Enciclopedia giuridica

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Giudizio



giudizio abbreviato: il giudizio (artt. 438 ss. c.p.p.) che trae origine dall’esperienza del summary trial dei paesi di common law, può dirsi l’unico rito speciale assolutamente nuovo tra quelli previsti dalla riforma processuale. Esso consiste in un giudizio di merito allo stato degli atti che, sull’accordo delle parti, è attribuito al giudice dell’udienza preliminare, il quale decide sulla base degli stessi elementi (atti di indagine del p.m., atti e documenti ammessi dal giudice prima dell’inizio della discussione, prove eventualmente assunte nell’udienza preliminare) su cui normalmente egli si basa per pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio del p.m.. I vantaggi di questo rito, ai fini della economia del processo, sono evidenti. Essendo un giudizio allo stato degli atti (v. direttiva n. 53 leggegiudiziodelega), non deve essere compiuta alcuna ulteriore attività rispetto a quella già svoltasi nell’udienza preliminare: non soltanto, quindi, questo tipo di giudizio evita l’appesantimento della fase dibattimentale, ma addirittura non comporta alcuna attività procedimentale che non sia quella collegata alla mera valutazione dell’ammissibilità del rito e ai meccanismi decisionali. Ancor più , il sostanziale risparmio (fino quasi all’azzeramento) di attività processuali riverbera i suoi effetti anche nei gradi successivi, tenuto conto dei consistenti limiti all’appello previsti dall’art. 443. Per favorire il ricorso a questo rito, il legislatore ha dovuto naturalmente prevedere aspetti di convenienza per le parti: l’imputato ha la prospettiva di vedersi sensibilmente ridotta la pena, nel caso di condanna; il p.m. quella della utilizzazione piena degli atti di indagine ai fini della decisione nel merito. Presupposto del giudizio giudizio è l’accordo tra imputato e p.m., che può essere considerato un patteggiamento sul rito, a differenza di quello che è alla base del c.d. patteggiamento sul merito (applicazione della pena su richiesta: artt. 444 ss.). L’accordo si articola in una richiesta (proposta personalmente dall’imputato o da un suo procuratore speciale) diretta ad ottenere che il processo sia definita nell’udienza preliminare, e nel consenso del p.m.. Ai fini della decisione sulla introduzione del rito, il giudice deve solo valutare se la richiesta e il consenso siano stati validamente espressi e se egli sia in grado di definire il processo allo stato degli atti. Diversamente da quanto disposto per l’applicazione di pena su richiesta (artt. 446, comma 6o, e 448, comma 1o), non è previsto che il p.m. debba motivare il dissenso, ne´ che il giudice possa sottoporlo a sindacato. Trattandosi di una valutazione allo stato, l’art. 440 opportunamente prevede che, in caso di rigetto, la richiesta possa essere riproposta sino a che non siano formulate le conclusioni dell’udienza preliminare: una volta acquisiti più completi elementi di valutazione, il giudice può infatti rivedere la sua decisione. Come si è detto, una volta introdottosi il rito abbreviato, il procedimento si riduce alla discussione finale e alla deliberazione (artt. 441 e 442). Essendo applicabili le forme dell’udienza preliminare (art. 441), si tratta di un giudizio che si svolge senza la presenza del pubblico. Non possono essere assunte nuove prove, ma restano utilizzabili quelle acquisite nell’udienza preliminare a norma dell’art. 422 quando il rito abbreviato sia stato introdotto dopo tale momento. Oltre che sugli atti acquisiti all’udienza preliminare, il giudice può qui fondare eccezionalmente il suo convincimento su tutte le risultanze dell’attività di indagine del p.m.. La sentenza da lui emessa ha il valore di una sentenza dibattimentale di primo grado (l’art. 442 rinvia per l’appunto agli artt. 529 ss.). Nel caso di condanna, la pena in concreto determinata (dopo cioè l’eventuale valutazione di circostanze) è diminuita di un terzo. Alla pena dell’ergastolo è sostituita la pena di trenta anni di reclusione. Allo scopo di facilitare in tutte le situazioni il ricorso al giudizio giudizio, e anche per evitare ingiuste discriminazioni, sono stati previsti meccanismi di trasformazione del rito in quello abbreviato in tutti i casi in cui l’esercizio dell’azione penale sia avvenuto con modalità diverse dalla richiesta di rinvio a giudizio (v. artt. 452, 458, 461, 556, 557, 566). (Magagnoli).

