beni nella costituzione:  v. beni, costituzione nella Costituzione. 
 costituzione come fonte del diritto:  nel sistema  delle  fonti  nazionali  la costituzione si colloca  in una  posizione  di assoluta  primarietà , quale  fondamento di tutte  le realtà giuridiche  produttrici di norme.  Essa  è , al contempo, fonte  di produzione e fonte  sulla produzione: è  fonte  di produzione in quanto direttamente portatrice di norme  di vario  oggetto  e contenuto; è  fonte  sulla produzione poiche´  fra queste  norme,  che essa  stessa  pone,  sono  comprese,  in particolare, le regole  fondamentali per  la disciplina  dell’attività  normativa nelle  sue  diverse  forme  di esplicazione. Il rapporto fra la costituzione e le altre  fonti può  essere  diretto oppure mediato, secondo  che sia la costituzione stessa  a fissare, seppur  per  tratti  essenziali,  i caratteri formali  e gli ambiti  oggettuali dei singoli tipi  di fonte  normativa (come  accade,  solitamente, per  la legge e gli atti  normativi ad  essa  equiparati); oppure sia una  fonte  già  dalla  costituzione disciplinata a creare  e regolare a sua  volta  un  ulteriore tipo  di atto normativo. La  costituzione si pone,  in ogni  caso,  quale  condizione della  validità  delle altre  fonti,  e ciò  anche  a prescindere da  quell’impostazione gradualistica del sistema  che vuole  le fonti  normative distribuite su livelli discendenti. La  sua forza  condizionante è  in realtà  dovuta  al suo proporsi, su un  piano  di effettività , quale  origine  e al tempo  stesso  termine dello  sviluppo dell’ordinamento; e le singole  fonti  del diritto  attingono ad  essa  non soltanto quella  che va considerata come  la loro  regola  formale  (attribuzione della  potestà  normativa a quei  determinati soggetti,  secondo  quelle  particolari modalità  procedurali), bensì  anche  il parametro di fondo  per  la  valutazione sostanziale delle  norme  da  esse  immesse  nell’ordinamento (conformità , o quanto meno  non  difformità , della  norma  prodotta rispetto alla  disciplina  che su quell’oggetto la costituzione stessa  pone).  La  supremazia della  costituzione manifesta anche  nei confronti  di quegli  atti  normativi che pure  (come  nel nostro  ordinamento le leggi di revisione  e le altre  leggi costituzionali ex art. 138 Cost.)  hanno  competenza ad  incidere  direttamente sulla normativa costituzionale e per  questo  assumono una  posizione  di primarietà  rispetto alle altre  fonti  di rango  legislativo.  Anche  qui  la condizionalità  della  costituzione si svolge  sul duplice  binario,  formale  e materiale: la validità  delle  norme  poste da  fonti  formalmente costituzionali è  difatti  vincolata  non  soltanto all’osservanza  delle  modalità  procedurali che la costituzione stabilisce,  ma anche  alla rispondenza a quei  valori  fondamentali del sistema  che la costituzione esprime  come suoi  principi  e che come  tali  si pongono quali  limiti assoluti  per  la stessa attività  di revisione.   
 concetto  di costituzione:  l’idea di costituzione esprime  innanzitutto il momento formativo,  il sorgere,  lo strutturarsi e lo stabilizzarsi  dell’ordinamento giuridico  attraverso l’azione  di gruppi  e più  genericamente di forze  operanti nell’ambito di una società  umana.  Quando l’opera  di queste  forze  riesce  a fissarsi in formulazioni normative che godono  di una  media  osservanza (l’immagine dell’effettività ) e riesce  a sintetizzare le regole  di fondo  e gli obiettivi primari  del suo svolgersi  enunciandoli come  principi  del nuovo  ordine giuridico,  il processo  costituente può  considerarsi nella  sua  essenza, compiuto ed  è  nata  la costituzione quale  sua  proiezione normativa. Se poi  si considera l’ordinamento statuale nel suo divenire  quotidiano, temporalmente  indeterminato, superata la fase formativa,  il concetto di costituzione viene  a specificarsi  nella  sua  valenza  sostanziale.  La  volontà  costituente dà  vita all’ordinamento, ma perche´  questo  sia vitale,  perche´  possa  mantenersi e svilupparsi  nel tempo,  occorre  un  movimento continuo,  incessante, di costruzione e di sostituzione di norme:  ecco allora  imporsi  l’immagine  della Costituzione quale  insieme  delle  regole  che disciplinano  l’attività  legislativa (e,  più  in generale,  l’attività  normativa). Facendosi regola  della  normazione la costituzione riesce  a collegare  il momento costituente con  il successivo  sviluppo  del sistema:  la costituzione come  normazione sulla normazione, fonte  primaria del diritto, è  il risvolto  dinamico,  il protendersi nel tempo  di quella  stessa  norma fondamentale in cui si è  obiettivizzata l’azione  costituente. Ancora, il concetto di costituzione può  evidenziare gli assetti  istituzionali  e l’equilibrio  politico che caratterizzano l’ordinamento. La  costituzione esprime  i principi  e le regole  che definiscono  e disciplinano  i rapporti fra i soggetti  dell’ordinamento (valori fondamentali, libertà , diritti  e doveri,  garanzie)  e la distribuzione del potere sovrano  fra organi  degli  apparati pubblici  e soggetti  ad  essi esterni  (funzioni di governo,  legislative,  di indirizzo  politico,  giurisdizionali, amministrative e normative in senso  lato).  In  questo  senso  è  la costituzione che determina la forma dello  Stato  e la forma  di governo,  configurando il complesso  dei rapporti fra governanti e governati, fra autorità  e libertà , secondo  modalità particolari, sempre  originali,  che soltanto per  larghe  approssimazioni e semplificazioni possono  essere  ricondotte nelle  schematiche partizioni della tradizione dottrinale.  
