Enciclopedia giuridica

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z




Partiti

Ai partiti la Costituzione dedica l’art. 49: tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Presupposto fondamentale della norma è la libertà politica; una libertà che si può scomporre in questi diversi aspetti: a) libertà , per ogni cittadino, di professare gli ideali politici che preferisce e di battersi per la loro realizzazione. Fino a quale punto possa spingersi, nel nostro sistema costituzionale, l’esercizio di questa libertà è attestato da una sentenza della Corte Costituzionale, la quale ha posto ad essa un unico limite: il non ricorso alla violenza, ossia l’adozione di quel metodo democratico cui fa riferimento l’art. 49 Cost.. Purche´ con questo metodo, qualsiasi obiettivo politico può essere perseguito: anche quello che consista in mutamenti profondi del sistema costituzionale (esclusa solo la restaurazione della monarchia: per l’art. 139 Cost. la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale); b) libertà , per i cittadini, di costituire una pluralità di partiti politici mediante i quali concorrere a determinare, secondo i più diversi ideali la politica nazionale. Il solo limite, previsto dalla nostra Costituzione (art. XII Disposizioni transitorie e finali), è il divieto di riorganizzare, sotto qualsiasi forma, il disciolto partito fascista; c) libertà , per ogni cittadino, di iscriversi o di non iscriversi a partiti politici, di scegliere a propria discrezione il partito cui iscriversi, di uscirvi in qualsiasi momento, di cambiare partito. Per l’art. 49 Cost. i partiti sono associazioni di cittadini: da questo punto di vista essi si presentano come espressione della generale libertà di associazione, garantita dall’art. 18, Cost.. La loro natura giuridica è quella di private associazioni, e in particolare di associazioni non riconosciute, regolate dalle medesime norme del c.c. che sono applicabili alle associazioni culturali, ricreative, assistenziali e così via. Essi non differiscono da qualsiasi altra associazione privata se non per la specifica natura dello scopo perseguito, che è di concorrere a determinare la politica nazionale. Non solo: i partiti difendono gelosamente questa loro natura di associazioni private, e in particolare quella di associazioni non riconosciute, che considerano come massima garanzia della loro libertà di organizzazione e di azione. Il ruolo dei partiti è più o meno esteso nelle diverse democrazie liberali. In alcune, come negli Stati Uniti d’America, i partiti sono essenzialmente macchine elettorali: preparano le liste dei candidati e i programmi elettorali, promuovono le campagne elettorali, ossia suscitano il consenso del corpo elettorale intorno ai loro programmi ed ai loro candidati. La loro funzione fondamentale è la selezione del personale politico da preporre alle cariche pubbliche elettive; ma il personale politico, una volta eletto, gode di autonomo potere decisionale. In Europa, invece, i partiti svolgono anche una ulteriore e permanente funzione: essi predispongono decisioni politiche, che suggeriscono ai titolari delle cariche pubbliche eletti nelle loro liste. Il riconoscimento di questa ulteriore funzione è esplicito nell’art. 49 Cost., per il quale i partiti concorrono a determinare la politica nazionale: non sono, dunque, semplici macchine elettorali, ma centri permanenti di elaborazione di indirizzi e di decisioni sulla politica nazionale. Per sottolineare l’importanza che le costituzioni contemporanee attribuiscono ai partiti politici si è da taluno proposto di definire lo Stato del nostro tempo come lo Stato dei partiti: non basta definirlo come Stato democratico, basato sulla periodica elezione dei rappresentanti del popolo sovrano nelle cariche elettive: una simile definizione non dà ragione del ruolo svolto dai partiti, che sono i soggetti attivatori del sistema di democrazia rappresentativa. L’art. 49 Cost. viene anche collegato all’art. 1, comma 2o: si dice che, nello Stato dei partiti, i cittadini sono popolo sovrano non solo in quanto membri del corpo elettorale, chiamati ogni cinque anni ad esprimere il proprio voto per formare il Parlamento e i consigli regionali, provinciali e comunali, ma sono popolo sovrano anche in quanto cittadini associati nei partiti e, all’interno di questi, abilitati a concorrere, secondo quanto disposto dall’art. 49, a determinare la politica nazionale. Da tempo i teorici della politica qualificano il partito come il moderno principe o il nuovo sovrano, come il reale detentore del potere: esso occupa, nel sistema politico odierno, la posizione di supremo artefice delle decisioni di governo, in tutti gli ambiti della vita pubblica, nazionale e locale. Ma questo nuovo sovrano è , per il diritto, nient’altro che una associazione privata fra cittadini, operante secondo le interne regole di organizzazione che sono proprie di ogni privata associazione. Questa veste privata del massimo soggetto politico è molto di più che una semplice veste formale: è uno degli elementi costitutivi della odierna essenza del partito politico, che è nuovo sovrano, evocatore dell’antico, non solo per la latitudine dei suoi poteri, ma anche in virtù delle forme secondo le quali si organizza e adotta le sue interne decisioni. Si può definire questo nuovo sovrano come artefice privato di decisioni politiche: esso forma nei suoi privati organi associativi quelle decisioni politiche che l’antico sovrano (il monarca degli Stati assoluti) formava nell’intimo della propria mente. In ogni associazione le deliberazioni adottate dai legittimi organi decisionali sono vincolanti per tutti gli associati. Ev il vincolo associativo, che nei partiti si configura come il vincolo di partito: l’obbligo di tutti gli iscritti di attenersi