Enciclopedia giuridica

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Promessa



promessa al pubblico: la promessa promessa (art. 1989 c.c.) costituisce una fonte di obbligazione (v. fonti, promessa delle obbligazioni). La promessa promessa è la dichiarazione di chi, rivolgendosi al pubblico, promette una prestazione a chi si trova in una data situazione o compie una data azione: il promittente è vincolato dalla sua unilaterale dichiarazione non appena questa è resa pubblica. Ev il caso, elementare, della persona che promette una somma, ad esempio con una inserzione sui giornali, a chi gli riporterà un oggetto smarrito: il ritrovatore dell’oggetto acquista il diritto di credito verso il promittente nel momento in cui l’inserzione è pubblicata dai giornali. Caso più complesso è quello del bando di concorso per l’assegnazione di un premio a chi possegga determinati requisiti (a chi, ad esempio, ha riportato la più alta votazione di laurea): nel momento in cui il bando è pubblicato chi possiede i requisiti richiesti acquista il diritto di credito al premio (un diritto che, in alcuni casi, può diventare esigibile solo dopo la conclusione dei lavori di una apposita commissione, come nel caso del premio letterario da assegnare al miglior romanzo dell’anno e simili). Una ipotesi diffusa di promessa promessa è la cosiddetta vendita a premi, normalmente associata alla raccolta di figurine collocate in prodotti industriali: il fabbricante di prodotti industriali, al fine di incrementare le vendite, promette in premio un oggetto (o più oggetti di crescente valore) al compratore dei suoi prodotti che vi avrà trovato una figurina (o una determinata quantità di figurine). Ipotesi giuridicamente diversa, anche se il fine del fabbricante è lo stesso, è quella della vendita con buoni sconto: il compratore del prodotto può trovarvi un buono che gli attribuisce il diritto di comperare con uno sconto sul prezzo una nuova unità del prodotto. Si tratta, in questo caso, di offerta contrattuale al pubblico (v. offerta, promessa al pubblico): è proposta di comperare quel dato prodotto a condizione di favore, rivolta a chi si dimostra possessore del buono sconto. Entrambe le fattispecie rientrano nella previsione dell’art. 54 della lpromessa 5 giugno 1939, n. 973, modificata dall’art. 2 della l. 15 luglio 1950, n. 585, che fa riferimento alle manifestazioni pubblicitarie attuate in forma di operazioni a premio, subordinandole ad autorizzazioni ministeriali e prescrivendo che l’autorizzazione può essere negata per i generi alimentari o di largo e popolare consumo. Quando si tratta di prodotti a prezzo imposto dall’autorità , queste operazioni possono integrare gli estremi della concorrenza sleale (v. atti, promessa di concorrenza sleale) (art. 2598 n. 3 c.c.); e altrettanto può dirsi nell’ipotesi in cui, essendo il prezzo contrattualmente imposto dal produttore ai rivenditori, alcuni di questi pratichino le operazioni a premio per battere la concorrenza degli altri. Il promittente è vincolato per un anno, salvo che alla promessa non sia apposto un termine diverso (art. 1989, comma 2o, c.c.). Finche´ il termine non è scaduto, il promittente può revocare la promessa solo per giusta causa e solo rendendo pubblica la revoca nella stessa forma o con forma equivalente alla promessa (art. 1990 c.c.).

promessa del fatto del terzo: ricorre quando una parte, per contratto, promette la prestazione di un terzo. In tale caso il promittente assume una valida obbligazione contrattuale, ma obbliga solo se stesso: se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso, il promittente dovrà indennizzare l’altro contraente (art. 1381 c.c.). Tale disciplina è coerente con il principio della relatività del contratto (v. autonomia contrattuale; contratto, effetti tra le parti del promessa; contratto, effetti rispetto ai terzi del promessa. Con la promessa promessa o dell’obbligazione del terzo il promittente assume il rischio di un evento non dipendente dalla propria volontà : la dottrina suole qualificare la sua obbligazione come una obbligazione, in senso lato, di garanzia (v. garanzia, prestazione di promessa). Dalla fideiussione (v.) la promessa ex art. 1381 c.c. differisce per il fatto che il terzo non è legato da precedenti vincoli nei confronti del promissario: l’impegno di chi promette l’altrui adempimento di una già sorta obbligazione non è promessa del fatto del terzo, ma fideiussione. La giurisprudenza ha talora ritenuto che il promittente assuma, nei confronti dell’altro contraente, una obbligazione avente ad oggetto una prestazione propria: quella di adoperarsi affinche´ il terzo si obblighi o compia il fatto promesso; sicche´ l’indennizzo di cui fa parola l’art. 1381 c.c. altro non sarebbe se non il risarcimento del danno per inadempimento (v. risarcimento del danno, promessa per inadempimento) di questa prestazione propria del promittente. Questa costruzione è stata tuttavia abbandonata quando si è trattato di distinguere fra promessa promessa e vendita di cosa altrui (v. vendita, promessa di cosa altrui): chi vende la cosa altrui, assume per l’art. 1478 c.c., una obbligazione avente ad oggetto il fatto proprio, consistente nell’acquisto della proprietà del bene; mentre nel caso della promessa promessa la promessa ha direttamente ad oggetto il consenso del terzo proprietario al trasferimento della proprietà. Quella costruzione è del pari abbandonata quando, per distinguere l’indennizzo di cui all’art. 1381 c.c. dal risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, si precisa che quest’ultimo è sanzione per un comportamento illegittimo, mentre il primo è compenso per equivalente monetario della mancata realizzazione dell’interesse altrui, non dipendente da alcun comportamento illegittimo. Il punto è che la prestazione dedotta in contratto è una prestazione di garanzia (v.): il promittente si obbliga a corrispondere all’altro contraente un indennizzo per l’eventualità che il terzo non assuma l’obbligazione o non compia il fatto cui l’altro contraente ha interesse.

