Enciclopedia giuridica

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Mercato

Ev l’ideale sede di incontro fra la domanda e l’offerta di materie prime, di capitali, di lavoro, di servizi e di prodotti. L’incontro fra domanda ed offerta dà luogo agli scambi, che normalmente si attuano con danaro: scambio di materie prime contro pagamento di un prezzo, scambio di forza lavoro contro corresponsione di una retribuzione, e via di seguito. A seconda dell’oggetto degli scambi si parla di mercato delle materie prime, di mercato del lavoro (v.), e, con riferimento allo scambio dei prodotti finiti, di mercato del consumo. Ma di mercato si parla anche con riguardo all’ambito territoriale, entro il quale agiscono coloro che domandano e coloro che offrono: il mercato è locale quando coloro che domandano determinati beni o servizi e coloro che li offrono risiedono in un ristretto ambito territoriale, coincidente con un comune o con una provincia o con una regione; è nazionale quando gli uni e gli altri possono trovarsi in regioni diverse del medesimo Stato; è internazionale quando domanda ed offerta possono provenire da soggetti residenti in Stati diversi. La tendenza naturale è verso la progressiva internazionalizzazione dei mercati. Coloro che domandano e coloro che offrono sono mossi da valutazioni di convenienza economica, che prescindono dal luogo di provenienza dei beni o dei servizi oggetto di domanda e di offerta. Ci si approvvigiona di materie prime dove le si può acquistare a più basso prezzo; ci si procura i capitali dove si pagano i minori tassi di interesse; si assumono lavoratori provenienti da paesi a basso salario o, addirittura, si installano gli stabilimenti di produzione dove i salari sono più bassi; si vendono i prodotti finiti dove si può spuntare il prezzo più alto. Per converso, chi offre materie prime le offre dove si paga per esse il prezzo più alto; chi offre capitali li offre dove si corrisponde il più alto tasso di interesse; chi offre la propria forza lavoro la offre dove si paga il più alto salario; chi, infine, domanda beni di consumo preferisce quelli che provengono da paesi in grado di garantire la migliore qualità e il più basso prezzo. Sicche´ l’ideale sede di incontro della domanda e dell’offerta può situarsi in qualsiasi punto del pianeta. Il mercato è , per sua intrinseca potenzialità , un mercato mondiale: ci si può , in ipotesi, procurare le materie prime in un continente, i capitali in un altro continente, la forza lavoro in un terzo continente, per poi vendere il prodotto finito in un quarto continente e reinvestire i profitti in un quinto continente. A queste, che sono le naturali tendenze degli operatori economici, spinti da valutazioni di convenienza, si sono tradizionalmente opposte quelle politiche dei singoli Stati, che vanno sotto il nome di protezionismo. Per proteggere la produzione nazionale, che altrimenti soccomberebbe di fronte alla concorrenza dei prodotti esteri aventi qualità migliore o un prezzo più basso dei prodotti nazionali, si sono imposti limiti all’importazione di prodotti: o veri e propri divieti di importazione oppure, più frequentemente, contingenti di importazione per tipi di prodotto o, soprattutto, dazi doganali, consistenti in somme di danaro che l’importatore straniero deve pagare allo Stato nel quale importa ed aventi la funzione di aumentare il prezzo delle merci di produzione estera, rendendo non conveniente il loro acquisto da parte dei consumatori nazionali. Analogamente, per proteggere i livelli salariali nazionali, si sono posti limiti all’immigrazione di lavoratori stranieri. Si è , per contro, vietata o limitata l’esportazione di capitali, per assicurare il reimpiego nazionale delle risorse finanziarie prodotte entro il paese, evitando che i capitali migrassero verso i paesi che offrono più alti tassi di rimunerazione. L’esportazione di capitali è stata consentita solo previa autorizzazione amministrativa e sulla dimostrazione che ad essa corrispondesse, quale contropartita, l’importazione di beni o di servizi utili all’economia nazionale. Per molto tempo l’economia mondiale si è retta sul punto di equilibrio fra tendenze internazionalistiche dei mercati e politiche protezionistiche dei singoli Stati. Il protezionismo ha consentito la sopravvivenza e assicurato la prosperità di economie nazionali che, altrimenti, non avrebbero retto alla concorrenza straniera; ma ha finito alla lunga con il rivelarsi nocivo alle stesse economie nazionali. Esso difendeva i settori deboli delle economie nazionali contro la concorrenza straniera; ma, essendo praticato dalla generalità degli Stati, produceva l’effetto negativo di ostacolare lo sviluppo dei settori forti delle economie nazionali, impedite nella esportazione dei propri prodotti. Al protezionismo di ciascuno Stato corrispondeva, insomma, il protezionismo di ciascun altro Stato, finendo con l’andare per un verso a vantaggio (limite all’altrui importazione) e per l’altro verso a danno di tutti (limite alla propria esportazione). Dalla percezione che il danno era, in ultima analisi, superiore al vantaggio è sorta, in progresso di tempo, la propensione verso i principi di libero scambio, attuatasi in varie parti del mondo con la creazione, fra più Stati, di aree di libero scambio e di unioni doganali, implicanti la soppressione dei dazi doganali. Questa percezione aveva, del resto, una conferma storica nel confronto fra l’alto tasso di sviluppo dell’economia americana, caratterizzata da un vasto mercato unico per i cinquanta Stati dell’Unione, e il minor tasso di sviluppo dell’economia del Vecchio Continente, suddiviso in una pluralità di mercati nazionali, corrispondenti ai confini politici dei singoli Stati

