retribuzione a cottimo:  è  uno  tra  i sistemi  di retribuzione  (v.) consentiti dall’art.  2099 c.c., nel quale  assume  particolare rilevanza  il rendimento dell’attività lavorativa.  L’art.  2100 c.c. obbliga  a retribuire a cottimo  il lavoratore che per  la particolare organizzazione del lavoro  risulta  vincolato  all’osservanza di un  determinato ritmo  produttivo, ovvero  quando la valutazione della prestazione lavorativa è  fatta  in base  al risultato  delle  misurazioni  dei tempi di lavorazione. Spetterà  poi  alla contrattazione  collettiva (v.),  verificare  la ricorrenza delle  suddette ipotesi  e stabilire  i criteri  per  la fissazione  delle tariffe.  In  proposito, l’art. 2101 c.c. stabilisce  che le tariffe  di cottimo possono  essere  assoggettate dalla  contrattazione ad  un  periodo di esperimento per  la loro  definitività ; che esse  possono  essere  sostituite  o modificate  solo  nel caso  siano  intervenuti mutamenti nelle  condizioni  di esecuzione del lavoro,  restando comunque impregiudicato anche  in questo caso  il periodo di esperimento eventualmente previsto.  Gli  elementi costitutivi della  tariffa  di cottimo,  le lavorazioni da  eseguire  e il relativo compenso unitario vanno  inoltre  comunicati preventivamente dal datore ai prestatori di lavoro.  Altrettanto obbligatorio risulta  il sistema  retributivo a cottimo  nel lavoro  a domicilio  (v. lavoro,  retribuzione a domicilio), a causa dell’impossibilità  per  il datore di lavoro  di controllare la durata della prestazione lavorativa.  La  retribuzione retribuzione è  vietata  nel rapporto di apprendistato  (v.). Circa  le forme  assunte  dalla  retribuzione retribuzione vanno  menzionati il cottimo  individuale,  a sua  volta  variabile  (a  pezzo,  a misura,  a tempo), e il cottimo  collettivo  (di squadra, di gruppo), caratterizzato dal fatto  che il rendimento preso  in  considerazione ai fini della  retribuzione è  riferito  ad  una  pluralità  di lavoratori. . 
 retribuzione ai fini previdenziali:  nell’ambito delle  diverse  definizioni  legislative  del concetto di retribuzione particolare rilievo  ha  assunto  la nozione  di retribuzione resa  dall’art.  12 della  l. 30 aprile  1969, n. 153. Tale  legge individua  la retribuzione assoggettabile ai contributi previdenziali da  versarsi  all’Istituto  nazionale di previdenza sociale  (Inps)  ricomprendendovi tutto  ciò  che viene  corrisposto dal datore in dipendenza del rapporto di lavoro,  con  un’elencazione tassativa  delle voci da  utilizzare  e di quelle  da  escludere. La  nozione  di retribuzione in questo  modo espressa  risulta  senz’altro  parecchio lata,  facendo  infatti  riferimento ad  un generico  nesso  causale  con  il rapporto di lavoro.  In  proposito, la legislazione  più  recente si pone  in aperto contrasto con  l’orientamento giurisprudenziale, teso  a dilatare  la nozione  di retribuzione retribuzione. Da  un  lato  si sono espressamente esclusi alcuni  istituti  dalla  nozione  medesima  (ad  es. premi per  fondi  pensionistici integrativi:  art.  9 bis l. n. 166 del 1991; incentivi economici  alla  cessazione  del rapporto di lavoro:  l. n. 291 del 1988); dall’altro  si interpretano restrittivamente disposizioni  precedenti (ad  es. indennità  di trasferta: art.  9 ter  l. n. 166 del 1991). Il tutto,  evidentemente, in una  logica di contenimento dei costi del sistema  previdenziale pubblico  e, presumibilmente, di incentivazione di forme  di previdenza integrativa. . 
 retribuzione e trattamenti collettivi discriminatori:  l’art. 16 dello  statuto dei lavoratori vieta  al datore di lavoro  la concessione  di trattamenti economici  di maggior favore  che possiedano carattere discriminatorio secondo  quanto previsto  dall’art.  15 della  stessa  legge (v. discriminazione). La  nozione  di trattamenti economici  va estensivamente letta  nel senso  di ricomprendervi qualunque beneficio  traducibile nell’ambito del rapporto di lavoro  in termini economici,  non  rilevando comunque ai fini dell’integrazione della  fattispecie vietata  l’entità  del trattamento discriminatorio; non  sembrano invece ricompresi  nell’ambito di applicazione della  norma  de  qua  i trattamenti economici  erogati  individualmente. Sotto  il profilo  sanzionatorio, su domanda  dei lavoratori discriminati  o delle  associazioni  sindacali  alle  quali questi  ultimi  abbiano conferito mandato il pretore adito  condanna il datore di lavoro  al pagamento al Fondo  adeguamento pensioni  (ora  Fondo pensioni  lavoratori dipendenti) di una  somma  pari  all’importo dei trattamenti economici  illegittimamente corrisposti  nel periodo massimo  di un  anno.   