 costituzione dei soggetti intervenuti nell’atto notarile:  ai sensi  dell’art.  51 n. 3 L.N.,  la  costituzione deve  essere  effettuata mediante l’indicazione  del nome  (v.),  cognome  (v.), luogo  e data  di nascita,  domicilio  (v.) o residenza  (v.) e condizione. Tale indicazione è  necessaria  sia per  le parti  che per  i testimoni, i fidefacienti ed i  soggetti  che intervengono in rappresentanza delle  parti  stesse.   
 costituzione economica:  indica  i principi  costituzionali in materia  economica e sociale (parte prima,  titolo  terzo).  Vi rientrano: a) il principio  della  libertà  di iniziativa  privata  (art.  41 Cost.);  b)  il principio  secondo  cui la proprietà, anche  dei mezzi di produzione, è  pubblica  o privata  (art.  42, comma  1o, Cost.);  c) il principio  della  determinazione per  legge dei modi  di acquisto  e dei limiti della  proprietà  privata  (art.  42, comma  2o, Cost.);  d)  il principio dell’espropriabilità  della  proprietà  privata  solo  nei casi previsti  dalla  legge e salvo  indennizzo (art.  42, comma  3o, Cost.);  e) il principio  della nazionalizzazione delle  imprese  di interesse generale (art.  43 Cost.);  f)  il principio  dei vincoli alla  proprietà  terriera per  conseguire equi  rapporti sociali  in agricoltura (art.  44 Cost.);  g) il riconoscimento del valore  sociale della  cooperazione a carattere di mutualità  (art.  45 Cost.);  h)  il riconoscimento del diritto  dei lavoratori a collaborare, nei modi  e limiti di legge, alla  gestione  di aziende  (art.  46 Cost);  i) la tutela  del risparmio e il controllo dell’esercizio  del credito  (art.  47 Cost.).   
 elasticità  della costituzione:  con  il termine elasticità  si è  voluta  indicare  la particolare attitudine di una  costituzione ad  adattarsi, senza  bisogno  di revisioni  formali,  a mutamenti anche  significativi  del quadro politico  e sociale,  lungamente nel corso  del tempo.  Elasticità  non  è  sinonimo  di flessibilità  e dunque non  si contrappone alla  nozione  di rigidità . Il carattere dell’elasticità  è  legato  al  tipo  di formulazioni normative. Si è  ritenuto, in passato,  che conferissero elasticità  alla  costituzione le enunciazioni sintetiche,  sobrie  e generali,  tali  da consegnare al legislatore  e all’interprete margini  di discrezionalità  di notevole ampiezza;  con  l’effetto  di consentire, ed  anzi  di facilitare, mutamenti anche  consistenti  nello  sviluppo  del sistema  normativo ed istituzionale, senza  che si registrassero situazioni  di contrasto con  il dettato costituzionale. Esempio tipico  di costituzione elastica  è  stato  ritenuto, in questo  senso, lo Statuto albertino. Attualmente, mutati  sensibilmente i caratteri dei testi costituzionali, non  più  sintetici  ne´  generici,  sembra  che il predicato dell’elasticità  possa  essere  riferito,  almeno  in certa  misura,  a quelle costituzioni  che contengono norme  programmatiche (che  fissano  per  il legislatore  obiettivi  di principio,  da  realizzare attraverso l’esercizio  della  sua discrezionalità ), concetti  valvola  (e  cioè  formulazioni dal significato  incerto, quali  utilità  e funzione  sociale,  buon  andamento ed  efficienza,  cui soltanto giudizi di valore  possono  conferire valenza  normativa), discipline  lacunose (che  necessitano di integrazioni in via legislativa  o consuetudinaria). . 