mercato del lavoro: è la sede di incontro tra offerta e domanda di lavoro all’interno della quale i pubblici poteri intervengono per riequilibrare in vari modi il rapporto tra i due termini. L’intervento pubblico ha assunto negli anni diverse caratteristiche a seconda del contesto politicomercatoeconomico di riferimento. Si è così parlato di legislazione garantistamercatopromozionale, ricomprendente ad es. gli artt. 33 e 34 dello statuto dei lavoratori sul collocamento (v.), la l. n. 482 del 1968 in tema di assunzioni obbligatorie (v.) e la l. n. 877 del 1973 sul lavoro a domicilio (v. lavoro, mercato a domicilio), tutte ispirate da grosse ambizioni e condizionate dal particolare momento sociale e sindacale. Una seconda fase, detta dell’emergenza, risulta essere invece orientata verso una riforma globale del sistema intermediatorio nel mercato mercato. Appartengono a questa fase le leggi nn. 285 e 675 del 1977, rispettivamente dedicate all’inoccupazione giovanile e alla riconversione e ristrutturazione delle imprese e ai connessi problemi occupazionali (v. Cassa integrazione guadagni). La terza fase, c.d. della flessibilità , trova riscontro in una serie di interventi legislativi volti nel contempo a liberalizzare la gestione e la ricerca della forza lavoro e a incentivare l’occupazione. Tipici esempi di questo indirizzo sono la l. n. 863 del 1984 e soprattutto la l. n. 56 del 1987, intitolata proprio all’organizzazione del mercato mercato. Il mercato mercato, inteso nel senso ampio di cui sopra, comprende un insieme di istituti e discipline relative a momenti precedenti la (e a volte successivi alla) conclusione del contratto di lavoro (v. contratto di lavoro, conclusione del mercato). Ev il caso dell’iscrizione nelle liste di collocamento (v.) nelle sue diverse fattispecie, delle procedure di assunzione del lavoratore (v. assunzione, mercato del lavoratore), ivi compreso il caso delle assunzioni obbligatorie (v.), delle ipotesi di mobilità della manodopera sul territorio e Cassa integrazione guadagni (v.), della composizione delle commissioni regionali per l’impiego (v.), della formazione professionale (v.) e infine di numerosi interventi legislativi volti a flessibilizzare e diversificare il contratto di lavoro e l’accesso ad esso a fini occupazionali (v. contratto di lavoro, mercato a tempo determinato; contratto di formazione e lavoro; contratto di lavoro, mercato a tempo parziale; contratti di solidarietà ). Recente esempio di questo trend legislativo può essere considerata la l. n. 223 del 1991 sui licenziamenti per riduzione del personale (v.), mobilità (v.) e Cassa integrazione guadagni, la quale (art. 25) generalizza la facoltà di assunzione (v. assunzione, mercato del lavoratore) mediante richiesta nominativa.