promessa di matrimonio: v. matrimonio, promessa di promessa.

promessa di mutuo: v. mutuo, promessa di promessa.

promessa di pagamento e ricognizione di debito: dal requisito della causa (v.) del contratto (e dell’atto unilaterale) discende l’inammissibilità di contratti (e di atti unilaterali) astratti, ossia diretti a produrre effetti per sola volontà delle parti, indipendentemente dalla esistenza di una causa, sia essa una causa tipica, corrispondente ad un tipo contrattuale previsto dalla legge (vendita, mutuo ecc.), oppure una causa atipica, non prevista dalla legge, ma giudicabile come idonea a soddisfare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322, comma 2o, c.c.). Coerente con questo generale principio è l’art. 1988 c.c.: la semplice promessa di pagamento o il semplice riconoscimento del debito sono dichiarazioni (unilaterali) astratte, dalle quali non emerge la causa in forza della quale si promette il pagamento o ci si riconosce debitori (se si tratti della restituzione di un mutuo, del prezzo di una vendita e così via). Perciò la dichiarazione ha solo efficacia processuale, dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale, cioè la causa in forza della quale si è promesso il pagamento o riconosciuto il debito. Si attua una inversione dell’onere della prova (v. onere, promessa della prova): l’esistenza di questo si presume fino a prova contraria. Si suole parlare, a questo riguardo, di astrazione solo processuale dalla causa: anziche´ essere il creditore, secondo i principi generali sull’onere della prova, a dover provare il titolo costitutivo del credito, sarà il debitore, per sottrarsi al pagamento, a doverne provare l’inesistenza. Perciò la dichiarazione di Caio: prometto di pagare un milione a Tizio il tale giorno dispensa Tizio dall’onere di provare il fatto o l’atto generatore del suo credito, offre a Tizio una semplice prova del suo credito, che può essere superata dal promittente con la prova che il credito non è mai sorto, che è sorto da contratto nullo, che è stato già soddisfatto da un terzo, e via di seguito. L’astrazione processuale è legislativamente ammessa per la promessa promessa. La si ritiene, invece, non ammissibile per il riconoscimento del diritto reale: fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (come quello di cui all’art. 969 c.c., relativo al riconoscimento, da parte dell’enfiteuta (v. enfiteusi), della proprietà spettante al concedente), la dichiarazione con la quale si riconosce che altri è proprietario, o comproprietario, di un bene, cosiddetta pronuntiatio contra se, non ha valore giuridico, e l’ipotesi più ricorrente, nelle fattispecie giurisprudenziali esaminate, è quella della dichiarazione secondo la quale un bene intestato al dichiarante appartiene per metà ad altro soggetto (al coniuge, al fratello, al genitore e così via). A questa dichiarazione i nostri giudici, movendo dal principio di causalità , negano validità . Analogo discorso vale per gli atti traslativi della proprietà o di altri diritti reali: l’atto traslativo che non menzioni la causa del trasferimento è per ciò stesso nullo; la giurisprudenza esclude ogni possibilità di dare altrimenti dimostrazione della causa. Si deve però precisare che aliunde può risultare la causa di liberalità (v.) o, in assenza di questa, la causa dell’atto gratuito atipico (v. atti, promessa gratuiti atipici), come è ammesso dalla giurisprudenza che si è pronunciata a questo riguardo. Si pone il problema se la promessa promessa siano, propriamente, fonti di obbligazione (v. fonti, promessa delle obbligazioni). La dottrina prevalente ne dubita: La promessa di pagare una somma di danaro o il riconoscimento di un debito non varrebbe, di per se´ , a costituire un rapporto obbligatorio, avente per oggetto il pagamento della somma promessa o l’adempimento del debito riconosciuto; costituirebbe solo, a favore del destinatario della promessa o della ricognizione, un mezzo di prova circa l’esistenza di una obbligazione, la quale ha altrove la propria fonte (in un preesistente contratto, in un preesistente fatto illecito ecc.). Il dichiarante può sempre dare la prova contraria (provare, ad esempio, che il contratto dal quale l’obbligazione