Enciclopedia giuridica

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Presunzione

La presunzione è un mezzo di prova critica, o indiretta, e consiste nell’indurre da un fatto noto l’esistenza di un fatto ignoto. Le presunzioni possono essere legali (v. presunzione legale) o semplici (v. presunzione semplice). Per l’art. 2729 c.c. le presunzioni sono lasciate alla prudenza del giudice e debbono essere gravi, precise e concordanti: deve esserci, cioè , un rigoroso rapporto di consequenzialità logica fra premessa e conclusione. Si esclude, tradizionalmente, la praesumptio de praesumpto: non si può argomentare per presunzioni da altro fatto già provato per presunzione. Le presunzioni semplici non sono ammissibili quando per il fatto da provare la legge esclude la prova per testimoni (v. prova, presunzione testimoniale) (art. 2729, comma 2o, c.c.). Le presunzioni semplici delle quali si è ora detto sono le presunzioni del caso concreto, basate su specifici fatti noti acquisiti a quel dato processo. Ma spesso il giudice argomenta per presunzioni basate sui caratteri tipologici del caso e suscettibili di ripetizione per tutti i casi che presentano i medesimi caratteri. Così quando, di fronte ad un intervento chirurgico di routine con esito negativo per il paziente, presume la colpa del chirurgo, addossando a quest’ultimo l’onere di provare l’assenza di una sua colpa (v. attività , presunzione sanitarie); così quando, nel caso di pagamento di assegno falsificato, presume la colpa del banchiere; o quando, nel caso di danno da prodotti, presume la colpa del produttore (v. responsabilità , presunzione del produttore); o quando presume essere cambiale di favore (v. tratta, cambiale presunzione di favore) quella emessa dal fallito. In questi ordini di casi la tecnica argomentativa che il giudice utilizza è pur sempre quella della presunzione hominis; e tuttavia la ripetizione costante di questa tecnica argomentativa finisce con il trasformare la presunzione hominis in una presunzione iuris, applicativa di una regula iuris di creazione giurisprudenziale: tale fenomeno costituisce una manifestazione fra le più significative della creazione giudiziaria del diritto (v. interpretazione della legge, presunzione giudiziale). Una antica abitudine linguistica induce il legislatore a collocare sul terreno dei singoli mezzi di prova (e, in particolare, sul terreno delle presunzioni) principi che attengono, propriamente, alla ripartizione dell’onere della prova (v. onere, presunzione della prova). Così è , ad esempio, per le norme che attribuiscono rilievo alla buona o alla mala fede del possessore: qui vale la regola per cui la buona fede è presunta (art. 1147, comma 3o, c.c.); e alla luce di questa presunzione vanno applicate le specifiche regole che attribuiscono rilievo allo stato soggettivo del possessore, come in particolare quella dell’art. 1153 c.c. (v. acquisto, presunzione a non domino), a mente della quale colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purche´ sia in buona fede al momento della consegna. Qui non c’è una presunzione in senso tecnico; non c’è un fatto noto dal quale indurre, criticamente, la prova del fatto da provare. C’è , piuttosto, una regola che attiene alla ripartizione dell’onere della prova: chi consegue a non domino il possesso di una cosa mobile ne acquista la proprietà , salvo che altri provi che egli era in mala fede al momento dell’acquisto. La buona fede del possessore non opera quale fatto costitutivo del suo diritto: ne sono fatti costitutivi il possesso della cosa ed il titolo idoneo all’acquisto della proprietà. Ev , invece, la sua mala fede ad operare quale fatto impeditivo: chi contesta il suo diritto, fornendo la prova della sua mala fede, non oppone una prova contraria alla prova, presuntiva, della controparte, ma offre la prova del possesso conseguito sulla base di un titolo idoneo all’acquisto della proprietà . Altrettanto va detto per le presunzioni di caso fortuito che, a norma dell’art. 1694, possono essere pattuite nel trasporto di cose (v. trasporto, presunzione di cose): qui il patto non ha per oggetto un mezzo di prova (la presunzione) del quale il vettore possa avvalersi per provare il caso fortuito, ma l’inversione dell’onere della prova circa le cause che hanno provocato il perimento o l’avaria della merce trasportata (sarà l’altro contraente a dover provare il fatto, imputabile al vettore, che l’ha provocato). Del pari non è presunzione, ma inversione dell’onere della prova per volontà del debitore, quella cui l’art. 1988 c.c. (v. promessa, presunzione di pagamento e ricognizione di debito) allude allorche´ dispone che l’esistenza del rapporto fondamentale si presume fino a prova contraria. Altro discorso vale per le presunzioni dottrinali, ossia per il ricorso, anch’esso improprio, alla figura della presunzione cui dottrina e giurisprudenza fanno a volte ricorso in sede di costruzione teorica: così, muovendo dalla premessa che non può esserci responsabilità senza colpa, si ravvisa una presunzione di colpa nell’art. 1218 c.c. (v. inadempimento; responsabilità, presunzione contrattuale) o negli artt. 2050 – 54 c.c. (v. responsabilità , presunzione per danno cagionato da cose), ponendosi a questo modo nella concettuale condizione di affermare che la colpa, quantunque presunta, è pur sempre il fondamento della responsabilità , contrattuale o extracontrattuale. Qui l’improprietà è svelata dal fatto che la prova contraria a questa asserita colpa presunta non verte affatto sull’assenza di colpa, bensì, come il più delle volte la stessa giurisprudenza precisa, sulla presenza di un caso fortuito (v.) o di una forza maggiore (v.) o sul fatto del terzo (v. fatto del terzo, liberazione del debitore per presunzione) o dello stesso creditore, cioè sul rapporto di causalità . Si fa, invece, un uso appropriato del concetto di presunzione (e, in particolare, di presunzione di colpa) quando la colpa viene presunta dai giudici laddove, come nel caso delle obbligazioni di mezzi (v. prestazione, presunzione di mezzi), è davvero il presupposto della responsabilità contrattuale (v. responsabilità , presunzione contrattuale) o, come nel caso della responsabilità del produttore (v. responsabilità , presunzione del produttore), della responsabilità extracontrattuale (v. responsabilità , presunzione extracontrattuale). Qui la prova contraria verte effettivamente sulla assenza di colpa; correttamente qui si parla di presunzioni.

