Enciclopedia giuridica

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Promesse unilaterali

Le promesse unilaterali sono atti unilaterali (v.) produttivi di effetti obbligatori. Nelle promesse unilaterali un soggetto, il promittente, è obbligato ad eseguire una data prestazione per il solo fatto di averla unilateralmente promessa, indipendentemente dall’accettazione del soggetto, il promissario, a favore del quale la prestazione deve essere eseguita. Rientrano nella categoria delle promesse unilaterali la promessa di pagamento (v. promessa, promesse unilaterali di pagamento e ricognizione di debito), la promessa al pubblico (v. promessa, promesse unilaterali al pubblico), l’atto di oblazione (v. comitato, oblazioni al promesse unilaterali). V. anche fonti, promesse unilaterali delle obbligazioni.

tipicità delle promesse unilaterali: per i contratti vige la norma che, all’art. 1322, comma 2o, c.c., consente alle parti di creare contratti atipici (v. contratto, promesse unilaterali atipico): esse possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purche´ siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Per le promesse unilaterali vige opposta norma: ai sensi dell’art. 1987 c.c. la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge. La norma ha sollevato un duplice ordine di problemi: se essa davvero imponga un principio di promesse unilaterali promesse unilaterali; se, ammesso che questo principio viga per le promesse, la regola dell’art. 1322, comma 2o, c.c., non debba avere il sopravvento per gli altri atti unilaterali diversi dalle promesse. Al primo interrogativo si dà, tradizionalmente, risposta affermativa: che promesse unilaterali siano ammissibili solo nei casi espressamente previsti dalla legge è valutazione ricorrente tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. In tempi recenti, tuttavia, ha trovato un certo seguito la tesi favorevole al riconoscimento di una maggiore autonomia privata in fatto di promesse unilaterali, e non è mancata una sua applicazione giurisprudenziale, con riferimento alla promessa unilaterale avente ad oggetto una prestazione di fare. La lettura tradizionale dell’art. 1987 c.c. è da condividere. La tesi innovativa poggia su un sottile distinguo: l’art. 1987 c.c. farebbe riferimento alle nude promesse, confermerebbe l’antico principio ex nuda pollicitatio nulla actio nascitur, decreterebbe insomma l’inammissibilità di atipiche promesse astratte; ma non sarebbe d’ostacolo alla validità di promesse atipiche causali, che risultino cioè dirette a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, in conformità del principio dell’art. 1322, comma 2o, c.c., applicabile alle promesse unilaterali a norma dell’art. 1324 c.c.. L’obiezione risulta non da ciò che l’art. 1987 c.c. vieta, ma da ciò che esso ammette: non lo si può leggere nel senso che, nei casi previsti dalla legge, una promessa unilaterale astratta produce effetti obbligatori; e non si può per la semplice ragione che il nostro sistema è rigorosamente retto dal principio di causalità e che nessuna obbligazione da dichiarazione astratta risulta ammissibile, ne´ come ex nuda pollicitatio, ne´ ex nudo pacto. L’eccezione alla regola solitamente indicata, quella della dichiarazione cartolare (v. dichiarazione, promesse unilaterali cartolare), non è affatto tale: la promessa cambiaria non è astratta promessa in incertam personam, ma promessa di pagamento ex art. 1988 a persona determinata; l’inopponibilità delle eccezioni ex causa agli aventi causa del promissario non deriva dalla asserita astrattezza di tale promessa, bensì dall’acquisto a titolo originario (v. acquisto, promesse unilaterali a titolo originario) del credito del promissario, a sua volta conseguente all’acquisto a titolo originario, secondo la legge di circolazione delle cose mobili, del titolo che menziona il credito. Ne consegue che l’art. 1987 c.c. non può essere letto come norma che ammette, nei casi eccezionali previsti dalla legge, una promessa