V. anche  possesso,  acquisto  del occupazione. 
 occupazione acquisitiva:  è  istituto  di creazione giurisprudenziale che configura l’acquisizione  a titolo  originario del diritto  di proprietà  di un  terreno privato  da  parte  della  P.A.  senza  che vi sia stato  un  legittimo provvedimento di esproprio. Le  sezioni  unite  della  Corte  di Cassazione nel 1983 affermavano che la radicale  trasformazione del fondo  con  la sua irreversibile destinazione al fine della  costruzione dell’opera pubblica comporta la estinzione dei diritti  di proprietà  del fondo  e la contestuale acquisizione  a titolo  originario del diritto  in capo  all’ente  costruttore, nel caso  in cui l’occupazione  sia illegittima  per  mancanza del decreto di occupazione o per  decorso  dei termini  in relazione  ai quali  l’occupazione stessa  si configura  legittima.  Le  sentenze succedutesi negli  anni  a seguire  hanno  tutte confermato e modellato questo  istituto.  Secondo  un’orientamento giurisprudenziale della  Cassazione il privato  ha  diritto  in tale  evenienza al controvalore del bene  espropriato, che non  avrebbe quindi  natura risarcitoria, ma sarebbe un  diritto  personale di credito.  Si ritiene  che causa dell’acquisizione del diritto  di proprietà  sia la realizzazione dell’opera stessa,  per  cui l’acquisizione  del suolo  al regime  pubblicistico per  effetto della  costruzione dell’opera non  costituirebbe fatto  illecito.  La  prescrizione  del diritto  del privato  non  sarebbe quinquennale, bensì  decennale. Su  questo  aspetto peraltro si registrano tuttora notevoli  oscillazioni giurisprudenziali. Le  sezioni  unite  di recente hanno  contestato questo orientamento e riaffermato la natura risarcitoria della  somma  dovuta  al  privato  dall’Amministrazione espropriante (sez.un.  25 novembre 1992, n. 12546), per  cui la prescrizione sarebbe quinquennale trattandosi di fatto illecito.  Il ragionamento delle  sezioni  unite  si basa  anche  sul diritto  positivo in quanto secondo  l’art. 3 l. 27 ottobre 1988, n. 458, il proprietario del terreno utilizzato  per  finalità  di edilizia  residenziale pubblica,  agevolata e convenzionata ha  diritto  al risarcimento del danno  causato  dal provvedimento espropriativo dichiarato illegittimo  con  sentenze passate  in giudicato,  con  esclusione  della  retrocessione del bene.  V. accessione, occupazione invertita.  
 occupazione d’azienda:  viene  tradizionalmente definita  come  tale  la forma  di lotta,  da parte  del lavoratore, costituita  dall’entrata (per  lo più  accompagnata dalla permanenza) nell’azienda, di tutta  o di una  parte  della  forza  lavoro,  con astensione da  ogni  attività  lavorativa;  caratteristico anche  il protrarsi ininterrotto della  presenza in azienda,  al di là  quindi  dell’orario  di lavoro.  Il tutto  è  per  lo più  volto  ad  impedire una  serrata o la chiusura/riduzione dell’attività  facente  capo  all’azienda.  Il libro  II,  titolo  VIII,  capo  I del c.p., punisce,  all’art.  508 (tra  i delitti  contro  l’economia  pubblica), con  la reclusione fino a tre  anni  e la multa  non  inferiore a duecentomila lire  la condotta di chiunque, al solo  scopo  di impedire o turbare il normale svolgimento  del lavoro,  invade  od  occupa  l’altrui  azienda  agricola  o industriale, ovvero  dispone  di altrui  macchine,  scorte,  apparecchi o strumenti destinati alla  produzione agricola  o industriale. Nonostante parte della  dottrina e della  stessa  giurisprudenza abbiano