Enciclopedia giuridica

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Liberalità



liberalità atipiche: sono le liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione (v.); ma il concetto di atipicità è qui assunto nel senso di liberalità diversa dal tipo della donazione, non nel senso in cui si parla di contratti atipici o innominati (v. contratto, liberalità atipico). Queste liberalità diverse dalla donazione sono dall’art. 809 equiparate alla donazione a due specifici effetti: per assoggettarle all’azione di riduzione e alla disciplina della revocazione. Le si ritiene soggette anche alle norme sulla collazione. V. anche collazione; donazione.

atti di liberalità: v. atti, liberalità di liberalità ; causa di liberalità.

causa di liberalità: bisogna distinguere fra atto gratuito (v. atti, liberalità a titolo gratuito), atto di liberalità (v. atti, liberalità di liberalità ), donazione (v.). Non ogni atto gratuito è atto di liberalità; non ogni atto di liberalità è donazione. Un contratto a titolo gratuito può essere, ma non è necessariamente, un atto di liberalità, espressione di generosità , di riconoscenza, di amicizia e così via. Non ogni atto di liberalità è una donazione: è tale solo la liberalità che consiste in un dare o nell’assunzione di una obbligazione di dare (art. 769 c.c.). Obbligazioni di fare possono essere assunte a titolo gratuito senza che ciò implichi donazione, come nel caso del mandato gratuito o del deposito gratuito. In un sistema come il nostro, retto dal principio di causalità , nel quale cioè la causa (v.) è requisito di ogni contratto (art. 1325 n. 2 c.c.), anche la donazione ha una sua causa, che è appunto la liberalità; non può invece dirsi, come taluno asserisce, che la liberalità sostituisca la causa e che basti la forma solenne, richiesta dall’art. 782 c.c., per rendere valida l’attribuzione gratuita di un bene. Le esigenze di controllo giudiziario della funzione del contratto (v. causa, liberalità del contratto) non vengono meno, di fronte all’atto gratuito, neppure quando esso assume la forma solenne. Valga al riguardo il seguente esempio: un contraente trasferisce all’altro la proprietà di un bene immateriale di ingente valore; ma il contratto non prevede alcun corrispettivo al trasferimento: non è vendita perche´ manca di prezzo, ne´ può essere donazione, perche´ l’alienante non dichiara di donare e perche´ , comunque, tra i contraenti intercorrono rapporti solo commerciali e non è configurabile uno spirito di liberalità. Ev un contratto, atipico, di trasferimento della proprietà a titolo gratuito: nullo per mancanza di causa (nessun interesse meritevole di tutela giustifica, in assenza di uno spirito di liberalità, il trasferimento gratuito di un bene). E qui è evidente la funzione di protezione del contraente debole che il requisito della causa assolve: chi si induce a dare il proprio consenso al trasferimento senza corrispettivo di un proprio bene se non chi subisce la prepotenza altrui? Nel caso prospettato il contratto gratuito si sarebbe dovuto considerare nullo anche se redatto, per avventura, con atto di notaio. Si è , in dottrina, coerentemente ritenuto che, nonostante l’impiego del nomen iuris della donazione e nonostante la forma solenne, il contratto possa essere ugualmente dichiarato nullo per mancanza di causa quante volte risulti mancare in concreto una causa donandi. Il vero problema è quello della determinazione del concetto di liberalità: a) questo esprime anzitutto l’assenza di costrizione, giuridica o anche solo morale, in chi senza corrispettivo dispone a favore di altri di un proprio diritto o si obbliga nei suoi confronti ad una prestazione di dare (v. prestazione, liberalità di consegnare). La liberalità non è solo spirito umanitario o caritativo; essa non è esclusa dal fatto che il donante, come nel caso della donazione rimuneratoria (v. donazione, liberalità rimuneratoria e liberalità d’uso) (art. 770, comma 1o, c.c.), sia animato da riconoscenza (dona, ad esempio al comune per esprimere riconoscenza alla città che gli ha dato i natali) od alla considerazione dei meriti del donatario (il comune dona al concittadino illustre, per esprimergli la propria considerazione) o voglia manifestare speciale rimunerazione (ti rimunero con una donazione perche´ mi hai salvato la vita o perche´ mi hai assistito durante una malattia). La donazione rimuneratoria è atto di liberalità, giacche ognuno si sente libero di manifestare o no riconoscenza, di premiare o no i meriti altrui, di rimunerare o no chi lo ha beneficato. Lo spirito di liberalità è, invece, escluso in chi dà senza corrispettivo per osservanza di un dovere giuridico oppure di un dovere morale o sociale, in adempimento cioè di una obbligazione naturale (v. obbligazioni, liberalità naturali) (art. 2034 c.c.). Significativa, sotto questo aspetto, è la giurisprudenza che esclude la qualificazione dell’atto gratuito come donazione e lo sottrae all’applicazione delle norme a questa relative, come quella che impone la forma dell’atto pubblico, quante volte il disponente risulti mosso, anziche´ da spirito di liberalità, dall’esigenza di adempiere un dovere, come nel caso del genitore che dichiara di donare ai figli volendo con ciò provvedere al loro mantenimento. Di fronte a casi di questo genere, la dottrina che giudica la causa di liberalità irrilevante, perche´ assorbita dalla forma solenne, manifesta tutti i propri limiti: essa condurrebbe alla dichiarazione di nullità , per difetto di forma, di un contratto a titolo gratuito che denota, all’opposto, forti ragioni di validità . La giurisprudenza ora menzionata è significativa anche sotto un altro aspetto: essa si pronuncia per l’ammissibilità di atti gratuiti (v. atti, liberalità a titolo gratuito) atipici, traslativi della proprietà , purche´ risultino meritevoli di tutela a norma dell’art. 1322, comma 2o, c.c.. Ugualmente non sono liberalità le elargizioni che si fanno in conformità agli usi, come i regali fra familiari in occasione delle festività , anche se si tratta di elargizioni fatte in occasione di servizi resi (art. 770, comma 2o, c.c.), come ad esempio la mancia al cameriere: qui non c’è obbligazione, neppure naturale; c’è , tuttavia, conformistica ubbidienza agli usi (si fanno regali ai familiari nelle festività o si dà la mancia solo perche´ tutti così fanno), e ciò esclude lo spirito di liberalità; b) un altro criterio di distinzione più volte impiegato dalla giurisprudenza per distinguere fra atto gratuito e atto di liberalità è quello che dà rilievo alla natura dell’interesse, patrimoniale o non patrimoniale, che il disponente mira a soddisfare. Così la remissione del debito (v.) fatta dal socio alla società non è atto di liberalità, perche´ il socio ha un interesse patrimoniale a ridurre i debiti della propria società (si è perciò sottratta la remissione del socio al trattamento fiscale degli atti di liberalità); del pari, la fideiussione prestata dalla società controllante a favore della controllata mira a soddisfare un interesse patrimoniale della prima e non è , pertanto, atto di liberalità (si è con ciò escluso che la fideiussione (v.) a favore della controllata sia, come quella prestata a favore di un terzo, atto estraneo all’oggetto sociale della controllante). Alla stregua di questo criterio si può decidere quando un deposito (v.) o un mandato (v.) gratuito oppure un comodato (v.) siano o no da qualificare come atti di liberalità, o per distinguere fra trasporto di cortesia (v. trasporto, liberalità di cortesia) e trasporto gratuito (v. trasporto, liberalità gratuito). Per identificare il concetto di liberalità concorrono, dunque, due elementi: uno è l’assenza di costrizione, la quale permette di distinguere l’atto di liberalità dall’atto gratuito posto in essere in esecuzione di una obbligazione civile, oltre che dall’adempimento delle obbligazioni naturali e dalle cosiddette liberalità d’uso; l’altro è la natura non patrimoniale dell’interesse del disponente, la quale consente di separare l’atto di liberalità dall’atto gratuito privo di liberalità liberalità, anche quando quest’ultimo sia atto affatto spontaneo, non dettato da alcuna costrizione, giuridica o naturale. V. anche collazione; donazione.

liberalità d’uso: è l’atto di disposizione compiuto per conformistica adesione a ciò che comunemente si pratica; ciò che esclude lo spirito di liberalità (v. causa di liberalità).

onere negli atti di liberalità: v. onere.


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