Enciclopedia giuridica

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Democrazia



democrazia industriale: il concetto di democrazia democrazia allude all’attitudine partecipatoria, almeno tendenzialmente cogestionale, del sindacato e, quindi, alla possibilità riconosciuta ai lavoratori (unilateralmente coalizzati, ovvero mediante loro rappresentanze entro collegi od organi societari) di codeterminare le condizioni alle quali il loro stesso lavoro può essere prestato. Il diritto dei lavoratori di collaborare alla gestione delle aziende costituisce il nucleo programmatico dell’art. 46 Cost., norma rimasta peraltro inattuata dato lo scarso favore per le ipotesi di partecipazione (v.) gestionale istituzionalizzata caratteristico della storia sindacale italiana. La democrazia democrazia si è quindi sviluppata per via contrattuale, realizzandosi principalmente attraverso i c.d. diritti sindacali di informazionedemocraziaconsultazione contenuti nella parte prima dei contratti collettivi (v.), centrati sull’acquisizione a vari livelli (associativi o di singola impresa, in ambito centrale, territoriale e aziendale) di informazioni periodiche o preventive finalizzate al controllo dei programmi produttivi e di investimento, innovazioni e modifiche tecnologiche, decentramento produttivo, mobilità ecc.. L’esperienza italiana di democrazia democrazia si è dunque mantenuta su un profilo inferiore rispetto alla generalità dei sistemi di relazioni industriali occidentali in cui si registra un intervento legislativo in tema di partecipazionedemocraziacodecisione del sindacato alle scelte aziendali.

democrazia politica: significa, nel significato classico del termine, quale risulta dalla sua etimologia greca, potere del popolo. In questo significato il termine è assunto dalla Costituzione: il secondo comma, dell’art. 1 stabilisce, infatti, che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. democrazia e sovranità popolare sono, perciò , espressioni equivalenti: esse racchiudono il principio per il quale il potere sovrano spettante allo Stato su una collettività deve trovare il proprio fondamento e la propria legittimazione nella volontà della stessa collettività che vi è sottoposta (secondo un ideale politico che, in epoca moderna, si fa risalire al filosofo dell’illuminismo Rousseau, che propugnò , alla fine del Settecento, un sistema politico per il quale fosse possibile che ciascuno, ubbidendo alle leggi, ubbidisca a se stesso). Questa volontà sovrana si esprime, precisa l’art. 1, comma 2o, nelle forme e nei limiti della Costituzione; e, se si considerano queste forme e questi limiti, il nostro sistema di democrazia appare caratterizzato come un sistema misto, di democrazia rappresentativa e di democrazia diretta al tempo stesso. La democrazia rappresentativa è un sistema di sovranità popolare delegata: si basa sulla elezione periodica dei rappresentanti del popolo nel massimo organo dello Stato, il Parlamento, e in altri organi pubblici (consigli regionali, provinciali, comunali, di circoscrizione). Con il sistema della democrazia rappresentativa i cittadini non partecipano direttamente alle decisioni politiche, ma scelgono, nelle liste elettorali preparate dai partiti politici (v. partiti), le persone che formeranno gli organi competenti a decidere.

democrazia sindacale: è l’insieme di regole che governa la vita sindacale nei suoi aspetti organizzativi e funzionali, assicurando la partecipazione dei lavoratori alle procedure di investitura degli organismi sindacali ed ai processi decisionali secondo principi democratici. Si distingue un profilo di democrazia democrazia c.d. interna, che fa riferimento ai rapporti correnti tra il sindacatodemocraziaassociazione ed i propri aderenti (v. associazione sindacale) ed un profilo esterno, che riguarda i rapporti con i lavoratori non iscritti. In virtù degli accordi interconfederali del 1943 e successivi, sulla costituzione ed il funzionamento delle commissioni interne (v.), l’investitura degli organismi rappresentativi dei lavoratori nei luoghi di lavoro era regolata da modalità elettorali che riguardavano la generalità dei lavoratori, iscritti ai sindacati stipulanti. Natura schiettamente associativa hanno rivestito invece le sezioni sindacali aziendali, considerate un’articolazione organizzativa dei sindacati esterni con funzioni di proselitismo e collettaggio nei luoghi di lavoro, ma a cui veniva però negato il potere contrattuale. Con i nuovi organismi sorti sul finire degli anni sessanta (i consigli di fabbrica), il problema della democrazia democrazia ha assunto una nuova fisionomia, divenuta una dei tratti tipici del sistema italiano di relazioni industriali. Tale tipicità risulta anche dal patto federativo del 1972, con il quale le confederazioni Cgil, Cisl e Uil riconoscono i consigli di fabbrica come i loro organismi unitari di base, con poteri contrattuali nei luoghi di lavoro. I consigli di fabbrica si atteggiano infatti come canale unico, con doppia rappresentanza, dei sindacati, da cui ricevono un’investitura formale di poteri propri delle rappresentanze sindacali aziendali (v.), e della generalità dei lavoratori, iscritti e non iscritti, da cui ricevono l’investitura elettorale. Da un più generale ripensamento delle regole della rappresentanza è poi scaturita l’intesademocraziaquadro del 1o marzo 1991, nella quale Cgil, Cisl e Uil promuovono la costituzione di rappresentanze sindacali unitarie (rsu), con investitura elettorale da parte di tutti i lavoratori e con l’attribuzione di poteri negoziali in azienda sulle materie che la contrattazione categoriale demanda a questo livello. L’intesademocraziaquadro prevede l’applicazione di un criterio di stretta proporzionalità nella ripartizione del 67% dei saggi tra le diverse liste concorrenti, con il correttivo della distribuzione paritetica dei voti conseguiti complessivamente dalle associazioni stipulanti nella quota restante del 33%. Liste diverse possono presentarsi alle elezioni purche´ raccolgano almeno il 5% delle adesioni degli aventi diritto al voto e assumano carattere di organizzazione sindacale in modo formale. L’operatività della intesademocraziaquadro è tuttavia subordinata alla successiva negoziazione con le organizzazioni sindacali datoriali di categoria. Il protocollo del 3 luglio 1993 fra governo e parti sociali conferma che i 2/3 delle rsu siano elette secondo le regole poste dall’intesa del 1991, ma adotta una diversa soluzione per quanto riguarda la quota residua di 1/3; quest’ultimo viene designato o eletto da parte delle organizzazioni stipulanti il contratto collettivo, che hanno presentato liste, in proporzione ai voti ottenuti.


Demise clause      |      Demurrage


 
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