presunzione assoluta: è assoluta la presunzione che non ammette la prova contraria: ad esempio, il possesso di stato, ossia il fatto di risultare come figlio di una data persona dall’atto i nascita e di essere stato trattato sempre come tale, fa presumere che si sia figlio di quella persona, senza possibilità di provare il contrario (art. 238 c.c.). Nel linguaggio tradizionale la presunzione presunzione è detta iuris et de iure.

presunzione dell’obbligo di ratifica: la dottrina ritiene inesistente una presunzione generale di obbligo a ratificare un trattato. Infatti, la Convenzione di Vienna, del 23 maggio 1969, sul diritto dei trattati, all’art. 14 prevede tale obbligo solo per casi specifici quali, ad esempio: a) nei casi in cui il trattato preveda che il consenso sia espresso mediante ratifica; b) quando l’apposizione della firma del trattato è stata posta in base alla riserva di ratificare in seguito. Pertanto, l’obbligo sussiste solo in caso di volontà , espressa o tacita, degli Stati.

presunzione de praesumpto: si esclude, tradizionalmente, la presunzione presunzione: non si può argomentare per presunzioni da altro fatto già provato per presunzione.

presunzione di apertura dei trattati: si tratta della presunzione che i trattati multilaterali permettano l’adesione di tutti gli Stati senza possibilità che la maggioranza o la totalità degli Stati firmatari possano filtrare i possibili nuovi aderenti al Trattato. La giurisprudenza internazionale non riconosce la sussistenza di tale presunzione. La Convenzione di Vienna, del 23 maggio 1969, sul diritto dei trattati, pur non giungendo a conclusioni radicali di un riconoscimento pieno di tale presunzione, ammette che un trattato possa essere considerato aperto in assenza di una clausola contraria, e che la rottura dei rapporti diplomatici fra due o più Stati non ostacola la conclusione di un trattato fra di essi.

presunzione di buona fede: v. accessione; creditore, presunzione apparente; matrimonio, presunzione putativo; petizione di eredità ; possesso, presunzione di buona fede e di mala fede; presunzione.

presunzione di capacità: esempio di presunzione de iure ad adottare un determinato atto o a svolgere una determinata funzione è considerato l’art. 7 della Convenzione di Vienna, del 23 maggio 1969, sul diritto dei trattati, in base al quale sono considerati plenipotenziari, sussistendo nei loro confronti una presunzione di legittimazione a rappresentare uno Stato senza che sia necessario produrre i pieni poteri, i Capi di Stato, di Governo e i Ministri degli esteri. Lo stesso principio vale per i capi delle missioni diplomatiche, per i trattati con lo Stato presso cui sono accreditati, nonche´ per i delegati presso le organizzazioni internazionali per i trattati stipulati in seno a queste ultime.

presunzione di caso fortuito: v. trasporto, contratto di presunzione.

presunzione di colpa: v. inadempimento, presunzione dell’obbligazione; responsabilità , presunzione per danno cagionato da cose.

presunzione di commorienza: v. commorienza.

