità, vengono  impropriamente e spesso  assimilati  alle  scritture  contabili.  Le  scritture contabili obbligatorie per  le imprese  cosiddette minori  (art.  18 d.p.r.  n. 600 del 1973) in regime  di contabilità  semplificata  sono  costituite  dai soli registri  prescritti ai fini dell’Iva,  opportunamente integrati  con  l’annotazione anche  delle operazioni non  soggette  a registrazione ai fini di tale  tributo. Si ricorda,  in proposito, che sono  soggette  all’applicazione del regime  contabile semplificato le imprese,  che non  abbiano optato per  il regime  ordinario, il  cui ammontare dei ricavi non  abbia  superato il limite  di 360 milioni  per  le prestazioni di servizi e li un  miliardo  per  le altre  attività . Le  scritture contabili obbligatorie per  gli esercenti arti  e professioni (art.  19 d.p.r.  n. 600 del 1973) si dividono in due  gruppi:  per  gli esercenti arti  e professioni in regime  semplificato;  per gli esercenti arti  e professioni in regime  ordinario. Appartengono al primo gruppo:  il registro  degli  incassi e dei pagamenti; i registri  obbligatori ai fini dell’imposta  sul valore  aggiunto.  Nel  registro  degli  incassi e dei pagamenti deve  altresì  essere  annotato il valore  dei beni  strumentali utilizzati  dal professionista, distinguendo le varie  categorie  omogenee. Allo  scopo  di semplificare  l’obbligo  di tenuta delle  scritture contabili degli  esercenti arti  e professioni è prevista  la facoltà  di tenere in luogo  di un  unico  registro  due  distinti registri:  uno  per  gli incassi e uno  per  i pagamenti. In  questo  caso,  se sono contenuti tutti  gli elementi richiesti  dalla  normativa Iva  e sono  tenuti  con  le modalità  ivi stabilite,  sostituiscono a tutti  gli effetti  i libri  contabili  prescritti per  tale  imposta.  Appartengono al secondo  gruppo  le scritture contabili obbligatorie per  i professionisti il cui ammontare annuo  dei compensi  sia superiore a 360 milioni  o anche  per  coloro  che, pur  non  avendo  superato tale  ammontare, abbiano optato per  il regime  contabile  ordinario. Tali scritture contabili sono:  il libro  dei movimenti finanziari;  i registri  obbligatori ai fini dell’imposta  sul valore aggiunto;  il registro  dei cespiti  ammortizzabili, le schede  di mastro.  Il registro  dei movimenti finanziari  deve  contenere una  serie  di indicazioni supplementari rispetto  al registro  degli  incassi e dei pagamenti tra  cui: i prelevamenti personali  ed  estranei rispetto  alla  gestione  dello  studio  e l’indicazione  dei conti  bancari  utilizzati  esclusivamente per  le  movimentazioni professionali dello  studio  con  l’intento  di distinguerli rispetto  ai conti  personali. Gli  esercenti arti  e professioni, indipendentemente dal tipo  di regime  contabile, erano  obbligati,  prima  che intervenisse l’abrogazione e qualora  ne  ricorressero i presupposti, alla tenuta del repertorio della  clientela.  Non  si trattava di un  vero  e proprio libro  contabile, ma più  semplicemente di un’elencazione, distinta  per  ordine alfabetico,  della  propria clientela  (v. repertorio  della clientela).  
 regolarità  estrinseca delle  scritture contabili:  è  la conformità  delle  scritture contabili alle  prescrizioni  del c.c. (artt.  2215, 2216, 2217, comma  3o, c.c.). Si contrappone alla  regolarità intrinseca (v. regolarità  intrinseca delle scritture contabili). 
 regolarità  intrinseca delle  scritture contabili  è  la necessaria  conformità  delle  scritture contabili alle  norme dell’ordinaria contabilità  (art.  2219 c.c.). La  conformità  all’ordinaria contabilità  impone  l’assenza  nelle  scritture contabili di spazi  in bianco,  interlinee e trasporti in margine.  Le  norme  di un’ordinata contabilità  non  sono  norme  di legge: esse  sono  regole  elaborate da  una  disciplina  extragiuridica, la ragioneria, suscettibili  di mutamenti nel tempo  con  l’evolversi  di tale  disciplina. 		
			
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