ritenuto abrogata o inapplicabile la disposizione  citata  (considerata espressione dello  stato  corporativo fascista),  la Corte  Costituzionale è  decisa  a ritenerla legittima; ci si chiede  dunque quando l’occupazione occupazione integri  la previsione  dell’art.  508, comma 1o, c.p.. Innanzitutto l’occupazione occupazione durante l’orario  di lavoro  è  senz’altro  coperta dal  diritto  di sciopero,  così  come  quella  che si protragga oltre  tale  orario  per  ragioni  inerenti a facoltà  dei lavoratori (ad  es., assemblea  ex art.  20 statuto dei lavoratori). Per  quanto attiene all’occupazione occupazione vera  e propria, si noterà  come  il dolo  specifico  richiesto  dall’art.  508, comma  1o, c.p. (con  il solo  scopo  di impedire o turbare il normale  svolgimento  del lavoro)  esclude  la maggior parte  delle  condotte dall’ambito penale,  essendo  evidente che l’elemento internazionale è  quasi  sempre  diverso  rispetto  a quello  previsto,  se non addirittura opposto (come  si è  già  detto,  infatti,  con  l’occupazione occupazione i lavoratori vogliono  per  lo più  impedire la chiusura  di impianti  industriali, ed  anche  i recenti  e sempre  più  frequenti episodi  di cronaca  lo dimostrano). Dunque in questa  sorta  di zona  intermedia fra l’esercizio  di un  diritto  e l’assenza  di  dolo  specifico  ex art.  508, 1o, l’occupazione occupazione, così  come  viene  attuata concretamente,  resta  illecita  sotto  il profilo  civile, senza  però  diventare penalmente sanzionabile. Al  contrario, l’occupazione occupazione che rivesta  i caratteri richiesti  verrà senz’altro punita  ai sensi  dell’art.  508, comma  1o, c.p.. Si deve  comunque segnalare che il dibattito sull’occupazione occupazione, influenzato evidentemente anche  dal mutare dei contesti  sociali, è  ancora  lontano  dal terminare, e se l’opinione sopra  riportata risulta  oggi maggioritaria, è  anche  vero  che permangono tesi del tutto  opposte. Infine  l’occupazione occupazione prevista  dall’art.  508, comma  1o, c.p. è senz’altro  cosa  diversa  dal sabotaggio previsto  dal secondo  comma  dello  stesso  articolo,  alla  cui voce si rimanda  per  una  trattazione specifica.  V. sabotaggio;  sciopero.   
 occupazione delle  cose  altrui:  l’occupazione è , per  il c.c., il modo  con  il quale  si acquista  la proprietà  delle  res  nullius,  ossia  delle  cose  mobili  che non  appartengono a nessuno  (art.  923 c.c.). Sebbene il c.c. non  ne  faccia menzione,  sono  tuttavia suscettibili  di occupazione anche  le res  alicuius.  L’occupazione è  un  fatto  giuridico  (v. fatti giuridici)  volontario: richiede  un  elemento materiale, l’impossessamento della  cosa,  ad  un  elemento psicologico,  l’animus  occupandi, l’intenzione  di fare  propria la cosa  (che  il fatto  stesso  dell’impossessamento fa presumere, salvo  prova  contraria). L’effetto  giuridico  dell’occupazione, cioè  l’acquisto  della proprietà , si produce anche  a favore  del minore,  purche´  dotato della capacità  naturale  (v.) di intendere e di volere.  Possono  essere  cose  di nessuno  solo  le cose  mobili:  i beni  immobili  che non  appartengono a nessun privato  (cosiddetti beni  vacanti)  sono  di proprietà  dello  Stato  (art.  827 c.c.) o, se situati  nel territorio delle  regioni  a statuto speciale,  sono  di proprietà di queste  ultime,  secondo  quanto dispongono i relativi  statuti.  Ev  il caso  dei terreni rupestri,  dei ghiacciai,  dei terreni abbandonati dal mare.  