alle decisioni adottate dai supremi organi decisionali interni (e nei partiti il supremo organo decisionale è la segreteria, corrispondente all’organo di amministrazione delle comuni associazioni). Il che può comportare, e spesso comporta, una netta antinomia fra i valori propri del partito politico e i valori che sono posti a base del sistema di democrazia rappresentativa. Il partito politico ha in se´ un valore, il vincolo di partito, che implica accentramento delle decisioni e delle responsabilità e che introduce un elemento di contraddizione fra i valori professati dal partito politico e altri valori proclamati dal dettato costituzionale, che all’opposto sono la distribuzione delle sedi di decisione politica, la separazione dei poteri e delle responsabilità . Il vincolo di partito implica: a) il dovere degli iscritti, che siano membri del Parlamento e, in genere, delle assemblee elettive, di votare secondo le direttive del partito, in contrasto con il principio di cui all’art. 67 Cost., per il quale ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. Sotto questo aspetto, ciò che per la Costituzione è un valore (il voto di ciascun membro dell’assemblea secondo la propria coscienza) diventa un disvalore per i partiti, che minacciano sanzioni a carico di chi trasgredisce, con il voto, le direttive di partito o propongono modificazioni dei regolamenti delle assemblee che escludano il voto segreto e, con ciò , impediscano il fenomeno dei cosiddetti franchi tiratori (ossia di coloro che profittano della segretezza del voto per disattendere le direttive di partito); b) il dovere degli iscritti, che siano membri del Governo o delle giunte, di agire secondo le direttive del partito e, secondo un recente neologismo politico, quali delegazioni del partito nel Governo o nelle giunte, in contrasto con il principio di cui all’art. 95 Cost. sulla responsabilità collegiale e individuale dei componenti il Consiglio dei ministri. Qui il valore professato dal partito è la sua compattezza, l’unità di indirizzo cui debbono uniformarsi tanto i gruppi parlamentari quanto la delegazione al Governo, mentre il valore costituzionalmente protetto è, all’opposto, la reciproca separazione di poteri fra il legislativo e l’esecutivo; c) il dovere degli iscritti, che siano membri dei consigli o delle giunte regionali o locali, di agire secondo le direttive delle direzioni centrali del partito, in contrasto con i principi costituzionali delle autonomie regionali e locali. Per i partiti è un valore, particolarmente esaltato in questo tempo, che le giunte regionali e locali abbiamo le stesse maggioranze del Governo nazionale; e ciò vale a stabilire un sostanziale rapporto gerarchico fra elite´ politica nazionale e elite´ s politiche locali, che priva di concreto significato la proclamazione costituzionale delle autonomie regionali e locali; d) il criterio di scelta dei preposti alla direzione degli enti pubblici, economici e no: qui è soprattutto la fedeltà al partito, e non solo la professionalità , il criterio che guida nella scelta; e, dunque, è ancora una volta l’assoggettabilità dei dirigenti alle direttive del partito. Occorre a questo punto rispondere ad una serie di interrogativi: come il sistema giuridico può sopportare la coesistenza, al proprio interno, di così antinomici valori? Come il vincolo di partito può coesistere con la libertà di voto? Come l’accertamento delle decisioni può andare assieme con la separazione dei poteri e con le autonomie territoriali? La risposta a questi interrogativi risiede nel doppio sistema di norme, di diritto privato e di diritto pubblico, entro il quale il partito politico è legittimato ad operare. Il nuovo sovrano ha bisogno, per essere sovrano, di organizzarsi e di assumere le proprie decisioni secondo il diritto privato: disciplina interna e accentramento decisionale sono valori legittimi solo per il diritto regolatore delle associazioni private. Tuttavia, il nuovo sovrano non ha, come l’antico, il monopolio del potere politico. Esso agisce in regime di pluralità dei partiti politici che il più o meno mutevole gioco politico seleziona quali partiti di governo, in alleanza fra loro, o quali partiti di opposizione. Più che il partito in se´ , il nuovo sovrano è il cosiddetto sistema dei partiti, i quali sono portatori dei valori sopra indicati non solo individualmente, ma anche collettivamente: i diretti contatti fra le segreterie dei partiti sono, per essi, la sede naturale entro la quale risolvere i problemi di Governo, con accordi destinati ad essere solo registrati nelle sedi istituzionali. E l’esperienza attesta che essi sono solidali nella professione dei valori sopra menzionati fino al punto di decidere nelle sedi centrali, ossia nel diretto contatto fra le segreterie nazionali, anche le rilevanti questioni di governo locale, come la formazione delle giunte regionali e comunali. La nuova sovranità , appunto perche´ articolata in una pluralità di partiti, ha in se´ proprie garanzie di democraticità : la dialettica fra i partiti integra i classici contrappesi della democrazia rappresentativa, basata sulla divisione dei poteri. Se il potere non controlla più il potere, non per questo, come temeva Montesquieu, ogni libertà è perduta, giacche´ il partito controlla il partito. Ancora il sistema dei partiti, che si scompone in partiti di Governo e partiti di opposizione, fa sì che le garanzie costituzionali classiche non siano ridotte a simulacri solo formali; esse sono inserite nella dialettica del sistema dei partiti, e sono più spesso i partiti di opposizione, più raramente quelli di Governo, a rivendicare le prerogative del Parlamento, a proclamare la libertà del voto, come a difendere le autonomie regionali e locali ed a pretendere la professionalità dei managers pubblici.