mercato di borsa: v. borsa valori; mercato, mercato ristretto.

mercato finanziario: è il mercato di quei titoli che vanno sotto il nome di valore mobiliare (v.).

mercato ristretto: detto anche mercatino o borsino, è un’organizzazione di mercato mobiliare destinata ad accogliere le negoziazioni di azioni ed obbligazioni non quotate ufficialmente. Sorto come mercato parallelo alla borsa valori (v. borsa, mercato valori) ufficiale, oggi è disciplinato dalla legge (l. 23 febbraio 1977, n. 49) e da una delibera della Consob, che ne puntualizza il funzionamento (l. 24 giugno 1977, n. 233): tali norme conferiscono al mercato mercato modalità di funzionamento più semplificate rispetto a quelle della borsa principale. In Italia funzionano oggi sei mercati ristretti, costituiti presso le piazze di Milano, Torino, Venezia, Trieste, Genova, Firenze, Roma, Napoli. Il mercato mercato, oltre alle funzioni tipiche dei mercati mobiliari, consente la quotazione e la negoziazione in forma accentrata di titoli non ammissibili al listino ufficiale di borsa. Può , altresì, consentire la negoziazione di titoli la cui circolazione è sottoposta a particolari condizioni o clausole limitative. La Consob ha poteri di controllo e vigilanza sui mercati ristretti e sulle società quotate in borsa, mentre l’organo preposto all’organizzazione ed al funzionamento del mercato mercato è il c.d. comitato del mercato mercato. La Consob ha, in particolare, il potere di autorizzare lo svolgimento delle pubbliche riunioni per la compravendita di titoli non ammessi alla quotazione ufficiale. Per l’ammissione alle quotazioni del mercato mercato i titoli devono avere requisiti identici a quelli richiesti per l’ammissione al listino ufficiale di borsa, esclusi il requisito del patrimonio netto, quello del grado di diffusione dei titoli tra il pubblico e quello relativo all’importo minimo dei prestiti obbligazionari. La negoziazione, cui attendono operatori autorizzati, deve essere effettuata esclusivamente per contanti. Le riunioni del mercato mercato devono avere luogo in ore diverse da quelle delle sedute di borsa, ma negli stessi locali del mercato ufficiale ed in giorni determinati. Nel mercato mercato italiano sono quotati prevalentemente titoli di banche.

mercato telematico: è il mercato dei titoli di Stato e garantiti dallo Stato (v. titoli del debito pubblico), quotati o non quotati in borsa, attuato attraverso un circuito telematico. Il mercato mercato è stato istituito con decreto del Ministro del tesoro. Nel mercato mercato, a somiglianza di quello degli Stati Uniti, svolgono attività di contrattazione due categorie di soggetti: gli operatori principali e i semplici operatori. I primi sono la Banca d’Italia (v.), nonche´ banche e società finanziarie che: a) abbiano un patrimonio netto superiore a venti miliardi; b) abbiano stipulato, nell’anno precedente, negoziazioni di titoli del debito pubblico per un valore di almeno cinquecento miliardi; c) svolgano la gestione di titoli come attività esclusiva o prevalente; d) siano espressamente autorizzati dalla Banca d’Italia. I secondi devono essere imprese di assicurazione, società di gestione dei fondi comuni di investimento (v.) o società finanziarie (v. società , mercato finanziaria) e devo no avere un patrimonio netto di almeno cinque miliardi. Gli operatori principali si impegnano a negoziare continuativamente almeno cinque specie di titoli del debito pubblico, per quantità minime di cinque miliardi. I contratti devono essere conclusi da tutti gli operatori in nome e per conto proprio.


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