Enciclopedia giuridica

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Riduzione



azione di riduzione: la lesione dei diritti dei legittimari non influisce sulla validità del testamento: questo è , in se´ , perfettamente valido, e troverà piena attuazione se i legittimari rinunciano al loro diritto o non lo faranno valere, con l’riduzione riduzione nel termine della ordinaria prescrizione (v.) decennale, decorrente dalla apertura della successione. Il legittimario che, per testamento o per successione legittima, non abbia ricevuto nulla o abbia ricevuto meno di quanto per legge gli spetta ha diritto di conseguire dagli eredi testamentari o legittimi la quota che gli è dovuta (v. quota, riduzione di riserva), e la consegue chiedendo la riduzione delle quote degli eredi legittimi (art. 553 c.c.) o delle disposizioni testamentarie (art. 554 c.c.) o delle donazioni (art. 555 c.c.). Le quote degli eredi legittimi, le disposizioni testamentarie (senza distinguere fra eredi e legatari) ed, eventualmente, le donazioni si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari (artt. 553, 558 c.c.). Prima, tuttavia, di ridurre le quote degli eredi legittimi o le disposizioni testamentarie o le donazioni, bisogna tenere conto delle eventuali donazioni che, a sua volta, il legittimario avesse ricevuto dal defunto: egli deve imputarle alla quota di riserva, salvo che l’ereditando non lo abbia da ciò espressamente dispensato (art. 564, comma 2o, c.c.). In altre parole, la quota di riserva deve essere diminuita delle donazioni di cui il legittimario avesse già beneficiato, fino al punto di fargli perdere il diritto alla successione se egli aveva già ricevuto, per donazione, beni di valore pari alla legittima. La rinuncia all’eredità (v. rinuncia, riduzione all’eredità ) da parte dell’erede legittimo o testamentario non impedisce al rinunciante di ritenere le donazioni e di conseguire i legati il cui valore non superi la quota disponibile (v. quota, riduzione disponibile) (art. 521, comma 2o, c.c.); ma, se l’erede che rinuncia è , al tempo stesso, un legittimario, questi ritiene le donazioni e consegue i legati in conto di legittima: non si tiene conto della sua rinuncia per calcolare la quota di riserva spettante agli altri legittimari, i quali possono agire in riduzione solo se risulta lesa la quota che sarebbe spettata loro se il rinunciante non avesse rinunciato (art. 552 c.c.). In altre parole, la rinuncia all’eredità da parte del legittimario vale, in questa ipotesi, solo come rinuncia alla disponibile. L’esercizio dell’riduzione riduzione dà luogo ad una pronuncia di inefficacia totale o parziale, della disposizione impugnata, sia essa una disposizione testamentaria o una donazione, e, se si tratta di inefficacia relativa, operante nei confronti del legittimario che ha agito. L’riduzione riduzione spetta al legittimario o ai suoi eredi o ai suoi aventi causa, ossia a coloro cui il legittimario abbia alienato il suo diritto (art. 557, comma 1o, c.c.). La rinuncia preventiva all’riduzione riduzione è nulla; ma, una volta che la successione si sia aperta, il legittimario può rinunciare al proprio diritto (art. 557, comma 2o, c.c.), anche tacitamente. Il legittimario deve agire, in primo luogo, per la riduzione delle quote spettanti agli eredi e dei legati; solo se ciò non basta egli potrà agire per la riduzione delle donazioni (art. 555 c.c.). Le donazioni si riducono cominciando dall’ultima e risalendo via via alle precedenti (art. 559 c.c.): le più antiche, infatti, ricadevano entro la disponibile, e solo le successive, dopo l’esaurimento di queste, hanno intaccato la legittima. Alla inefficacia della disposizione impugnata con l’riduzione riduzione consegue l’obbligazione del beneficiario della disposizione dichiarata inefficace di restituire l’immobile che aveva formato oggetto dell’atto di disposizione; ed al riguardo appare nettamente favorita la restituzione in natura (art. 560 c.c.). Qui non c’è, come nella collazione (v.), libertà di scelta fra restituzione in natura o per equivalente in danaro; le soluzioni possibili sono: a) la separazione del bene in natura, se questo è comodamente divisibile (art. 560, comma 1o, c.c.); b) la totale acquisizione del bene all’eredità , se il bene non è comodamente divisibile ed il donatario o il legatario ha in esso una eccedenza maggiore del quarto della porzione disponibile (art. 560, comma 2o, c.c.); c) solo se l’eccedenza non supera il quarto il donatario o il legatario può ritenere l’immobile, compensando in danaro i legittimari (art. 560, comma 2o, c.c.). Se l’immobile donato era stato dal donatario ipotecato (v. ipoteca) o gravato da diritti altrui, il legittimario lo consegue libero da pesi (art. 561 c.c.); se il donatario lo aveva alienato, quantunque a titolo oneroso, il legittimario può , dopo avere vanamente escusso i beni del donatario, ottenere la restituzione del terzo acquirente, cui è solo concesso di sottrarsi alla restituzione in natura pagando il valore in danaro (art. 563 c.c.). Il diritto del legittimario riceve così una protezione quanto mai energica: l’ipoteca e gli altri diritti costituiti sulla cosa non gli sono opponibili; ne´ gli è opponibile il diritto del terzo acquirente consapevole di avere acquistato beni trasmessi al suo (o ad un precedente) dante causa per atto di liberalità . Il che val quanto dire che chi compera un bene sapendo che il suo dante causa (o il dante causa di questo) lo aveva ricevuto in donazione o chi, con questa consapevolezza, consegue un diritto reale su un bene non sarà sicuro del proprio acquisto o del proprio diritto fino a quando non siano trascorsi dieci anni dalla morte del donante e non si sia, perciò, prescritta l’riduzione riduzione dei legittimari. Per i beni immobili e per i mobili registrati opera la conoscenza legale, data dalla trascrizione (v.) della donazione; e ciò basta a rendere opponibile al terzo, da parte del legittimario, il diritto alla riduzione della donazione e, quindi, alla restituzione del bene o del suo valore in danaro. Solo se il legittimario trascrive la domanda di riduzione dopo che sono decorsi dieci anni dall’apertura della successione (tre anni se si tratta di mobili registrati: art. 2690 n. 5 c.c.) la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che abbiano acquistato a titolo oneroso in base ad un atto trascritto prima della domanda (art. 2652 n. 8 c.c.). Per gli altri beni mobili, invece, sono fatti salvi gli effetti del possesso di buona fede (v. acquisto, riduzione a non domino) (art. 563, comma 2o, c.c.): il legittimario dovrà, perciò , provare la mala fede del terzo, ossia la sua conoscenza del fatto che il suo dante causa disponeva di cosa ricevuta per donazione. Il legittimario che sia stato interamente pretermessso dal de cuius acquista la qualità di erede solo in virtù della sentenza che accoglie la sua domanda di riduzione, ma con effetto, naturalmente, dalla data di apertura della successione. La sentenza lo reintegra in quella quota di eredità che l’art. 536 c.c. gli riserva; e, in quanto successore in una quota di eredità , egli è successore a titolo universale, al pari degli altri eredi, legittimi o testamentari. Si è però visto che la sua quota si determina, a norma dell’art. 556 c.c., detraendo i debiti dal valore dell’asse ereditario: egli, a differenza degli altri eredi, concorre nel pagamento dei debiti in modo solo figurativo, in virtù della loro detrazione dal valore dell’asse ereditario. Un problema sorge nell’ipotesi di sopravvenienze passive, ossia nell’ipotesi in cui si presentino nuovi creditori del de cuius, dei quali non si era tenuto conto in sede di riduzione. Risponderà solo l’erede che aveva subito la riduzione o risponderà anche, in proporzione alla quota riconosciutagli, il legittimario? Questa seconda soluzione appare preferibile: l’erede che ha subito la riduzione risponde dei debiti ereditari in proporzione della minore quota attribuitagli in sede di riduzione; per l’eccedenza deve, dunque, rispondere il legittimario, ormai divenuto erede anch’esso. Per contro, il legittimario non diventa erede se mancano i presupposti della riduzione: o perche´ aveva ricevuto, in vita dell’ereditando, donazioni di valore pari o superiore alla legittima, oppure perche´ , detratti i debiti, l’eredità risulta passiva. La sua posizione risulta, a questo modo, diversa da quella degli eredi testamentari e degli eredi legittimi, i quali acquistano la qualità di erede per effetto dell’accettazione (v. accettazione, riduzione dell’eredità ) e, se vogliono, l’acquistano quantunque l’eredità sia passiva, rispondendo dei debiti entro il valore dei beni ereditari o oltre il valore di questi a seconda che abbiano accettato con o senza il beneficio d’inventario. Fra le condizioni per l’esercizio dell’riduzione riduzione delle donazioni e dei legati, ma non anche di quella volta a ridurre le quote ereditarie, l’art. 564 c.c. esige che il legittimario abbia accettato l’eredità con il beneficio di inventario (v. beneficio, riduzione di inventario). A questa condizione è sottoposto l’erede testamentario che lamenti la lesione dei suoi diritti di legittimario, non già il legittimario interamente pretermesso, che non ha nulla da accettare e nulla di cui fare l’inventario. L’accettazione con beneficio di inventario vale anche a impedire che la riduzione delle donazioni e dei legati possa essere chiesta dai creditori del defunto (art. 557, comma 3o, c.c.). V. anche legittimari; successione, riduzione necessaria.