partiti come associazioni parallele: v. associazione, partiti parallela.

finanziamento dei partiti: i partiti rientrano nell’ampia categoria delle associazioni, la cui formazione costituisce un diritto costituzionalmente garantito dei cittadini (artt. 18 e 49 Cost.). Essi costituiscono gli strumenti attraverso i quali categorie di cittadini, più o meno omogenee, e comunque gruppi sociali, partecipano del sistema politico di uno Stato, ed esprimono le proprie rivendicazioni. Nell’ambito di un sistema statale di carattere democratico, i partiti occupano una posizione di assoluto rilievo, soprattutto nella determinazione degli indirizzi politici delle istituzioni statali. Il problema del partiti partiti può prescindere dal ruolo, anche di rilevanza costituzionale, che gli stessi ricoprono. Ev evidente che un partito, per poter partecipare alla vita politica, deve avere disponibilità finanziarie. Esse possono derivare, innanzitutto, dal c.d. autofinanziamento (quote di iscrizioni, versamenti, sovvenzioni, proventi di attività svolte dallo stesso partito ecc.); in secondo luogo dal finanziamento privato ossia, provenienti da soggetti privati, e da ultimo il c.d. finanziamento pubblico, erogato dallo Stato. L’autofinanziamento è idoneo a soddisfare una minima parte delle necessità dai partiti politici. Per il sostentamento di tali associazioni, l’esperienza lo ha insegnato, sono necessari, se non vitali, ulteriori apporti economici. Il finanziamento operato dai privati è storicamente antico, e proveniva da soggetti evidentemente dotati di grandi disponibilità economiche, e quindi dalle classi sociali più abbienti. Ciò determinava senza dubbio un maggior peso politico di tali soggetti, i quali avevano in mano le sorti dei partiti finanziati, e potevano influire sulle scelte politiche. Per contrastare tale aspetto del finanziamento solo privato, una ventina di anni or sono, a seguito di un dibattito politico assai acceso, fu introdotto, con la l. n. 195 del 1974, il partiti partiti. Ciò allo scopo di accertare e garantire l’autonomia delle formazioni politiche, che così avrebbero potuto, secondo le intenzioni, essere economicamente indipendenti, e di porre i partiti più rappresentativi in una condizione di parità . Il sistema del finanziamento pubblico, così come previsto dalla citata legge, e come modificato dalla l. n. 659 del 1981 e successive modificazioni, è così strutturato; sono previsti contributi a fondo perduto per le spese elettorali, per il rinnovo delle Assemblee parlamentari, per le elezioni dei consigli regionali, del Parlamento europeo, nonche´ altri contributi per l’esplicazione dei compiti e per l’attività funzionale dei partiti stessi. (artt. 1 – 3 l. n. 195 del 1974 e artt. 1 – 3 l. n. 659 del 1981). Hanno diritto al finanziamento pubblico i partiti che hanno presentato con il medesimo contrassegno, proprie liste di candidati per l’elezione della Camera dei deputati, in più dei 2/3 dei collegi elettorali, e hanno ottenuto almeno un quoziente in una circoscrizione, o una cifra elettorale nazionale di almeno 300.000 voti di lista validi, ovvero una cifra nazionale non inferiore al due per cento dei voti validamente espressi (art. 1 l. n. 195 del 1974). I contributi sono sostanzialmente distribuiti in misura proporzionale ai voti conseguiti, eccetto una quota fissa, eguale per tutti. I contributi per le spese organizzative e di funzionamento sono assegnati ai gruppi con criteri complessi, tenuto conto, comunque, della consistenza delle rappresentanze parlamentari. In ciò si esaurisce l’apporto economico dello Stato ai partiti. La legge stabilisce il divieto di altri contributi erogati dallo Stato, in qualsiasi modo e forma, da parte di organi della P.A., di enti pubblici, di società con partecipazione di capitale pubblico superiore al 20%, di società controllate da queste ultime, a favore, non solo dei partiti, ma anche di loro articolazioni politicopartitiorganizzative e di gruppi parlamentari. Sono vietati, quindi, i contributi indiretti, costituiti dalla