 flessibilità  e rigidità  della costituzione:  è  flessibile  la costituzione il cui testo  scritto  può  essere modificato ed  integrato dagli  organi  parlamentari attraverso il procedimento legislativo  ordinario, mentre si ha  rigidità  ove  per  incidere  sulle disposizioni costituzionali occora  far ricorso  ad  una  procedura apposita, distinta  da quella  ordinaria. Nei  sistemi  a costituzione rigida,  diversamente da  quelli  flessibili, la revisione  della  costituzione si caratterizza dunque, come  attività  legislativa,  oltre  che per  l’oggetto,  le disposizioni  della  costituzione anche  per  la forma:  ed  è  inoltre  possibile  che si manifesti  una  ulteriore, particolare, classe di atti  legislativi (quali  sono,  nel nostro  ordinamento, le altre  leggi costituzionali ex art.  138 Cost.),  che si distinguono rispetto  alle  leggi ordinarie per  la loro  forma (essendo adottati con  il medesimo  procedimento previsto  per  la revisione), ma non  anche,  o non  necessariamente, per  il loro  oggetto  (potendo contenere disposizioni  normative che non  incidono  sul testo  costituzionale). Funzione  primaria della  rigidità  è  quella  di assicurare alla  costituzione stabilità , non tanto  come  valore  in se´ , quanto per  il fine di evitare  che interventi di revisione  possano  essere  compiuti  senza  un’adeguata ponderazione e/o da maggioranze parlamentari esigue  e contingenti. Questo tipo  di esigenza  è venuta  a prospettarsi in concomitanza con  l’avvento,  nel corso  del secolo presente, dei sistemi  di democrazia pluralista  e con  il sorgere  di costituzioni a carattere compromissorio, quando forze  politiche  di diversa rappresentatività  sociale  e divergente orientamento ideologico  hanno avvertito l’importanza di concentrare in un  testo  costituzionale adeguatamente stabile  la garanzia  della  tutela  delle  minoranze e la conservazione dell’equilibrio politico  raggiunto.   
 costituzione in senso formale e in senso materiale:  nel parlare di costituzione in senso  formale  si intende far riferimento al fatto  che la volontà  costituente si trova  tradotta e articolata in formulazioni scritte,  raccolte  in un  unico  documento (ovvero distribuite in documenti distinti,  ma questa  ipotesi  è  nella  realtà  assai rara). Il sorgere  delle  costituzioni  scritte  (i cui più  lontani  precedenti risalgono alla  fine del XVIII  secolo,  con  la nascita  degli  Stati  Uniti  d’America  e la Rivoluzione di Francia)  è  fenomeno storicamente legato  al processo  di  affermazione delle  classi borghesi  nei confronti  delle  aristocrazie monarchiche e dunque all’avvento  dello  stato  di diritto  quale  stadio  di superamento della  precedenti forme  di comunità  politica,  feudale  e di polizia.  D’altra  parte,  il successivo  evolvere  dello  stato  liberale  di diritto, politicamente monoclasse,  verso  le più  complesse  esperienze della democrazia pluralista  e dello  stato  sociale,  non  poteva  che confermare la medesima  attenzione verso  la certezza  del diritto  costituzionale, aggiungendovi, peraltro, una  garanzia  ulteriore: quella  della  rigidità  della  costituzione. Con  l’espressione costituzione in senso  materiale si ritiene,  per  lo più , di non  dover intendere una  realtà  giuridica  dialetticamente contrapposta alla  forma  costituzionale, assoluta,  per  così  dire,  rispetto  a questa;  i tentativi, pur  esperiti,  di individuare una  materia  in se´  costituzionale sono  infatti  risultati tendenzialmente sterili,  o comunque limitati  al rinvenimento di un  dato  già pacificamente offerto  dalla  teoria  generale del diritto:  vale  a dire  l’esistenza di una  valenza  sostanziale del concetto di costituzione, per  cui questa  può  essere considerata, in una  prospettiva normativistica, quale  normazione sulla normazione. Piuttosto, con  l’espressione in esame,  si fa riferimento al concreto atteggiarsi  degli  equilibri  politici  ed  istituzionali,  ai principi  e alle norme  costituzionali per  come  recepiti  e realizzati  dalle  forze  politiche  e sociali, alla  costituzione nella  sua  dimensione ed  attuazione quotidiana. L’origine  del concetto è  legata,  peraltro, all’elaborazione di un’autorevole  dottrina, che volle  così  evidenziare l’importanza e il rilievo  anche  giuridico  di quella  complessa  rete  di forze  e finalità  politiche  che, si può  dire,  sta dietro  ad  una  costituzione, rappresentando il fattore propulsivo  della  fase costituente,  prima,  e poi  il nucleo  attivo  che muove  e guida  lo sviluppo dell’ordinamento; dunque una  realtà  giuridica  complessa,  che conferisce identità  e continuità  all’ordinamento statuale,  dal momento del suo sorgere al successivo  divenire.   