astratta; ma va letto come norma che circoscrive ai casi tipici, espressamente previsti dalla legge, la validità di promesse unilaterali, siano esse promesse causali, come la promessa al pubblico (v. promessa, promesse unilaterali al pubblico) o come l’atto di oblazione (v. comitato, oblazioni al promesse unilaterali) oppure promesse solo processualmente astratte, come la promessa di pagamento (v. promessa, promesse unilaterali di pagamento) ex art. 1988 c.c.. Un ulteriore argomento, che è poi alla radice dell’art. 1987 c.c., come risulta dai lavori preparatori, emerge dalla risposta al secondo e più generale quesito sopra prospettato: se il principio di tipicità valga per tutti gli atti unilaterali o solo per le promesse unilaterali, cui fa esclusivo riferimento l’art. 1987 c.c.. Ev stato detto che questa norma, facendo eccezione al generale principio dell’autonomia privata di cui all’art. 1322, comma 2o, c.c., non può essere estesa agli altri atti unilaterali, diversi dalle promesse, per i quali risorge il principio generale dell’art. 1322, comma 2o, c.c., applicabile agli atti unilaterali in forza dell’art. 1324 c.c.. Merita però di essere ricordato quanto al riguardo si legge nella relazione al re, n. 251, ossia che non si potrebbe concedere alla promessa unilaterale di operare illimitatamente, senza scompaginare il campo di applicazione del contratto ed atomizzare gli elementi costitutivi di questo. Si tiene anche a precisare che l’art. 1987 c.c. non si riferisce solo agli atti contemplati nel titolo quarto del libro delle obbligazioni e che nello stesso nuovo codice, agli artt. 14 e 15 del libro primo, il regolamento della fondazione comprende indubbiamente la possibilità che essa sorga da una promessa unilaterale obbligatoria, soggetta in tal caso alla particolare norma ivi dettata riguardo alla revoca. Risultano chiare, a questo modo, tanto la ragion d’essere dell’art. 1987 c.c. quanto la sua necessaria operatività per tutti gli atti unilaterali. Un sistema basato, come il nostro, sulla causalità del contratto (e dell’atto unilaterale) non può tollerare quella che la relazione definisce come la atomizzazione degli elementi costitutivi di questo: non può tollerare, ad esempio, che in luogo di una permuta le parti pongano in essere due separati atti unilaterali, ciascuno dei quali traslativo della proprietà di un bene. Se ciò fosse ammissibile, il destinatario di ciascuno dei due atti unilaterali potrebbe pretendere l’adempimento senza essere tenuto ad adempiere a sua volta. L’atomizzazione spezzerebbe il rapporto di corrispettività fra le due prestazioni; finirebbe con l’assecondare la prepotenza della parte più forte, la quale avrebbe tutto l’interesse a frantumare un contratto tipico in due o più atti unilaterali atipici, aventi ad oggetto, ciascuno, una prestazione non legata sinallagmaticamente alle altre, con il vantaggio di rendere del tutto discrezionale il se e il quando del proprio adempimento. Non si dica che ammettere atti unilaterali atipici nell’ambito di un sistema causale significa pur sempre sottoporli al controllo giudiziario sulla meritevolezza dell’interesse perseguito, a norma dell’art. 1322, comma 2o, c.c.. Un simile controllo sortirebbe esito positivo ove si accertasse che l’atto di un soggetto trova causa nell’atto del destinatario; e questo accertamento finirebbe, manifestamente, con il restituire contrattualità al rapporto, nonostante la diversa configurazione prescelta dalle parti. Atti unilaterali che hanno in se´ la propria causa, ossia la ragione della meritevolezza dell’interesse perseguito, sono socialmente eccezionali; e questa loro sociale eccezionalità spiega la loro giuridica tipicità . Sono quelli che l’esperienza storica ha consentito di identificare e che il legislatore ha espressamente regolato. Solo su queste basi si può comprendere perche´ siano contratti la fideiussione (v.) e la promessa del fatto del terzo (v. promessa, promesse unilaterali del fatto del terzo) (l’art. 1381 c.c. fa