prestazione di servizi, o attività similari. Del tutto consentiti sono i finanziamenti di natura privata, che, peraltro, incontrano taluni limiti, di carattere più che altro formale. Ad esempio, il finanziamento erogato da società private è legittimo allorche´ sia deliberato dall’organo sociale competente, e iscritto regolarmente in bilancio. La l. n. 659 del 1981, in particolare, ha introdotto l’obbligo, per i soggetti privati finanziatori e per i beneficiari, di dichiarare congiuntamente, mediante la sottoscrizione di un unico documento, da depositarsi presso la Presidenza della Camera dei deputati. Tale norma riguarda i contributi di entità superiore a £. 5.000.000 nell’anno. Vi è , pertanto, un obbligo di carattere pubblicitario che avrebbe dovuto consentire i controlli sull’entità di finanziamenti dei partiti. Va rilevato, per completezza, che talune disposizioni non si applicano ai finanziamenti concessi da istituti di credito, secondo gli accordi interbancari. Difatti, nella specie, si tratta di finanziamenti in senso proprio, con obbligo di restituzione; allorche´ il versamento di denaro sia a fondo perduto, si tratta di contributi. Tutti i contributi e finanziamenti percepiti dai partiti debbono essere inseriti nel bilancio del partito, la cui redazione è obbligatoria. Sanzioni: talune violazioni della disciplina del partiti partiti costituiscono illecito penale. La violazione del divieto di contributi pubblici, oltre a quelli consentiti dalla legge, è punita con la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni, e una pena pecuniaria, sino al triplo della somma erogata o ricevuta. La stessa sanzione penale è estesa ai finanziamenti e contributi erogati da società private, e quindi, dagli amministratori delle stesse, in assenza della delibera dell’organo sociale competente, e della regolare iscrizione in bilancio (art. 7 l. n. 195 del 1974). Ev evidente che la violazione di tale disposto concreterà , a carico degli amministratori, anche il reato di false comunicazioni sociali (v. reati, partiti societari), poiche´ è necessaria la creazione di fondi neri delle società , non iscritti a bilancio, qualora il partito o il membro del medesimo che abbia ricevuto il finanziamento, non intenda poi denunciarlo alla Presidenza della Camera, tramite la citata dichiarazione congiunta. L’art. 4, comma 6o, l. n. 659 punisce con la multa da due a sei volte l’ammontare non dichiarato e le pene accessorie della interdizione temporanea dai pubblici uffici, coloro che abbiano omesso di dichiarare i contributi e i finanziamenti privati erogati e ricevuti in un anno per un importo superiore a 5 milioni, ovvero non li abbiano dichiarati entro tre mesi, e comunque oltre il mese di marzo dell’anno successivo. Il referendum popolare del 18 aprile 1993 ha abrogato l’art. 3 e l’art. 9 della l. n. 195 del 1975. In tal modo è stato eliminato il finanziamento pubblico ai gruppi parlamentari per l’esercizio della propria attività politica e i contributi per le spese di organizzazione e di funzionamento degli stessi. Il finanziamento pubblico è ora limitato ai soli contributi per le spese elettorali. Va aggiunto che con la l. n. 515 del 1993 è stata introdotta la autocertificazione, che è idonea a sostituire la dichiarazione congiunta. L’esperienza ha insegnato che i reati in materia di illecito partiti partiti concorrono spesso con altre fattispecie criminose. Nel caso di finanziamento erogato da una società privata, non deliberato dall’organo sociale competente, e non iscritto a bilancio, si avrà concorso con il reato di false comunicazioni sociali. Se il contributo illecito è versato a un pubblico ufficiale perche´ compia un atto contrario o proprio dell’ufficio, sarà configurabile il concorso con il reato di corruzione (v.). Poiche´ , ai sensi della l. n. 537 del 1993, sono tassabili anche i proventi illeciti, potrà esservi anche concorso tra le fattispecie qui esaminate e i reati tributari (v. reati, partiti tributari). (M. Coliva).


Partita Iva      |      Partnership


 
.