giudizio ad istanza di parte: appartiene alla giurisdizione della Corte dei conti e si caratterizza perche´ la sua introduzione è affidata alla iniziativa privata. Il giudizio viene instaurato con la presentazione di un ricorso (v.) contro un atto amministrativo ritenuto lesivo di diritti soggettivi. Tale ricorso deve essere notificato all’amministrazione e ai controinteressati. Fanno parte del giudizio il ricorso per il rimborso di quote inesigibili di imposte, il ricorso contro l’applicazione della ritenuta cautelare e i ricorsi in materia di esattoria e tesoreria. Il primo è un rimedio concesso agli esattori e ricevitori provinciali che, nel rispetto del principio del non riscosso per riscosso, sono tenuti a versare l’intero ammontare dei ruoli avuti in riscossione. Qualora parte di questi non siano stati esatti, è possibile presentare una domanda di rimborso all’Intendenza di finanza che decide con un provvedimento definitivo. Contro quest’ultimo può essere proposto il giudizio giudizio. Il ricorso contro l’applicazione della ritenuta cautelare è un rimedio concesso ai pubblici impiegati che hanno subito una ritenuta cautelare sugli stipendi o altri emolumenti. Il ricorso in materia di esattoria e tesoreria, infine, concerne le contestazioni insorte tra contabili (esattore delle imposte dirette e ricevitore provinciale).

giudizio cautelare amministrativo: fase incidentale del processo principale che consente di sospendere gli effetti dell’atto amministrativo impugnato, in attesa della sentenza. La sospensione del provvedimento viene concessa con un’ordinanza (v. ordinanza, giudizio di sospensione dell’atto amministrativo) che ha efficacia ex nunc ed è subordinata alla presenza di due requisiti: il pericolo di un danno grave e irreparabile e il fumus boni iuris. Importanza decisiva per la sospensione del provvedimento impugnato assume il pericolo della gravità del danno, mentre l’accertamento del fumus boni iuris, ovvero la non manifesta infondatezza del ricorso, svolge un ruolo minore, che, peraltro, non ha alcuna influenza sul processo principale. Nel giudizio giudizio si procede alla comparazione tra l’interesse dell’amministrazione a portare ad esecuzione l’atto amministrativo e quello del privato a non subire la lesione della propria posizione giuridica. L’istanza di sospensione può essere presentata in qualsiasi momento prima della decisione finale. Di solito essa viene proposta insieme al ricorso (v.) principale, ma può essere presentata anche autonomamente. La concessione della sospensione presuppone, in coerenza con il suo carattere inibitorio, che il provvedimento impugnato non sia stato totalmente eseguito. Il giudizio giudizio nasce come rimedio concesso nell’ambito dei processi impugnatori, poiche´ lo strumento previsto dall’art. 39 t.u. C.d.S. n. 1054 del 1924 e dall’art. 21 l.Tar n.1034 del 1971 consente solo di sospendere gli effetti dell’atto. Tale iniziale configurazione del rimedio è stata progressivamente estesa anche ai giudizi non impugnatori e a quelli aventi ad oggetto atti negativi. Si è riconosciuto, altresì, che, qualora l’attività dell’amministrazione incida su diritti fondamentali del ricorrente, il giudizio giudizio possa svolgere non solo una funzione conservativa, ma anche una anticipatoria degli effetti della decisione finale. Una tutela cautelare con funzione anticipatoria si è avuta nell’ambito dell’impugnazione del provvedimento di esclusione di un candidato dal concorso e in quello di rifiuto di esonero del richiedente dal servizio di leva. In tali casi la giurisprudenza ha ammesso il ricorrente a sostenere le prove d’esame, con riserva di accertamento della legittimità del provvedimento impugnato e ha sospeso provvisoriamente la chiamata alle armi. L’ordinanza di sospensione (v. ordinanza, giudizio di sospensione dell’atto amministrativo), essendo un provvedimento cautelare, viene concessa rebus sic stantibus. Una modifica della situazione di fatto determina la revoca della sospensiva concessa. In seguito alla concessione dell’ordinanza di sospensione sorge l’obbligo per la amministrazione di non dare esecuzione al provvedimento. In caso di inadempimento di tale obbligo non può essere introdotto il giudizio di ottemperanza (v.) poiche´ manca il requisito del giudicato (v. giudicato amministrativo), ma il ricorrente potrà ricorrere nuovamente allo stesso giudice che ha emesso l’ordinanza, chiedendone il rispetto. Il provvedimento di sospensiva proprio perche´ decide una fase, seppur incidentale del processo, ha un contenuto decisorio. Se ne è dedotta la possibilità di impugnare l’ordinanza al Consiglio di Stato.