esplicito riferimento all’altro contraente), e possa invece essere atto unilaterale l’atto costitutivo di ipoteca; e perche´ siano contratti le prime due figure e atto unilaterale, invece, l’avallo. Dal confronto fra l’art. 1322, comma 2o, c.c., e l’art. 1987 c.c. emerge come la contrattualità sia la regola nel nostro sistema, mentre l’unilateralità è circoscritta a fattispecie tipiche, sulla cui meritevolezza di tutela si è storicamente consolidato un sicuro giudizio. La tendenza storica è , del resto, nel senso della espansione della contrattualità, come mostra la storia della donazione (v.): l’art. 769 c.c. ne afferma a chiare note la contrattualità , in contrasto con il previgente c.c. che, sulla tradizione del code Napole´on, l’aveva accostata al testamento (v.) e concepita come atto, lasciando aperto l’annoso problema se l’accettazione del donatario valesse a perfezionare un contratto o fosse, come l’accettazione dell’eredità (v. accettazione, promesse unilaterali dell’eredità ), un distinto atto unilaterale. Una linea molto sottile sembra separare il contratto con obbligazioni per il solo proponente (v. contratto, promesse unilaterali con obbligazioni per il solo proponente), così come regolato dall’art. 1333 c.c., cui sono normalmente sottoposte la fideiussione e la promessa del fatto del terzo, dall’atto unilaterale soggetto al rifiuto del destinatario, qual è la remissione del debito. Ev una linea che può scomparire agli occhi di chi si limiti a considerare le modalità di formazione del vincolo: perche´ mai il mancato rifiuto ha valore di tacita accettazione nel primo caso e non anche nel secondo? e perche´ mai il rifiuto è , nel secondo caso, atto unilaterale a se´ stante, mentre è mancata accettazione di proposta contrattuale nel primo caso? Quella linea di demarcazione rivela, tuttavia, tutto il suo spessore se si guarda oltre il momento perfezionativo del vincolo: dall’essere questo un vincolo contrattuale, quantunque formato a norma dell’art. 1333 c.c., deriva la sua soggezione indiscriminata a tutte le norme regolatrici dei contratti, mentre all’atto unilaterale (v. atti unilaterali) si applicano le norme sui contratti che siano compatibili con la sua unilateralità , ossia con l’assenza di un soggetto definibile come l’altro contraente. Esiste, perche´ si tratta di un contratto, una comune intenzione delle parti, da indagare in sede di interpretazione (v. interpretazione del contratto), a norma dell’art. 1362 c.c.; assume rilievo, nel caso di proposta proveniente da incapace naturale (v. incapacità naturale), lo stato soggettivo di buona o di mala fede dell’altro contraente (art. 428, comma 2o, c.c.); acquista valore, nel caso di errore (v.), la sua riconoscibilità da parte dell’altro contraente (art. 1428 c.c.) o, nel caso del dolo (v. dolo contrattuale), la conoscenza dei raggiri da parte del contraente che ne ha tratto vantaggio (art. 1439, comma 2o, c.c.). Si può discutere se e in presenza di quali condizioni il destinatario di un atto unilaterale possa essere equiparato al contraente, agli effetti dell’applicazione di questa o di quella delle norme sui contratti; ma la soluzione affermativa, nei casi in cui risulterà ammissibile, dipenderà solo dall’esito positivo del giudizio di compatibilità richiesto dall’art. 1324 c.c.. Il principio di tipicità riguarda le dichiarazioni di volontà (v. dichiarazione, promesse unilaterali di volontà ), quali fonti di obbligazione o quali atti produttivi di effetti reali. Non riguarda le dichiarazioni di scienza (v. dichiarazione, promesse unilaterali di scienza); ne´ si riferisce alle partecipazioni (v. atti giuridici, promesse unilaterali come partecipazioni) e alle comunicazioni (v. atti giuridici, promesse unilaterali come comunicazioni). In questa materia l’autonomia privata può estrinsecare tutta la propria creatività , ed un esemplare significativo è la lettera di patronage (v. lettera, promesse unilaterali di patronage).


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