 interpretazione della costituzione:  caratteri peculiari  dell’interpretazione costituzionale possono  rinvenirsi  con  riguardo all’ambito  oggettuale e alla  metodologia. In relazione  al primo,  va considerato che numerose volte  l’attività  di interpretazione della  costituzione è  chiamata ad  operare in occasione  di un  giudizio sulla legittimità  costituzionale degli  atti  legislativi:  dunque l’interprete non  si  trova  a collegare  norme  a fatti,  bensì  norme  ad  altre  norme.  Quanto al  metodo, tende  ormai  a prevalere l’avviso secondo  cui l’interpretazione costituzionale non  può  essere  ordinata in canoni  ermeneutici normativamente prefissati,  secondo  lo schema  valevole  per  l’attività interpretativa in generale (cfr., per  il nostro  ordinamento, l’art. 12 delle preleggi);  l’interpretazione della  costituzione si muove,  in realtà , entro  ambiti  piuttosto ampi  ed  elastici,  privilegiando ora  l’uno  ora  l’altro  dei possibili  criteri  di ermeneutica (il criterio  storico,  quello  logicocostituzionesistematico, quello  teleologico), senza  ordini  di priorità  prestabiliti. Dato  certo  è , comunque, quello  della politicità  dell’interpretazione costituzionale, dal momento che essa  si inserisce  come  strumento giuridico  privilegiato nel processo  di sviluppo dell’ordinamento, attraverso il cammino  non  univoco  (ed  anzi  ricco di opzioni alternative) dell’attuazione del disegno  costituzionale. Di  qui  la delicatezza della  funzione  di quegli  organi  che, come  la nostra  Corte Costituzionale, si vedono  consegnatari dei poteri  più  incisivi per  l’interpretazione della  costituzione, in virtù  dell’esclusiva  nella  giurisdizione costituzionale; senza  peraltro dimenticare il ruolo  comunque rilevante esercitato dall’attività  legislativa  e da  quella  giurisdizionale, dalle convenzioni  e consuetudini costituzionali e, in misura  diversa,  dalla  stessa attività  amministrativa.  
 limiti alla revisione della costituzione:  con  la nozione  di limite  alla  revisione  si indicano quei  profili  normativi di un  dettato costituzionale che sono  da considerare non  modificabili  e dunque sottratti all’esercizio  della  stessa attività  di revisione.  Quando la costituzione è  rigida  l’esistenza  dei limiti in parola vale  a rafforzare sensibilmente la sua  stabilità , affiancandosi alla  garanzia già  rappresentata dalla  previsione  di procedure ad  hoc  per  la sua modificazione (si parla  di rigidità  sostanziale,  che si sovrappone a quella  di carattere formale).  Impostazioni di tipo  formalistico, prevalenti nel passato, riconoscevano valore  giuridico  soltanto a quei  limiti che fossero  espressi come  tali  da  specifiche  disposizioni  della  costituzione (c.d.  limiti espliciti),  talvolta riducendone la portata applicativa all’esercizio  di una  doppia  revisione  (la prima  per  rimuovere la normacostituzionelimite, la seconda  per  introdurre la modificazione dianzi  vietata). Lo  sviluppo  delle  riflessioni  dottrinali ha  però condotto ad  un’estensione di orizzonte, portando a riconoscere l’esistenza non solo  di limiti impliciti  (ricavabili  in via interpretativa dalla  formulazione di talune  disposizioni  della  costituzione), ma anche  di limiti taciti,  identificabili con  i principi  fondamentali dell’ordinamento, a prescindere dalla  loro riconducibilità  al testo  costituzionale (limiti  che il potere di revisione incontra  in quanto potere costituito, come  tale  non  legittimato ad  alterare i  tratti  essenziali  del disegno  costituzionale cui esso  deve  il proprio fondamento). Parallelamente, si è  venuta  precisando la reale  valenza normativa dei limiti alla  revisione,  scorgendosi  in essi fattori  di individuazione dell’identità  e continuità  di un  dato  ordinamento, piuttosto che sterili  divieti  destinati ad  annullarsi di fronte  all’inarrestabile divenire degli  ordinamenti. In  questa  direzione  si è  orientata, nel nostro  sistema, anche  la giurisprudenza costituzionale, affermando l’esistenza  di alcuni principi  supremi  che non  possono  essere  sovvertiti  o modificati  nel loro contenuto essenziale  neppure da  leggi di revisione  costituzionale o da  altre leggi costituzionali e identificando tali  principi  con  l’insieme  dei valori supremi  sui quali  la costituzione italiana  si basa,  al di là  del limite  espresso  contenuto nell’art.  139 Cost.  (cfr.  Corte  cost. 1146/1988). In  regime  di costituzione flessibile  il riconoscimento di limiti alla  revisione  appariva problematico, data  la pienezza di potere che il legislatore  ordinario sembrava poter  vantare in materia. L’ammissibilità  di limiti venne  peraltro gradualmente prospettandosi, sotto  un  duplice  profitto:  a) tendenziale invalidità  di revisioni  implicite,  non  operate con  leggi espressamente destinate alla modifica  della  costituzione e legate,  invece,  a semplici  situazioni  di incompatibilità  fra norme  legislative  e disposizioni  costituzionali; b)  riconoscimento del valore di limite  ai principi,  alle  norme  e agli istituti  che caratterizzavano l’ordinamento dato,  fissandone  il tipo  di regime.   
 mancata o tardiva attuazione della costituzione:  la non  attuazione della  costituzione è  fenomeno che si manifesta non  tanto,  come  invece  accade  per  le altre  fonti  del diritto, a livello  di amministrazione o di giurisdizione,  quanto sul piano  dell’attività  legislativa,  le tante  volte  in cui questa  è  chiamata ad  attuare, appunto, e ad integrare disposizioni  costituzionali che, di per  se´  sole, non  risultano immediatamente applicabili  a rapporti intersoggettivi, ne´  in grado  di dar vita  a forme  di organizzazione istituzionale. Di  massima,  la distinzione fra tardiva  e mancata  attuazione viene  a dipendere dalla  prospettiva temporale dell’osservatore, le occasioni  di mancata  attuazione potendo trasformarsi, una  volta  superate, in altrettanti esempi  di attuazione tardiva.  Talvolta, perciò , possono  evidenziarsi  ipotesi  di non  attuazione del dettato costituzionale che assumono i caratteri della  definitività , non  scorgendosi affatto  i termini  per  un  intervento, ancorche´  tardivo,  del legislatore. La nostra costituzione conosce  entrambi i tipi  di non  attuazione: si pensi,  da  un  lato,  al ritardo che ha  caratterizzato l’istituzione  della  Corte  Costituzionale, del Consiglio  superiore della  magistratura, delle  Regioni  di diritto  comune  e l’adozione  della  disciplina  legislativa  sul referendum popolare o sulla Presidenza del Consiglio  dei ministri;  dall’altro  lato,  alla  mancata  attuazione dell’art.  39 Cost.  (sul  riconoscimento della  personalità  giuridica  alle associazioni  sindacali)  o alle  vicende  della  programmazione economica. Il fenomeno della  non  attuazione, nel suo complesso,  assume  particolare rilevanza  per  quelle  costituzioni,  generalmente a carattere compromissorio, che sono  destinate ad  operare innovazioni  significative  all’interno  delle strutture dell’ordinamento; ed  è  il prodotto, per  lo più , di un  atteggiamento di inerzia,  se non  proprio ostruzionistico, che viene  solitamente manifestato da  forze  politiche  di maggioranza (non  interessate a quelle  linee  di sviluppo del sistema  che possono  alterare l’equilibrio  in cui esse  sono,  al momento,  dominanti), ma che può  essere  esercitato anche  da  gruppi  di minoranza ovvero  da  forze  economiche e sociali  (potentati industriali e finanziari, sindacati,  altre  formazioni sociali).  Quando tende  ad  assumere  un  carattere di definitività , la non  attuazione della  costituzione può  rappresentare una  forma  di modificazione tacita  della  stessa:  ciò  accade,  generalmente, con  limitato riferimento a quelle  parti  del disegno  costituzionale che non  risultano essenziali  per  la definizione della  forma  dello  stato  e della  forma  di governo (si pensi  ancora,  per  il nostro  ordinamento, alla  mancata attuazione  dell’art.  39 Cost.).   