I privati potranno ugualmente acquistare la proprietà  dei beni  vacanti,  ma per usucapione  (v.),  in forza  del possesso  protratto per  venti  anni  (art.  1158 c.c.). Il c.c. considera cose  di nessuno,  suscettibili  di occupazione, due  serie  di cose: anzitutto le cose  abbandonate (art.  923, comma  2o, c.c.). Queste diventano cose  di nessuno  dopo  l’abbandono (detto anche  derelizione) da  parte  del proprietario, il quale  si è  liberato del possesso  della  cosa  con  l’intenzione  di rinunciare alla  proprietà . Così  ad  esempio,  ci si libera  della  proprietà  di ciò  che si getta  via o dei rifiuti (v.) solidi che si depongono negli  appositi contenitori (e  sono  cose  che, se non  hanno  più  alcun  valore  per  chi le abbandona, possono  acquistarne per  chi provvede  alla  loro  raccolta,  come nel caso  del riciclaggio  industriale dei rifiuti  solidi urbani). Anche  la derelizione, come  l’occupazione, è  un  fatto  giuridico:  basta,  in chi la pone  in essere,  la capacità  naturale di intendere e di volere.  Un  caso  particolare di derelizione è  quello,  previsto  dall’art.  925 c.c., degli  animali  mansuefatti che fuggono  senza  che il proprietario li reclami  entro  venti  giorni  da  quando ha avuto  conoscenza del luogo  dove  si trovano:  qui  il mancato reclamo  fa presumere la rinuncia  alla  proprietà ; e chiunque  può , impossessandosene, diventare proprietario. Regola  analoga  vale  per  lo sciame  di api,  se non inseguito  dal proprietario nei modi  di cui all’art.  924 c.c.. Le  regole  ora menzionate valgono  per  gli animali  caratterizzati dalla  cosiddetta consuetudo revertendi: la proprietà  su di essi è  riconosciuta e protetta  sul presupposto naturale che si tratta di animali  che, anche  se lasciati  liberi, sono  soliti  ritornare nel luogo  in cui sono  abituati  a vivere.  Se, per avventura, non  vi fanno  ritorno, il proprietario non  ne  perde  la proprietà  e può  inseguirli  sul fondo  altrui.  Diversa  regola  vale  per  gli animali  migratori (l’art.  926 c.c. menziona espressamente i colombi,  i conigli, i pesci);  se questi  abbandonano il fondo,  il proprietario ne  perde  per  ciò  stesso  la proprietà , che viene  acquistata dal proprietario del fondo  sul quale spontaneamente migrano  (purche´  quest’ultimo non  li abbia  attirati con  arte o con  frode).  Qui  siamo  in presenza tanto  di uno  specifico  modo  di perdita della  proprietà  (che  non  è  l’abbandono dell’animale, ma la sua  evasione),  quanto di uno  specifico  modo  di acquisto  della  proprietà , diverso  dall’occupazione e consistente nel fatto  giuridico,  naturale e non  volontario, della  migrazione dell’animale  sul proprio fondo.  Una  seconda  serie  di cose,  che il c.c. considera di nessuno,  sono  gli animali  che formano oggetto  di caccia o di pesca  (art.  932, comma  2o, c.c.): la selvaggina,  cioè , e i pesci. La  caccia e la pesca  sono  le forme  nelle  quali  si attua  il loro  impossessamento e, con l’impossessamento, l’acquisto  della  proprietà  per  occupazione. Ora  però  il principio vale  solo  per  la pesca;  le esigenze  di protezione della  natura hanno  indotto a modificare la condizione giuridica  della  fauna  selvatica:  questa  non  è  più cosa  di nessuno;  è  diventata, con  la l. 27 dicembre  1977, n. 968, e, successivamente, con  la vigente  l. 11 febbraio  1992, n. 157 (art.  1, comma 1o), patrimonio indisponibile dello  Stato  (v. patrimonio,  occupazione indisponibile dello Stato).   