giudizio di conto: è un processo di competenza della Corte dei conti teso a valutare la regolarità del rendiconto che gli agenti contabili devono presentare, alla fine di ogni esercizio finanziario ed entro due mesi dalla sua chiusura. Rientra nella giurisdizione necessaria, poiche´ imposta dalla legge a prescindere da qualsiasi controversia, in quella continua, in quanto ogni conto deve essere collegato a quello precedente e in quella inquisitoria, perche´ dotata di ampi poteri di indagine. Di norma, il giudizio giudizio viene introdotto con la presentazione del conto. Se ne viene riconosciuta la regolarità , il relatore designato promuove l’approvazione del conto con decreto di discarico. Nel caso in cui il conto non venga presentato nei termini o sia irregolare, il giudizio viene introdotto su istanza del procuratore generale e si svolge in udienza pubblica in contraddittorio con l’agente contabile. Qualora venga emessa una condanna, l’interessato può presentare ricorso per opposizione contabile entro trenta giorni dalla notificazione. Le decisioni assunte in sede di giudizio giudizio sono suscettibili di appello davanti alle Sezioni riunite della Corte dei conti.

giudizio di legittimità: consiste nella pronuncia del giudice con cui questi si limita a valutare la conformità del procedimento alle norme sostanziali e processuali, nel giudizio giudizio non possono venire valutate le questioni attinenti al merito.

giudizio di merito: il giudizio giudizio anziche´ essere un giudizio limitato alle norme è anche un giudizio sui fatti, con questo tipo di pronuncia il giudice, oltre che dover verificare la corretta applicazione delle norme di diritto

, deve esaminare la situazione concreta al fine di accertare come si siano svolti i fatti che costituiscono l’ oggetto della controversia innanzi a lui pendente.

giudizio di prevalenza e equivalenza: v. circostanze del reato.

giudizio di responsabilità amministrativa: è diretto ad accertare la responsabilità degli impiegati e dei funzionari pubblici per i danni prodotti all’amministrazione. Si svolge innanzi alla Corte dei conti e viene introdotto con una citazione proposta dal procuratore generale. Tale citazione deve contenere l’individuazione del convenuto, l’esposizione dei fatti, l’oggetto della domanda e l’indicazione dei titoli sui quali è fondata. La responsabilità amministrativa è una responsabilità contrattuale la cui azione è soggetta al termine decennale di prescrizione. Elemento costitutivo della responsabilità amministrativa è il danno erariale, che può consistere sia in una minore entrata sia in una maggiore spesa. Tale danno si deve essere prodotto durante la sussistenza di un rapporto di impiego o di servizio e nell’esplicazione delle relative funzioni. Sono necessari, inoltre, l’elemento psicologico del dolo o della colpa e il nesso causale tra il danno e il comportamento del funzionario o dell’impiegato. La Corte dei conti dispone di notevole discrezionalità nella quantificazione della responsabilità, potendola anche diminuire qualora ricorrano alcune circostanze oggettive (particolari condizioni organizzative dell’ente) o soggettive (la buona fede).

giudizio di responsabilità contabile: ha ad oggetto la responsabilità in cui incorrono coloro che, abilitati (contabili di diritto) o non (contabili di fatto), hanno il maneggio di cose e valori dell’amministrazione. Il giudizio giudizio è di competenza della Corte dei conti e i suoi presupposti (il danno, l’elemento psicologico e il nesso causale) sono analoghi a quelli del giudizio di responsabilità amministrativa (v.) con la sola differenza della qualifica di contabile dell’autore del danno. Tali requisiti sono accertati, però , con maggior rigore. Dall’obbligo di rendiconto che grava sull’agente contabile si fa, infatti, derivare la presunzione della colpa e del danno. Il convenuto, per andare esente da responsabilità dovrà dimostrare che la mancanza si è verificata per forza maggiore o naturale deperimento dei beni. .