 materia della costituzione:  alla  costituzione costituzione si riferisce  l’art. 72, comma  4o, Cost.,  che indica per  quali  disegni  di legge debba  essere  sempre  adottata la procedura normale  di esame  di approvazione diretta da  parte  delle  Camere. L’interpretazione di tale  concetto non  è  univoca:  vi è  chi ritiene  che rientrino nella  costituzione costituzione le leggi ordinarie integrative o attuative della Costituzione (ad  es., leggi sul referendum abrogativo o quelle  relative  alla finanza  regionale); secondo  altri  si deve  fare  riferimento alle  disposizioni che delimitano il senso  di una  dichiarazione costituzionale o ne determinano la portata; da  altri  ancora  la costituzione costituzione è  identificata con  l’indirizzo politico  generale o con  gli elementi costitutivi  dello  Stato;  infine,  potrebbe essere  intesa  come  relativa  a rapporti già  regolati  con  legge costituzionale dalla  Assemblea costituente. L’interpretazione fornita  dalla  Corte Costituzionale (sent.  n. 168 del 1963) è  invece  nel senso  dell’identificazione delle  leggi in costituzione costituzione con  quelle  di revisione  e con  le altre  leggi costituzionali approvate ai sensi  dell’art.  138 Cost..    
 modificazioni tacite della costituzione:  sono  tali  quelle  alterazioni del disegno costituzionale che si verificano  al di fuori  di una  revisione  formale,  per  lo più  ad  opera  delle  consuetudini e dell’attività  interpretativa, ma anche  delle forme  di mancata  o incompleta attuazione della  costituzione. Esse  possono rappresentare, segnatamente nei sistemi  con  costituzione rigida,  un  veicolo  di aggiramento delle  garanzie  predisposte per  la revisione,  del quale  possono giovarsi  soprattutto quelle  forze  politiche  che riescono  ad  esercitare un  peso rilevante e continuativo all’interno  del quadro istituzionale (con conseguente influenza  sui processi  formativi  di consuetudini, sull’attività  di interpretazione, sull’attuazione legislativa  della  costituzione). Il fenomeno in parola tende  peraltro a concretizzarsi non  tanto  in veri e propri  mutamenti del disegno  costituzionale, quanto in forme  di diversione  nel processo  di attuazione dello  stesso,  di parziale  tradimento di talune  sue  previsioni,  di alterazione di qualche  particolare meccanismo  istituzionale, di imposizione di determinate letture o comparazioni di valori  costituzionali piuttosto che di altre.  La  sua  efficacia  risulta  irrobustita dal grado  di elasticità  della  costituzione cui si riferisce;  ma è  comunque assicurata,  in qualunque sistema,  in virtù  delle caratteristiche strutturali delle  forme  in cui esso  si manifesta (l’impronta dell’effettività , nelle  consuetudini; l’esercizio  della  giurisdizione costituzionale,  per  quanto concerne l’attività  di interpretazione della  costituzione da parte  delle  apposite  corti;  la discrezionalità  del legislatore  e la mancanza di diretti  strumenti sanzionatori nei confronti  delle  sue  inadempienze, per  quel che riguarda  la non  attuazione del dettato costituzionale). Fenomeno diverso  è , invece,  quello  delle  c.d. revisioni  tacite:  esso  si verifica  in tutte  le  ipotesi  in cui atti  legislativi  dotati  di adeguata veste  formale  (e  dunque leggi  ordinarie nel caso  di costituzioni  flessibili, leggi aggravate nel caso  di costituzioni  rigide)  introducono, per  una  determinata materia, una  disciplina contrastante con  quella  posta  dalla  costituzione e tuttavia  si tratta di atti  non espressamente adottati al fine di una  revisione  di quest’ultima. Il problema, affrontato dalla  dottrina, risulta  strettamente connesso  con  le tematiche della  distinzione fra leggi di revisione  e altre  leggi formalmente costituzionali e del riconoscimento di limiti alla  revisione  anche  in regime di costituzione flessibile.   