 occupazione delle  cose  di nessuno:  di acquisto  della  proprietà  per  occupazione si può  parlare anche  in una  serie  di ipotesi,  non  menzionate dal c.c.: è  l’occupazione delle  cose mobili altrui  con  il consenso,  espresso  o tacito,  del proprietario. Si pensi  a chi coglie fiori  o raccoglie  legna  sul fondo  altrui  o chi raccoglie  funghi  o tartufi  nei boschi  o a chi peschi  in fiumi, torrenti e laghi. Qui  non  si tratta di cose  di nessuno:  sono  frutti  naturali del fondo  o della  foresta  o del corso,  e appartengono, per  l’art. 821 c.c., al privato  proprietario del fondo  o allo  Stato,  quando si tratti  di foreste  o di corsi d’acqua  definibili  come acque  pubbliche,  in quanto tali  rientranti nel demanio  (v.) pubblico  (art. 822 c.c.). Tuttavia  il consenso,  espresso  o tacito,  del proprietario rende queste  cose  suscettibili  di occupazione. Talvolta  la legge fornisce  criteri  per  stabilire  quando debba  presumersi il consenso  del proprietario: così, per  le leggi n. 568 del 1970 e n. 752 del 1985, la raccolta  dei tartufi  è  libera  nei boschi naturali e nei terreni incolti,  salvo  che il proprietario non  la vieti espressamente apponendo sul fondo  un  visibile cartello.  Dopo  la l. 27 dicembre  1977, n. 968, e, successivamente, con  la vigente  l. 11 febbraio 1992, n. 157 (art.  1, comma  1o), rientra in questo  ordine  di ipotesi,  nei limiti  e alle  condizioni  in cui la caccia è  ancora  permessa, anche  l’acquisto per  occupazione della  proprietà  della  selvaggina  (e  si ritiene,  per  tradizione venatoria, che acquisti  la selvaggina  il cacciatore che l’ha scovata,  anche  se altri  l’ha successivamente uccisa).  Il cacciatore commette furto,  perche´  si appropria della  cosa  altrui,  se cattura la selvaggina  fuori  dei casi di caccia consentita; acquista,  invece,  la proprietà  della  selvaggina  se, essendo  permessa  la caccia,  sussisteva  il consenso  del proprietario all’occupazione. Resta  di proprietà  dello Stato  la selvaggina  accidentalmente uccisa. Ev  opportuno avvertire che il consenso  alla  altrui  occupazione della  propria cosa  mobile  non  influisce  sul modo  di acquisto  della  proprietà , che è  pur  sempre  acquistata a titolo  originario (v. acquisto,  occupazione a titolo  originario),  non  già  a titolo  derivativo (v. acquisto,  occupazione a titolo  derivativo).  Il consenso  del proprietario vale  a rendere lecito  il fatto giuridico  altrui,  altrimenti illecito;  ma la proprietà  si acquista  in forza  di questo  fatto  giuridico,  cioè  per  occupazione. Un  minimo  di analisi  giuridica  consente di  distinguere fra due  ipotesi:  chi coglie fiori  sul fondo  altrui  dopo  avere ottenuto il consenso  del proprietario acquista  per  occupazione; chi, avendo  espresso  al proprietario del fondo  il desiderio  di coglierli,  li riceva  dalle  sue  mani acquista  a titolo  derivativo, per  donazione (v.).  L’elemento discriminante è  l’impossessamento diretto dell’accipiens,  che è  presente nella  prima  ipotesi, mentre nella  seconda  ipotesi  l’accipiens  consegue  il possesso  della  cosa grazie  alla  consegna  da  parte  del proprietario. Va, infine,  segnalato che esistono  frutti  spontanei del fondo,  come  le specie  vegetali  protette da  leggi regionali,  che nessuno  può  cogliere,  neppure il proprietario del fondo.  Ev legittimo,  in questi  casi, ritenere di essere  in presenza,  piuttosto che di beni oggetto  di una  proprietà  del tutto  priva  di facoltà  di godimento e di disposizione, di cose  che non  possono  formare oggetto  di diritti  e che, a norma  dell’art.  810 c.c., non  sono  beni  (v.) in senso  giuridico.  La  regola dettata dall’art.  923, comma  1o, c.c., va perciò  integrata in duplice  senso:  l’occupazione può  riguardare, oltre  che le res  nullius,  anche  le res  alicuius;  ci sono,  al tempo  stesso,  res  nullius  destinate a restare tali,  non  suscettibili  di occupazione.  