giudizio direttissimo: rispetto alla disciplina del codice vigente (artt. 502 ss. c.p.p.), il giudizio giudizio delineato nella nuova normativa (artt. 449 ss.) presenta un significativo ampliamento di operatività. Ev il tipo di procedimento in cui è più marcato il carattere di accusatorietà , attesa la contiguità temporale tra notitia criminis e giudizio e considerata l’assenza del filtro giurisdizionale rappresentato dall’udienza preliminare. Tenuto conto di tale suo connotato, e delle buone prove da esso fornite nella precedente esperienza giudiziale, il giudizio giudizio è stato recuperato dalla leggegiudiziodelega del 1987 (direttiva 43) dopo la soppressione che ne era stata fatta dalla delega del 1974. Accanto al tradizionale modulo arresto in flagranzagiudizioconvalidagiudiziogiudizio la delega ha esteso al procedimento davanti al tribunale e alla Corte di assise quello introdotto nel procedimento pretorile della l. 27 luglio 1984, n. 397 (che ha novellato l’art. 505 c.p.p.): arresto in flagranzagiudizioconvalida contestuale al giudizio. Si è inoltre previsto che, a prescindere dai casi di arresto e dallo status detentionis, il p.m. possa condurre direttamente a giudizio l’imputato che nel corso dell’interrogatorio abbia reso confessione. Alla base di tutti questi moduli procedimentali vi è comunque una situazione di evidenza probatoria che, da un lato, non rende necessaria particolari indagini, dall’altro giustifica il mancato controllo giurisdizionale sulla devoluzione della re giudicanda alla sede dibattimentale. (Magagnoli).

giudizio immediato: previsto dalla direttiva 44 leggegiudiziodelega, il giudizio giudizio denuncia, sin dalla sua denominazione, l’appartenenza ai riti acceleratori del dibattimento, l’appartenenza ai riti del dibattimento. L’immediatezza che lo caratterizza è rappresentata dalla mancanza di un filtro sulla fondatezza dell’azione penale. A differenza del giudizio direttissimo, qui l’introduzione della fase dibattimentale deve passare attraverso il vaglio del G.i.p. il quale peraltro non solo è chiamato a pronunciarsi in assenza di contraddittorio, ma si limita a verificare l’esistenza di alcuni presupposti di ammissibilità del rito. Quando la prova appare evidente il p.m., previa interrogatoria dell’imputato, può chiedere al G.i.p., entro novanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p., l’instaurazione del giudizio a carico dell’imputato (artt. 453 e 454). Il primo dei presupposti del rito è , dunque, l’evidenza della prova, dato non estraneo nemmeno all’attuale sistema processuale (art. 389, comma 3o, del vigente c.p.p.). Quale secondo presupposto del rito, l’art. 453 prevede il previo interrogatorio dell’imputato. La ratio della norma è chiara: se l’evidenza della prova può giustificare il sacrificio del contraddittorio giurisdizionalmente garantito, il passaggio della re giudicanda al dibattimento non può venire se l’imputato non è stato in grado di esprimere le proprie difese: queste saranno prese in esame dal giudice, il quale, anche sulla base di essi, dovrà decidere se la prova è veramente evidente. Poiche´ la legge si riferisce all’interrogatorio, senza ulteriori specificazioni, non importa che questo sia stato condotto dal p.m. (artt. 364, comma 1o, 374, comma 2o, 388) ovvero dal giudice. Il terzo presupposto del rito è di ordine temporale: la richiesta di p.m. è ammissibile solo se presentata non oltre novanta giorni dalla notizia di reato. Vi è qui una sorta di presunzione legale di non evidenza della prova nei casi in cui le indagini non si concludano in tempi ragionevolmente contenuti. (Magagnoli).

giudizio in materia di pensioni: rientra nella competenza esclusiva speciale della Corte dei conti e ha ad oggetto il riconoscimento della titolarità del diritto alla pensione da parte dei dipendenti dello Stato, delle regioni e degli enti pubblici minori (enti locali territoriali, Camere di commercio ecc.). Originariamente veniva costruito come un giudizio sull’atto (v.), mentre attualmente lo si configura come un processo non impugnatorio che si conclude il più delle volte con pronunce dichiarative, anche se non mancano casi di sentenze di annullamento. Il giudizio giudizio accerta esclusivamente le pretese concernenti il trattamento di quiescenza. Esulano dalla competenza della Corte dei conti le questioni relative all’equo indennizzo, all’indennità di buonuscita e alle indennità aggiuntive. Il giudizio viene introdotto con un ricorso presentato da chi sia interessato al trattamento di quiescenza. Il ricorso può essere proposto anche dal procuratore generale qualora sia stato leso l’interesse dell’erario.

