Enciclopedia giuridica

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Contratto collettivo



contratto collettivo aziendale: è il contratto collettivo stipulato al livello d’impresa della contrattazione collettiva (v.). Nato negli anni ’60 grazie al sistema contrattuale articolato e in virtù delle clausole di rinvio, il contratto collettivo ha inizialmente disciplinato materie come il cottimo, i premi di produzione e i sistemi di valutazione delle mansioni, istituti difficilmente regolabili in maniera corretta da parte della contrattazione di categoria. Nella fase dell’autunno caldo ’69 – ’70, caratterizzato da un sistema di contrattazione non vincolata, il contratto collettivo disattende le clausole di rinvio e straripa degli schemi del collegamento negoziale con il livello superiore, sviluppandosi su tematiche comunque difficilmente oggetto di regolamentazione da parte del contratto nazionale: così, ad esempio, in relazione all’organizzazione del lavoro, all’ambiente (v. ambiente e igiene del lavoro) e ai ritmi di lavoro, al contenuto della prestazione ecc.. In tal modo il contratto collettivo assumerà definitivamente una sua fisionomia giuridica autonoma e da una funzione meramente integrativocontratto collettivoapplicativa svolgerà un ruolo modificativocontratto collettivosostitutivo e anche trainante rispetto al contratto nazionale, spesso destinato a generalizzare risultati già ottenuti in sede aziendale. Inoltre, a partire dallo statuto dei lavoratori, si sono infittite le previsioni legislative di rinvio al contratto collettivo in quanto idoneo a procedimentalizzare i poteri dell’imprenditore. Nel corso degli anni ’80, pur nel quadro di una marcata centralizzazione della struttura negoziale, il contratto collettivo giocherà un ruolo essenziale, di tipo gestionale, nelle riconversioni e ristrutturazioni aziendali (v.), attenuando i livelli di tutela previsti dalla contrattazione collettiva di ambito più ampio. Ciò ha comportato particolari problemi di efficacia soggettiva del contratto collettivo nei confronti dei lavoratori dissenzienti dalle scelte negoziali che non siano per essi vantaggiose (v. garantismo collettivo; contratti di solidarietà ). Con il protocollo d’intesa (v. protocolli d’intesa) del 23 luglio 1993 sono state ridefinite e razionalizzate alcune caratteristiche strutturalcontratto collettivofunzionali del contratto collettivo contratto collettivo. La sua durata è quadriennale: la regolamentazione delle procedure e delle competenze è affidata ai contratti collettivi nazionali, che vi provvedono per rinvio; in materia retributiva il contratto collettivo contratto collettivo deve riguardare materie ed istituti diversi rispetto a quelli del contratto nazionale, ed ha il preciso compito di adattare le retribuzioni all’andamento economico della singola impresa (c.d. salario variabile). Ne risulta un contratto collettivo contratto collettivo specializzato per materie (in particolare premi legati alla produttività e redditività , innovazioni tecnologiche e organizzazione del lavoro), con un ruolo di gestione applicativa di normative generali (inquadramento, pari opportunità , flessibilità ). Sui temi partecipativi (v. partecipazione dei lavoratori; democrazia, contratto collettivo industriale), il contratto collettivo contratto collettivo si conferma quale strumento per la gestione degli effetti sociali connessi alle trasformazioni aziendali che influiscono sulle condizioni di sicurezza, di lavoro e di occupazione, anche in relazione alla legge sulle pari opportunità (v. azioni positive; parità di trattamento).

contratto collettivo corporativo: nell’ordinamento corporativo i sindacati avevano ex lege la rappresentanza di tutti i componenti delle categorie professionali (lavoratori e datori di lavoro), a prescindere da vincoli di affiliazione: conseguentemente il contratto collettivo concluso dai sindacati corporativi veniva assimilato alle norme di legge quanto ad ambito soggettivo di efficacia e a tipo di effetti (in particolare l’inderogabilità se non a favore dei lavoratori: art. 2077 c.c.). Nella sistematica del c.c. il contratto collettivo contratto collettivo è un contratto tipico, elevato al rango di fonte del diritto in senso proprio (art. 7 prel.), oggetto di una specifica disciplina legale (gli artt. 2068 – 2081 dispongono in ordine ai soggetti, al contenuto, alla durata, ai destinatari, all’efficacia ecc.). Caduto l’ordinamento corporativo (r.d. 9 agosto 1943 e d.lgt. 23 novembre 1944, n. 369) fu necessario, proprio a ragione della loro complementarità rispetto alla disciplina legale, mantenere in vigore i contratti corporativi (che erano e restano fonti di diritto oggettivo), fatte salve le successive modifiche. Quei contratti rimasero in vigore, quindi, malgrado non fosse ormai vigente la fonte di produzione dalla quale erano scaturiti, funzionando per qualche tempo come norme di tutela minima, ben presto rese obsolete, specie nelle loto previsioni retributive (v. retribuzione, nozione e struttura della contratto collettivo), e gradualmente superate anche rispetto agli altri istituti, da parte della nuova contrattazione collettiva (v.). La loro rilevanza attuale è del tutto marginale (ad es., per quelle categorie che, tutelate un tempo dalla contrattazione collettiva corporativa, non lo siano state, successivamente, dalla contrattazione di diritto comune; o per coloro che, non iscritti alle associazioni sindacali, appartengono a categorie per le quali non siano stati emanati i decreti legislativi previsti dalla l. n. 741 del 1959).