 occupazione d’urgenza:  è  l’apprensione materiale di un  bene  immobile  di proprietà  di privati  realizzata dalla  P.A.  quando ricorrono ragioni  di urgenza.  Nell’occupazione temporanea  (v.),  invece  l’impossessamento del bene  avviene  da  parte  del privato.  Ev  disciplinata dall’art.  71 ss. l. n. 2359 del 1865 che prevede due specie  di occupazioni  d’urgenza.  La  prima  consegue  alla  rottura di argine, al  rovesciamento di ponti  per  impeto  delle  acque  ed  altri  casi di forza maggiore  o di assoluta  urgenza,  per  cui i prefetti possono  ordinare l’occupazione dei beni  immobili  per  provvedere alla  esecuzione delle  opere  necessarie. La seconda  specie,  di gran  lunga  più  ricorrente ed  importante, riguarda  il caso di lavori  dichiarati urgenti  ed  indifferibili  dal Consiglio  superiore dei lavori pubblici.  L’occupazione occupazione è  strumentale all’espropriazione del bene  immobile  e cioè all’acquisto  a titolo  originario del diritto  di proprietà  del terreno per  la  realizzazione di un’opera pubblica.  Determina l’immissione  nel possesso  del bene  da  parte  della  P.A.,  in attesa  che, terminato il procedimento ablatorio (v. procedimento amministrativo, occupazione ablatorio)  il soggetto  pubblico  possa acquisirne  il diritto  di proprietà . L’occupazione occupazione si giustifica  con  la necessità  di evitare  che nelle  more  dell’adozione del provvedimento ablatorio si compiano atti  tali  da  pregiudicare l’interesse  pubblico  alla  realizzazione dell’opera. Il decreto di occupazione segue  la dichiarazione di pubblica  utilità  ed indifferibilità  dell’opera che viene  adottata o per  legge oppure è  implicita nell’approvazione del progetto dell’opera da  costruire ex art.  1 l. 2 gennaio 1978. L’occupazione occupazione ha  efficacia  temporale limitata  a due  anni  dalla  adozione del decreto di occupazione secondo  l’art. 73 l. n. 2359 del 1865, trascorsi  i quali  deve intervenire il decreto di esproprio. Trascorso tale  termine l’occupazione occupazione è  illecita,  in quanto la P.A.  agisce  sine titulo,  e il privato  ha  diritto  al risarcimento del danno.  Il termine biennale di efficacia  del decreto di occupazione è  stato elevato  a cinque  anni  dalla  l. 22 ottobre 1971, n. 865 contenente norme relative  alle  opere  di edilizia  residenziale di competenza regionale. Il termine di validità  del decreto decorre  dalla  data  di immissione  nel possesso  che deve  avvenire  entro  tre  mesi dall’emissione  del decreto di occupazione. L’organo  competente ad  emanare il decreto di occupazione è diverso  a seconda  che si tratti  di opere  di competenza statale  o di competenza regionale;  nel primo  caso  spetta  al prefetto della  provincia  in cui è  ubicato  il bene  da  occupare, nel secondo  al presidente della  giunta regionale. Qualora il decreto di esproprio non  venga  adottato nei termini  di legge possano  darsi  due  diverse  evenienze a seconda  che l’opera  sia stata  o  meno  eseguita.  Se l’opera  non  è  stata  eseguita  la P.A.,  oltre  a pagare l’indennità  di occupazione (alla  quale  è  in ogni  caso  tenuta) deve  risarcire  il danno provocato al privato  e restituire comunque il bene.  Se l’opera  è  stata eseguita nel corso  dell’occupazione o comunque il fondo  abbia  subito  un’irreversibile trasformazione con  la destinazione del terreno a bene  demaniale o patrimoniale indisponibile l’occupato  non  acquisisce  l’opera  al suo fondo  ex art.  936 c.c.. L’opera  realizzata è  pubblica  in base  alla  dichiarazione di pubblica  utilità  e indifferibilità  dell’opera e il suolo  occupato diviene pubblico.  La  stessa  vicenda  si ha  allorche´  l’offerta  sia stata  eseguita  ma sia mancato ab  origine  il provvedimento di occupazione occupazione. Anche  in questo  caso  il privato ha  però  diritto  al risarcimento del danno.   