 origini della costituzione italiana:  il processo  storico  costituente che ha  dato  origine alla  costituzione italiana  del 1948 può  essere  idealmente suddiviso  in due  fasi: quella della  c.d. costituzione provvisoria,  dalla  caduta  del regime  fascista  al referendum istituzionale del 2 giugno  1946; e quella  dell’elaborazione della  carta costituzionale, dal giugno  del ’46 al gennaio  del 1948. La  prima  fase fu segnata  dall’opera dei Comitati di liberazione nazionale,  soggetti politicocostituzionerivoluzionari che raccoglievano la quasi  totalità  dei partiti antifascisti,  impegnati nell’azione  di smantellamento dello  sconfitto  regime  e di lotta  contro  le forze  di occupazione che ne  costituivano l’estremo sostegno.  Fra  i momenti politicamente e giuridicamente più  importanti di questo  periodo sono  da  evidenziare: il patto  di Salerno  (con  cui la Corona e i partiti  antifascisti  si accordarono circa le linee  di svolgimento  delle future  vicende  istituzionali); l’emanazione dei decreti  n. 151 del 1944 e n. 98 del 1946 (sui  poteri  dei governi  provvisori,  la scelta  istituzionale fra monarchia e repubblica, l’elezioni  e i poteri  dell’Assemblea costituente); lo  svolgimento  delle  elezioni  per  la formazione dell’Assemblea costituente e la contestuale consultazione referendaria per  la scelta  istituzionale, in data  2 giugno  1946. La  seconda  fase fu invece  caratterizzata dall’opera delle  forze politiche,  rappresentate in seno  all’Assemblea, per  la stesura  della  nuova carta  fondamentale. Tale  opera  si manifestò  attraverso forme  piuttosto articolate: a) costituzione di una  Commissione di 75 deputati (presieduta dal giurista  Meuccio  Ruini)  per  l’elaborazione del testo  costituzionale; b) svolgimento  dei lavori,  da  parte  di questa  Commissione, mediante la sua scomposizione in tre  Sottocommissioni (per  i diritti  civili e politici, l’organizzazione dello  Stato,  i rapporti economici  e sociali),  a loro  volta articolate in comitati  di lavoro;  c) coordinamento e riformulazione del testo, così elaborato, ad  opera  di un  comitato di redazione di 18 membri (espressione sempre  della  Commissione dei 75); d)  discussione  e approvazione del progetto attraverso 173 sedute  del plenum  dell’Assemblea costituente (presieduta da  Giuseppe Saragat,  prima,  e da  Umberto Terracini, poi),  con  votazione finale  (a  larghissima  maggioranza favorevole) in data  22 dicembre  1947. La  nuova  costituzione fu poi  promulgata da  Enrico  De Nicola  (eletto nel giugno  del ’46, dalla  stessa  Assemblea costituente, quale Capo  provvisorio dello  Stato)  il 27 dicembre  successivo  ed  entrò  in vigore  il 1o  gennaio  1948; mentre l’Assemblea  utilizzava  la seconda,  ultima,  proroga del suo mandato per  l’approvazione della  legge sulla stampa  e degli  Statuti delle  Regioni  autonome.  
 procedimento  di revisione della costituzione:  la previsione  di uno  specifico procedimento per  la revisione  costituzionale, distinto  da  quello  legislativo  ordinario, è  ciò  che fa definire  rigida  la costituzione cui esso  appartiene. Di  diverso tipo sono  i procedimenti di revisione  che le costituzioni  propongono all’attenzione degli  studiosi.  Ciascuno  di essi tende  a soddisfare  un determinato, particolare interesse,  nell’ambito di quella  finalità  più  generale, cui la rigidità  costituzionale è  comunque preordinata, che è  la stabilità  della costituzione. Si hanno,  così, procedimenti volti a garantire soprattutto la ponderazione del progetto di revisione,  mediante una  loro  articolazione che si sviluppa nell’arco  di più  deliberazioni o addirittura di più  di una  legislatura;  altri destinatari ad  assicurare forte  tutela  alle  minoranze parlamentari, attraverso la previsione  di alti  quorum per  l’approvazione del disegno  di revisione; procedimenti incentrati sull’espressione diretta e decisiva  della  volontà popolare, tramite un  referendum posto  come  momento centrale e necessario  dell’inter  legislativo;  altri  caratterizzati dalla  specialità  dell’organo rappresentativo (Assemblea formata ad  hoc)  che pone  in essere  l’atto  di revisione;  altri  ancora  che presentano una  composizione più  o meno  varia dei  caratteri strutturali precitati. A  quest’ultima classe è  ascrivibile  il procedimento per  la revisione  previsto  e regolato  dall’art.  138 della  costituzione italiana.  A  parità  di disciplina  per  quanto concerne la fase dell’iniziativa  e quella  della  pubblicazione conclusiva  (dopo  la promulgazione) sulla Gazzetta Ufficiale,  esso  si distingue  dal procedimento legislativo  ordinario per  una  pluralità  di elementi.  A)  Il progetto di legge di revisione  deve essere  approvato da  ciascuna  Camera attraverso due  deliberazioni, intervellate da  un  periodo di tempo  non  inferiore a tre  mesi; la seconda deliberazione non  consente la presentazione di emendamenti e richiede  come  quorum la maggioranza assoluta  dell’assemblea. B)  Il testo  legislativo, in questo  modo  licenziato  dalle  Camere, viene  pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale  ed  entro  tre  mesi può  essere  assoggettato a referendum popolare, su iniziativa  di 500.000 elettori o di 5 consigli regionali  o di 1/5 dei membri di una  Camera. C)  La  mancata  richiesta  del referendum ovvero  il suo svolgimento  con  esito  positivo  consentono la promulgazione del testo legislativo  da  parte  del Presidente della  Repubblica; alla  promulgazione si perviene invece  direttamente, subito  dopo  la fase parlamentare, quando nella  seconda  deliberazione ciascuna  Camera approva il progetto di legge con una  maggioranza non  inferiore ai 2/3 dei propri  componenti. Rispetto a questo  complesso  iter  l’attenzione della  dottrina si è  per  lo più  concentrata sul ruolo  della  consultazione referendaria; non  tanto  intorno al quesito  circa la sua  natura giuridica  (se  di elemento costitutivo  o semplice  condizione di efficacia),  quanto per  la valutazione sull’opportunità  di trasformarla in momento centrale e necessario  del procedimento di revisione,  al fine di rendere più  incisivo e decisivo  l’intervento del popolo  sovrano.  (F. Frettoni). 