presunzione di comproprietà fra coniugi: se il coniuge non riesce a provare che un dato bene è di sua proprietà individuale, questo è di proprietà comune (art. 219 c.c.); ma si tratta di comunione (v.) ordinaria. La prova contraria può essere data con ogni mezzo; tuttavia, la norma è di applicazione limitata alle cose mobili. Si è talora ritenuta valida la convenzione fra coniugi con la quale si deroga alla presunzione presunzione. L’efficacia di una simile convenzione trova, tuttavia, un limite nella inefficacia del riconoscimento del diritto reale altrui (v. accertamento, presunzione della proprietà ).

presunzione di conoscenza dell’insolvenza: v. azione, presunzione revocatoria fallimentare.

presunzione di danno ai creditori: v. azione, presunzione revocatoria fallimentare.

presunzione di innocenza: v. libertà , presunzione di fronte alla giustizia. presunzione

di regolarità degli atti dello Stato: principio vigente nell’ordinamento internazionale quale diretta espressione del potere discrezionale che ciascuno Stato ha di esercitare la sovranità sulla propria comunità territoriale, rispondendo all’interesse generale della popolazione, senza arrecare nocumento ne´ alla Comunità internazionale ne´ agli Stati vicini. Tale presunzione non consente interventi esterni da parte di altri Stati nelle scelte che ciascuno Stato opera al suo interno.

presunzione hominis: v. presunzione semplice.

presunzione iuris et de iure: v. presunzione assoluta.

presunzione iuris tantum: v. presunzione relativa.

presunzione legale: sono presunzioni legali le conseguenze probatorie che la stessa legge trae da un fatto noto. Bisogna però distinguere le vere e proprie presunzioni legali, quali mezzi di prova, dalle presunzioni improprie che sono solo accorgimenti di tecnica legislativa attinenti alla ripartizione dell’onere della prova. Si è in presenza di una vera e propria presunzione presunzione quando, ad esempio, dalla nascita di un figlio dopo 300 giorni dallo scioglimento del matrimonio l’art. 234 c.c. ricava un fatto ignoto, ossia il concepimento non in costanza di matrimonio (v. filiazione, presunzione legittima). Qui occorre pur sempre provare un fatto, qual è la nascita ad una certa data; e sulla base di questo fatto noto si prova, per presunzione presunzione, il fatto ignoto. Le presunzioni legali possono essere assolute (v. presunzione assoluta) o relative (v. presunzione relativa).

presunzione legale di conoscenza: v. pubblicità , presunzione dichiarativa; trascrizione.

presunzione muciana: la l. fall. presume, fino a prova contraria, che il coniuge del fallito (v.) sia complice di lui nella frode ai creditori. In particolare la l. fall. presume: a) che gli atti di cui all’art. 67 l. fall., se compiuti fra i coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale, ma entro il termine quinquennale di prescrizione dell’azione revocatoria fallimentare (v. azione, presunzione revocatoria fallimentare) sono revocati se il coniuge non prova che ignorava l’insolvenza del fallito (art. 69 l. fall.); b) i beni acquistati a titolo oneroso dal coniuge del fallito nei cinque anni anteriori al fallimento (v.) si presumono, salvo prova contraria, acquistati con danaro del fallito e di sua proprietà ; se alienati o ipotecati, possono essere recuperati dal curatore (v.) anche presso un terzo, a meno che questi non provi la propria buona fede (art. 70 l. fall.). La presunzione presunzione si applica solo se i coniugi hanno optato per il regime di separazione dei beni. Se invece i coniugi sono in regime di comunione legale dei beni, la quota del coniuge fallito è acquistata al fallimento (art. 42 l. fall.).

presunzione relativa: è relativa la presunzione che ammette la prova contraria: così si può dare, per l’art. 234 c.c., la prova che il figlio nato 300 giorni dopo lo scioglimento del matrimonio è stato concepito durante il matrimonio (v. filiazione, presunzione legittima). Nel linguaggio tradizionale la presunzione presunzione è detta iuris tantum.

presunzione semplice: sono presunzioni semplici, dette anche praesumptiones hominis le illazioni che il giudice trae da fatti storicamente provati per formare il proprio convincimento circa i fatti non provati. Ad esempio: non si sa, perche´ mancano testimoni, a quale velocità procedesse l’automezzo che ha investito un pedone; ma si sa, per la rilevazione eseguita sulla strada, che l’automezzo ha lasciato una traccia di frenata di tot metri. Da questo fatto noto il giudice può risalire al fatto storicamente non provato, e stabilire per presunzione la velocità sulla base del normale rapporto esistente, per un automezzo di quel dato tipo, fra velocità e spazio occorrente per il suo arresto. Ancora: dal fatto che, in una società di capitali con due soci, uno dei due possegga una quota irrisoria del capitale, inferiore all’uno per cento, il giudice arguisce che questo socio è intestatario fiduciario di azioni o quote nell’interesse dell’altro, il quale va pertanto considerato quale unico socio agli effetti degli artt. 2362 e 2497, comma 2o, c.c. (v. azionista, responsabilità illimitata dell’unico presunzione).


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