 occupazione giovanile:  l’occupazione occupazione è  disciplinata dalla  l. 1o  giugno  1977, n. 285, successivamente modificata  (specie  con  la l. 4 agosto  1978, n. 479): si tratta di un  intervento straordinario, a carattere temporaneo. Tale  sistema  è caduto nel tempo,  da  un  punto  di vista giuridico,  con  il progressivo  venir meno  dei relativi  finanziamenti e viene  valutato come  un  insuccesso.  I provvedimenti sull’occupazione occupazione prevedevano un  nuovo  circuito  di collocamento: i giovani  tra  i 15 e i 29 anni,  che risultassero non  occupati,  potevano iscriversi  a liste  speciali  sulla base  delle  quali  venivano  predisposte le relative  graduatorie formate in ragione  delle  condizioni  economiche, personali  e familiari.  Qualunque soggetto  che intendeva attingere alle  liste speciali  doveva  farlo  mediante richiesta  numerica  (ma,  per  un  successivo ampliamento della  possibilità  di inoltrare richiesta  nominativa, cfr. l’art. 5, ult.  comma,  della  l. n. 479 del 1978). Qualora il giovane  rifiutasse,  senza  giustificato  motivo,  l’avviamento ad  un’attività  corrispondente ai requisiti professionali d’iscrizione,  erano  previste  sanzioni  di progressiva severità (dapprima penalità  del turno  di avviamento e poi  cancellazione dalle  liste). I datori  di lavoro  che attingevano alle  liste  speciali,  accanto  ai normali contratti di lavoro  a tempo  indeterminato, potevano fare  ricorso  a diverse figure  contrattuali: contratti di formazione e lavoro;  contratti a tempo parziale;  contratti a tempo  determinato; stages. Per  le imprese  disposte  ad assumere  i giovani  iscritti  nelle  liste  speciali  era  prevista  una  politica  di agevolazioni finanziarie  (cioè  di riduzione del costo  del lavoro).  Però  queste agevolazioni non  trovavano il supporto di misure  di politica  industriale capaci  di promuovere la creazione di nuovi  posti  di lavoro,  soprattutto nel settore privato.  Di  positivo,  di questo  sistema,  rimane  comunque, la rilevanza  accordata ad  alcune  figure  contrattuali che si sono  dimostrate suscettibili  di ulteriore sviluppo  anche  legislativo.  In  modo  particolare, degni di nota  sono  il contratto  di formazione e lavoro  (v.) e il lavoro  partoccupazionetime  (v. contratto  di lavoro,  occupazione a tempo  parziale).   
 occupazione nel diritto internazionale:  modo  di acquisto  a titolo  originario di parti  di territorio sui quali  lo Stato  può  irradiare la propria sovranità . In  dottrina, tuttavia, si ritiene  che affinche´  uno  Stato  possa  appropriarsi dei territori scoperti  occorra  che vi sia l’animus  occupandi  e l’actio  occupandi;  ossia  una dichiarazione formale  di intenti  oltre  ad  un  reale  comportamento di occupazione del territorio scoperto.  Nel  diritto  internazionale moderno questo modo  di acquisto  originario ha  perso  la sua  importanza per  la quasi totale  inesistenza di territori nullius  e dato  che la sovranità  su di un  territorio si acquista  allorquando l’ente  è  portatore dei due  requisiti generale e permanenti della  effettività  e dell’indipendenza.  
 occupazione temporanea:  è  la materiale apprensione di un  bene  immobile  ad  opera  di imprenditori ed  esecutori di opere  dichiarate di pubblica  utilità  per  un limitato  periodo di tempo.  La  particolarità  dell’istituto dipende dal fatto  che  occupante non  è  la P.A.,  bensì  un  privato.  L’occupazione occupazione è  generalmente  preordinata alla  realizzazione di un’opera pubblica  ed  è  quindi  strumentale a questo  fine. Ev  disciplinata dagli  artt.  64 e 65 della  l. 25 giugno  1865. Secondo  l’art. 64 gli imprenditori possono  occupare temporaneamente i beni  privati  per  estrarre pietre,  ghiaia,  sabbia,  terra  o zolle, per  farvi depositi  di materiali, per  stabilire  magazzini  ed  officine  per  praticare passaggi  provvisori,  per  aprire  canali  di diversione  delle  acque  e per  altri usi necessari  all’esecuzione  dell’opera. Il procedimento è  ad  iniziativa  del privato;  l’istanza  è  rivolta  al prefetto della  provincia  competente in base  al luogo  dove  è  ubicato  il terreno. Deve  indicare  la durata dell’occupazione e l’indennità offerta  al privato.  Il proprietario del terreno può  accettare o meno l’indennità  e in quest’ultimo caso  spetterà  ad  un  perito  nominato dal prefetto determinarla. Il procedimento si conclude  con  il decreto prefettizio occupazione occupazione. La  dottrina configura  il diritto  dell’occupante di estrazione dei materiali  come  usufrutto coattivo  per  cui il diritto  avrebbe natura reale. Secondo  altra  dottrina però  l’occupazione occupazione sarebbe un  procedimento ablatorio obbligatorio dal quale  discenderebbe un  contratto coattivo  di estrazione. In ogni  caso  è  indubbia la natura di diritto  reale  di godimento qualora  l’occupazione occupazione sia  preordinata alla  installazione di depositi  di materiali o alla  costituzione di passaggi  provvisori. 		
			
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