deriva è nullo o che l’obbligazione era già stata adempiuta) e, in tal modo, sottrarsi al pagamento di ciò che ha promesso o all’adempimento del debito che ha riconosciuto. Insomma: la dichiarazione non costituisce il rapporto obbligatorio, ma ne fa presumere l’esistenza fino a prova contraria; inverte, fra creditore e debitore, l’onere della prova, addossando al secondo l’onere di provare che il pagamento promesso o che il debito riconosciuto non ha una causa. Di qui la frequente illazione degli interpreti che promessa promessa siano, propriamente, dichiarazioni di scienza (v. dichiarazione, promessa di scienza), diverse, tuttavia, dalla confessione (v.), che ha per oggetto fatti e non rapporti giuridici, anziche´ dichiarazioni di volontà (v. dichiarazione, promessa di volontà ). Bisogna però considerare che la qualificazione legislativa della promessa promessa quali atti di volontà , fonti di obbligazione, anziche´ quali dichiarazioni di scienza, con natura di semplice prova dell’altrui diritto di credito, non è priva di conseguenze giuridiche di rilievo. Il promittente può sì neutralizzare la pretesa del promissario eccependo la mancanza del rapporto fondamentale; tuttavia, se non può o non vuole provarne la mancanza, egli è obbligato ex promissa, ed il suo inadempimento (v.) è inadempimento dell’obbligazione ex promissa, sottoposto alle medesime regole della responsabilità contrattuale (v. responsabilità , promessa contrattuale), anche se il rapporto fondamentale traeva origine da un fatto illecito. Il promissario, proprio perche´ agisce ex promissa, non dovrà in tal caso provare la colpa del promittente (come sarebbe se dovesse agire ex art. 2043 c.c.), essendo da ciò esonerato dall’art. 1218 c.c.. Inoltre, la promessa è attributiva, nei confronti del promissario, di un diritto di credito suscettibile di una propria circolazione: il cessionario del promittente acquista, a titolo derivativo, il credito ex promissa, quantunque il promittente ceduto possa neutralizzarne la pretesa provando la mancanza del rapporto fondamentale. Sulla circolazione del credito ex promissa si basa l’atipica figura dei commercial papers. Alla promessa è qui abbinata una garanzia bancaria a prima richiesta, di modo che il cessionario del credito ottiene sempre il pagamento: se non dal debitore, che può opporre la mancanza del rapporto fondamentale, dalla banca garante, che non può opporla. La circolazione dei crediti ex promissa è poi la base su cui si regge la teoria del titolo di credito (v. titoli di credito) e del titolo cambiario (v. titoli di credito, promessa cambiari) in particolare. La dichiarazione cartolare altro non è se non promessa unilaterale di pagamento, nel senso dell’art. 1988 c.c.; e l’eccezione di mancanza del rapporto fondamentale è dal debitore cartolare opponibile al suo diretto promissario, quale eccezione a lui personale ai sensi dell’art. 1993 c.c.. Egli non potrà opporla ai successivi portatori del titolo, ma per la semplice ragione che il titolo di credito circola secondo la legge di circolazione delle cose mobili; onde gli aventi causa del promissario, avendo acquistato a titolo originario la proprietà del titolo (art. 1994 c.c.), hanno a titolo originario acquistato la titolarità del credito, sottraendosi così alle eccezioni opponibili all’originario promissario. Neppure è una promessa astratta l’avallo (v.) (artt. 35 ss. l. camb., 28 ss. l. assegno): valgono le considerazioni già svolte per la procura (v.): la causalità non va confusa con l’accessorietà ; e la persistente validità dell’avallo, nonostante la nullità dell’obbligazione garantita (art. 37, comma 2o, l. camb.; art. 30, comma 2o, l. assegno), mostra solo che esso non è , come invece la fideiussione (v.), una promessa accessoria, allo stesso modo in cui la procura è valida nonostante l’invalidità del sottostante mandato. L’avallo, come la procura, ha in se´ la propria causa (di garanzia); non la ripete da un diverso atto giuridico. V. anche astrazione, promessa materiale; astrazione, promessa processuale.

promessa di vendita: equivalente a contratto preliminare (v. contratto, promessa preliminare) di compravendita.


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