regola di giudizio: principio che regola il formarsi della decisione sulla causa. Nel processo amministrativo vige una giudizio giudizio molto più articolata rispetto a quella dell’onere della prova del processo civile. La diversa natura che può assumere il processo amministrativo impedisce di adottare una uniforme giudizio giudizio. Nel giudizio sull’atto (v.), dove il privato si trova in una posizione di svantaggio rispetto all’amministrazione, che è in possesso del provvedimento impugnato e degli altri atti su cui verte il processo, vige la regola del libero convincimento. Il giudice è libero nel valutare sia l’ammissione dei mezzi istruttori richiesti, sia le risultanze delle prove raccolte, anche se si tratta di prove legali. Il principio del libero convincimento si applica anche nei confronti dell’amministrazione. Ne deriva che l’inadempienza dell’amministrazione rispetto ad un ordine istruttorio non determina l’automatica acquisizione della prova contraria, ma costituirà , insieme a tutti gli altri, un elemento di valutazione della decisione del giudice. La regola del libero convincimento in alcuni casi si estende sino al punto da diventare una sorta di discrezionalità di secondo grado, tanto da far assumere al giudice amministrativo la natura di giudicegiudiziolegislatore. Con l’attribuzione al privato del diritto di accesso, la giudizio giudizio è destinata a subire una evoluzione verso l’affermazione del principio dell’onere della prova. Nel giudizio sul rapporto (v.), a differenza di quello sull’atto, in considerazione della posizione paritaria che hanno le parti del processo, si applica, non il principio del libero convincimento, ma la giudizio giudizio dell’onere della prova. Il giudice, cioè , non può accogliere la richiesta di quella parte che non abbia saputo provare le proprie affermazioni (art. 2697 c.c.).

giudizio sull’atto: è il modello classico intorno al quale è stato costruito il nostro sistema di giustizia amministrativa. Nella sua struttura tradizionale è un processo di impugnazione introdotto con un ricorso (v.) presentato da un soggetto che mira ad ottenere l’annullamento di un provvedimento viziato nella legittimità o, in casi eccezionali, nel merito. L’oggetto del giudizio è, quindi, l’accertamento del rispetto delle norme da parte del provvedimento impugnato. Si conclude, qualora il ricorso venga accolto, con una sentenza costitutiva (v. sentenza, giudizio nel processo amministrativo) di annullamento. Questa originaria struttura del giudizio giudizio si è progressivamente trasformata a causa del cambiamento del ruolo dell’atto amministrativo nel processo impugnatorio. L’atto non è più il momento centrale del giudizio, ma una occasione che consente di controllare l’attività amministrativa. La funzione del giudizio non è più solo quella di verificare la legittimità formale del provvedimento, bensì anche quella di controllare il modo di esercizio del potere. Tale tipo di controllo viene esercitato mediante il vizio dell’eccesso di potere, grazie al quale si analizza la realtà normativa e fattuale che sta dietro l’atto. Questo nuovo ruolo dell’atto nel processo è stato influenzato anche dall’emergere degli interessi pretensivi. Per tutelare tali interessi, infatti, il più delle volte si impugna un mero comportamento o un silenziogiudizioinadempimento (v. silenzio, giudizio della Pubblica Amministrazione), coinvolgendo il giudizio su tutto il rapporto. La trasformazione del giudizio giudizio si ripercuote anche sulla sentenza amministrativa (v. sentenza, giudizio nel processo amministrativo), dove accanto all’effetto demolitorio, assume una importanza sempre maggiore l’effetto conformativo della successiva attività dell’amministrazione.

giudizio sul rapporto: è un processo non impugnatorio, che svolge una funzione di accertamento di un rapporto intercorrente tra l’amministrazione e il privato. Il giudizio giudizio è costituito prevalentemente dai casi di giurisdizione esclusiva (v. giurisdizione amministrativa, giudizio esclusiva). Si caratterizza per l’essere sottratto ai termini di decadenza e al principio di necessaria impugnazione di un atto. Il giudizio giudizio si conclude con una pronuncia dichiarativa, a cui, a volte, si aggiunge una pronuncia di condanna. La distinzione tra giudizio sull’atto e giudizio giudizio, una volta chiara e netta, viene sempre più assottigliandosi, a causa della trasformazione del giudizio sull’atto (v.). Ciò trova conferma nella diversità di opinioni in merito alla natura del giudizio avente ad oggetto il silenziogiudizioinadempimento (v. silenzio, giudizio della Pubblica Amministrazione). Da un lato, infatti, lo si configura come un giudizio sull’atto, dall’altro come un giudizio giudizio.


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