 rottura della costituzione:  è  definita  come  tale  la situazione di contrasto fra una norma della  costituzione, che esprima  una  regola  di carattere generale o sia enunciazione di un  principio,  ed  altra  norma  della  stessa  carta  che, con riferimento ad  una  o più  situazioni  specifiche,  pone  una  regola  derogatoria rispetto  alla  prima.  La  norma  derogante può  anche  essere  contenuta al di fuori  del testo  costituzionale, se viene  posta  da  un  atto  legislativo formalmente costituzionale (adottato, cioe´ , secondo  le procedure sulla  revisione):  in questo  caso  è  importante stabilire  se di vera  deroga  si tratti  o non  piuttosto di un  tentativo di revisione  tacita,  della  cui legittimità  è consentito dubitare. Le  rotture della  costituzione sono  generalmente ammesse  dalla dottrina, poiche´  valgono  a soddisfare  un’irriducibile esigenza  di articolazione e definizione dell’ambito applicativo di talune  disposizioni costituzionali; ma un  limite  alla  loro  ammissibilità  è  stato  comunque rinvenuto con  riguardo alla  ratio  che ne  motiva  l’adozione:  la deroga  deve essere  ritenuta non  legittima  quando non  risulta  funzionale  all’equilibrio complessivo  dell’ordinamento o, ancor  di più , quando si presenta come sostanziale svuotamento di taluno  dei suoi  principi  fondamentali. Casi  di costituzione costituzione sono  considerate, nel nostro  ordinamento, le norme  contenute nella  XII  e XIII  delle  disposizioni  transitorie e finali  della  costituzione  
 tipi di costituzione:  oltre  alle  classificazioni  di più  immediata rilevanza  giuridica,  come quelle  relative  alla  forma,  alle  modalità  della  revisione  e al tipo  di formulazione delle  disposizioni  della  costituzione (v. costituzione in senso formale  e materiale; flessibilità  e rigidità  della costituzione; elasticità della costituzione), la dottrina suole  operare altre distinzioni,  a carattere più  propriamente descrittivo  e politicocostituzioneideologico. Si distinguono così: a) costituzioni  brevi  e costituzioni  lunghe,  sulla base  del numero degli  articoli,  dell’articolazione delle  disposizioni,  delle  materie  che ne  sono  oggetto;  b)  costituzioni  bilancio  e costituzioni  programma, in ragione  dell’obiettivo di fondo  che le ispira,  di conservazione oppure di trasformazione dell’esistente; c) costituzioni  ordinative e costituzioni convenzionali o compromissorie, a seconda  che l’azione  costituente sia stata segnata  da  una  sola forza  (o  da  più  forze  politiche  tra  loro  omogenee)  ovvero  dal concorso  di più  forze  di orientamento ideologico  divergente, che abbiano trasfuso  nel testo  costituzionale l’equilibrio  politico  raggiunto;  d) costituzioni  ottriate, costituzioni  pattizie  e costituzioni  originarie,  con riguardo al tipo  di genesi  storica  e politica  (rispettivamente: concessione  da parte  del sovrano,  accordo  fra sovrano  e altri  soggetti  dell’ordinamento oppure accordo  fra più  stati,  esito  vittorioso di un  moto  rivoluzionario o di un  colpo  di stato). 		
			
| Costituto possessorio | | | Costituzione delle parti |