disdetta e ultrattività del contratto collettivo: la vigenza del contratto collettivo è circoscritta nel tempo (normalmente è triennale). Al momento della scadenza, se la conclusione dell’accordo di rinnovo non è intervenuta, si possono porre delicate questioni circa la ultrattività del contratto collettivo scaduto o disdettato, generalmente risolte nel senso dell’applicazione in via consuetudinaria del contratto oltre la sua scadenza, sia nei confronti dei rapporti individuali in corso alla data della stipulazione del nuovo contratto collettivo, sia per quelli precedentemente estinti.

efficacia erga omnes del contratto collettivo: connesso al tema dell’inderogabilità è quello dell’contratto collettivo contratto collettivo. In linea di principio, l’applicabilità del contratto collettivo è limitata ai rapporti di lavoro le cui parti sono, entrambe, iscritte ai sindacati stipulanti. Infatti, sulla base del principio della rappresentanza volontaria conferita dai singoli all’atto dell’iscrizione, anche qualora il datore di lavoro sindacalizzato applichi il contratto collettivo a tutti i suoi dipendenti (iscritti o meno al sindacato firmatario) la questione dell’efficacia generalizzata si pone per tutti i dipendenti da datori di lavoro non iscritti al loro sindacato. Il problema era stato provvisoriamente risolto dalla l. n. 741 del 1959, in virtù della quale il governo ha potuto emanare norme giuridiche aventi forza di legge, al fine di assicurare minimi inderogabili di trattamento economico e normativo nei confronti di tutti gli appartenenti ad una categoria, sostanzialmente recependo i testi dei contratti collettivi sino ad allora stipulati; ma tale procedimento fu ritenuto non ulteriormente rinnovabile a pena di illegittimità costituzionale. La giurisprudenza offrì al riguardo due soluzioni: da un lato fondando l’efficacia generalizzata del contratto collettivo sul comportamento concludente del datore di lavoro che, per quanto non vi fosse tenuto, ha proceduto nella sua impresa ad un’applicazione spontanea dell’intera normativa contrattuale o di alcuni soltanto degli istituti regolati in sede sindacale, con ciò vincolandosi anche per i contratti successivi. Dall’altro, in tema di retribuzione (v.), ritenendo normalmente conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (art. 36 Cost.) la retribuzione equivalente a quella prevista dai contratti collettivi applicabili alla categoria o al settore produttivo cui appartiene il prestatore di lavoro, realizzando in tal modo una forma parziale e indiretta, dal punto di vista degli effetti normativi, di estensione erga omnes del contratto collettivo. Va infine ricordato un altro meccanismo di recezione indiretta delle clausole normative del contratto collettivo, introdotto dall’art. 36 statuto dei lavoratori, in tema di appalti di opere pubbliche (v. appalto, contratto collettivo di opere pubbliche e rapporto di lavoro) il quale sottopone la concessione di benefici pubblici e di appalti di opere pubbliche alla condizione che siano applicate o fatte applicare ai lavoratori condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi della categoria e della zona. In altri casi, infine, il legislatore ha direttamente attribuito efficacia generale a determinati contratti o accordi: si tratta, ad es., degli accordi sindacali stipulati in materia di impianti audiovisivi ed informatici di controllo (v.) e di visite personali di controllo (v.).

contratto collettivo in conflitto con altro contratto collettivo: il problema è semplificato quando esista nel sistema contrattuale complessivo un criterio ordinatore dato dalla previsione di specifiche disposizioni di rinvio che delimitano il campo di azione della contrattazione nazionale o circoscrivono le competenze del contratto collettivo aziendale (v. contratto collettivo aziendale). Laddove, viceversa, si determini una convergenza di regolamentazioni, prevarrà il contratto collettivo ad ambito minore, secondo il criterio c.d. di specialità , a patto che i soggetti negoziali agiscano nell’ambito degli stessi sindacati che hanno stipulato il contratto collettivo ad ambito maggiore. Si ritiene, inoltre, che la nuova disciplina collettiva possa derogare in peius, per i lavoratori, quella preesistente (sia nazionale che aziendale), trovando il solo limite nell’esistenza di diritti soggettivi dei lavoratori già maturati (v. garantismo collettivo). Lo stesso accadrà in caso di semplice successione di contratti collettivi (dello stesso livello) nel tempo.