riduzione dei legati: v. azione di riduzione; successione, riduzione necessaria.

riduzione dell’addebito: è prevista e disciplinata dall’art. 55 r.d. n. 1214 del 1934 e dall’art. 49 r.d. n. 1038 del 1933 (rispettivamente, t.u. e regolamento procedurale della Corte dei conti) i, nei giudizi di responsabilità contabile dei pubblici dipendenti, la Corte dei conti (v.) ha un potere discrezionale nella determinazione della somma da porre a carico del dipendente ritenuto responsabile. La Corte ha dunque il potere di condannare al pagamento di tutto o parte del danno accertato, basandosi sulla valutazione della misura della colpa attribuibile al dipendente oltre che su altre circostanze oggettive, come tempo e luogo dell’evento o la disorganizzazione dell’ufficio, ovvero soggettive, come i precedenti di carriera del dipendente. Spesso la somma viene ridotta ad una cifra simbolica se è messa a confronto con la reale entità del danno subìto dallo Stato, ma la Corte dei conti ha anche ritenuto di non poter ricorrere al Tar in presenza di una condotta quando sia stato accertato che è stata il frutto di attività criminosa. (Cosentino).

riduzione della penale: v. clausola, riduzione penale.

riduzione delle disposizioni testamentarie: v. azione di riduzione; successione, riduzione necessaria.

riduzione delle donazioni: v. azione di riduzione; successione, riduzione necessaria.

riduzione delle porzioni degli eredi legittimi: v. azione di riduzione; successione, riduzione necessaria.

riduzione del pignoramento: è il provvedimento richiesto al giudice dal debitore qualora il valore dei beni pignorati sia superiore all’importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti, che consente di limitare il numero o il valore per il quale i beni sono sottoposti a pignoramento.

riduzione e restrizione di ipoteca: v. ipoteca, riduzione dell’riduzione.

valore di riduzione: v. assicurazione, riduzione dell’riduzione.


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