 nozione  e struttura della retribuzione:  è  la prestazione principale cui è  obbligato il  datore di lavoro  nei confronti  del lavoratore, e costituisce  altresì  il tipico  mezzo  di sostentamento del lavoratore medesimo  e della  propria famiglia. A  tali  configurazioni della  retribuzione corrispondono svariate  nozioni  legali. Gli  artt. 2094 e 2099 c.c. individuano il primo  profilo  menzionato, assumendo un concetto di retribuzione come  corrispettivo della  prestazione lavorativa.  L’art.  36 Cost., a sua  volta,  ha  sancito  i principi  della  proporzionalità  e soprattutto della sufficienza  della  retribuzione, nella  quale  emerge  chiaramente il carattere non meramente corrispettivo della  retribuzione, dovendo essa  essere  in ogni  caso sufficiente  a garantire al lavoratore una  esistenza  libera  e dignitosa.  Altre nozioni  di retribuzione si rinvengono poi  in ulteriori norme.  Quella  del vecchio  art.  2121 c.c. che ai fini dell’individuazione degli  elementi retributivi da utilizzare per  il calcolo  dell’indennità  di anzianità  (v. indennità , retribuzione di anzianità ) ritiene  tali  tutti  i compensi  corrisposti  al lavoratore dal datore di lavoro,  comprese le provvigioni,  le partecipazioni agli utili ecc., aventi carattere continuativo, con  la sola esclusione  dei rimborsi  spese.  Tale nozione  di retribuzione rimane  a tutt’oggi  valida  per  la sola indennità  di preavviso (v.),  poiche´  la l. 29 maggio  1982, n. 297, ha  esteso  la nozione  di retribuzione utilizzabile  per  il calcolo  dell’indennità  di anzianità , ricomprendendo in essa tutte  le componenti retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro,  a titolo  non  occasionale  e con  esclusione  di quanto è  corrisposto a titolo  di rimborso spese  (art.  2120 c.c. come  modificato dalla  l. n. 297 del 1982). Altrettanto lata  sembra  poi  la nozione  di retribuzione ai fini  previdenziali (v.). A  tali  definizioni  legislative  fanno  da  contraltare definizioni  contrattuali tutt’altro che precise,  come  quella  di retribuzione normale, retribuzione globale,  retribuzione di fatto  ecc.. Una  situazione di questo  genere  ha  generato l’esigenza  di addivenire ad una  nozione  unitaria di retribuzione, i cui caratteri strutturali sono  stati  individuati nella  determinatezza, nella  obbligatorietà , nella  corrispettività  e nella continuità  dei compensi,  criteri  che sono  poi  stati  utilizzati  per  elaborare un concetto ampio  di retribuzione (onnicomprensività ), con  esclusione  dei soli rimborsi spese  stricto  sensu.  Sotto  l’impulso  della  dottrina la giurisprudenza ha comunque successivamente modificato il proprio orientamento, giungendo infine  a negare  l’esistenza  di un  principio  di onnicomprensività  del concetto di retribuzione, se non  come  mero  criterio  interpretativo sussidiario.  Per  quanto riguarda  la struttura della  retribuzione, va menzionata innanzitutto la retribuzione tabellare,  fissata  dalla  contrattazione collettiva  nazionale di categoria  e variabile  in rapporto alle  qualifiche  e categorie  dei lavoratori. Vi è  poi  l’indennità  di contingenza (v. indennità , retribuzione di contingenza  e scala mobile),  che ha  assunto nel tempo  un  rilievo  sempre  maggiore.  Oltre  ad  essa, sono  considerati automatismi retributivi gli scatti di anzianità  (v.) e l’indennità  di anzianità (v. indennità , retribuzione di anzianità ), ora  trattamento di fine rapporto. Vi sono inoltre  diversi  tipi  di premi  e gratifiche  (v. premi  di produzione; tredicesima e mensilità  aggiuntive),  entrambi elementi integrativi  della  retribuzione normalmente previsti  dal contratto collettivo  aziendale (v. contratto  collettivo,  retribuzione aziendale),  e alcune  indennità  legate  alla  particolarità  delle  condizioni  di lavoro  (temporali, ambientali, geografiche  ecc.). La  struttura della  retribuzione è  poi completata dalle  maggiorazioni dovute  per  il lavoro  straordinario (v. lavoro, retribuzione straordinario),  il lavoro  notturno (v. lavoro,  retribuzione notturno)  e quello  festivo. L’art.  11 del d.l. 5 gennaio  1993, n. 1, ha  introdotto l’istituto  del salario  di ingresso  per  lavoratori inoccupati  assunti  a tempo  indeterminato, non inferiore al 70%  per  il primo  anno  e 80%  per  il secondo  anno  della  retribuzione iniziale  spettante ai lavoratori già  occupati  dello  stesso  livello. 		
			
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