inderogabilità del contratto collettivo: aspirazione fondamentale del sindacato dei lavoratori che stipula il contratto collettivo è che la sua parte normativa sia inderogabile, vale a dire non modificabile in senso peggiorativo in virtù di eventuali patti in deroga convenuti tra i singoli lavoratori e singoli datori di lavoro. Tale principio, sancito per il contratto collettivo corporativo dall’art. 2077 c.c., è stato fondato in dottrina sul presupposto che le parti stipulanti il contratto individuale di lavoro non possono derogare al contratto collettivo poiche´ , in virtù del rapporto associativo che li lega alle rispettive associazioni sindacali, devono subordinare l’interesse individuale a quello della collettività professionale cui partecipano. Per contro la giurisprudenza ha continuato a risolvere il problema dell’inderogabilità del contratto collettivo postcorporativo richiamandosi all’art. 2077 c.c., il cui comma 2o afferma che le clausole difformi nei contratti individuali, preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano condizioni più favorevoli ai lavoratori. La più coerente ipotesi interpretativa risulta essere, comunque, ricavabile dalla novella dell’art. 2113 c.c. in tema di rinunzie e transazioni del lavoratore (v. lavoratori, rinunzie e transazioni dei contratto collettivo), considerate invalide (se impugnate entro sei mesi all’estinzione del rapporto) qualora abbiano ad oggetto accordi collettivi; ne deriva che la clausola del contratto individuale peggiorativa del trattamento collettivo è invalida.

nozione e struttura del contratto collettivo: originariamente definito concordato di tariffa il contratto collettivo ha lo scopo primario di predeterminare, in funzione normativa, il contenuto essenziale del contratto individuale di lavoro, sia per quanto concerne il trattamento nell’attuazione del rapporto. Il contratto collettivo costituisce, quindi, una specificazione del comune contrattocontratto collettivotipo, in quanto teso a regolare rapporti in corso o di futura esecuzione) intercorrenti non già tra le parti stipulanti (i sindacati dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro); ciò è possibile in virtù del potere di rappresentanza volontaria che questi ultimi hanno conferito alle parti collettive mediante l’iscrizione ai rispettivi sindacati. Dopo la parentesi corporativa (v. contratto collettivo corporativo) il contratto collettivo trova una collocazione costituzionale nella previsione dell’art. 39 Cost., che attribuisce alle rappresentanze unitarie dei sindacati registrati il potere di concludere contratti collettivi con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie cui il contratto si riferisce (efficacia erga omnes). Non essendosi attuato il modello costituzionale, il contratto collettivo ha seguito la disciplina civilistica di diritto comune, mentre la previsione costituzionale, pur inattuata, funge da limite negativo per ogni meccanismo di estensione erga omnes del contratto collettivo diverso da quello prefigurato ex art. 39 Cost..

parte normativa e parte obbligatoria del contratto collettivo: da un punto di vista strutturale il contratto collettivo è tradizionalmente suddiviso in una parte normativa e in una parte obbligatoria, bipartizione da intendersi, tuttavia, in modo elastico e non esaustivo. La parte normativa corrisponde all’esercizio dell’autonomia collettiva in quanto regolatrice del rapporto di lavoro subordinato e si compone, quindi, di tutte le clausole che dettano la disciplina di quel rapporto. Accanto a tale funzione il contratto collettivo ha sviluppato in seguito una serie di clausole con effetti obbligatori che si producono nei confronti degli stessi sindacati stipulanti: la c.d. parte obbligatoria vincola quindi il sindacato a quei comportamenti pattiziamente definiti come necessari all’attività di amministrazione del contratto collettivo e al corretto svolgimento delle relazioni tra attori del sistema intersindacale. Clausole di questo genere, sono ad es., le clausole sulla organizzazione e sulla produzione negoziale, che regolano cioè, mediante interni rinvii, i rapporti tra livelli della contrattazione collettiva (v.), le clausole sui diritti di informazione e consultazione (v. democrazia industriale), le clausole di tregua sindacale (v.), quelle che istituiscono commissioni paritetiche interpretative del contratto collettivo, o per le controversie sulla retribuzione a cottimo (v. retribuzione, contratto collettivo a cottimo), o per l’assegnazione delle qualifiche (v. mansioni e qualifica) ecc.


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