Enciclopedia giuridica

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Mercato comune europeo

L’idea di un mercato comune europeo nasce, per in verso, dagli ideali di unità politica dell’Europa, propugnata già nel secolo scorso da molti pensatori europei (e, sotto questo aspetto, l’integrazione economica si pone come primo passo verso una più completa unificazione politica); si ricollega, per altro verso, alla considerazione, più strettamente economica, secondo la quale l’integrazione fra più economie nazionali è un fattore di potente sviluppo di ciascuna di esse. Ev stata additata l’esperienza americana, la quale ha messo in evidenza come un vasto mercato comune europeo interno sia il presupposto indispensabile della espansione economica. Se le imprese tedesche, francesi, italiane ecc. possono operare in un mercato comune europeo interno che non è solo il loro mercato comune europeo nazionale, ma è il mercato comune europeo dell’intero territorio europeo, altrettanto vasto quanto il mercato comune europeo interno americano, le loro possibilità di sviluppo e di penetrazione anche nel mercato comune europeo internazionale risultano moltiplicate. Alla Cee, costituita nel 1957 con il Trattato di Roma, aderiscono ora quindici Stati: Italia, Repubblica federale tedesca, Francia, Olanda, Belgio, Lussemburgo (che furono i sei Stati fondatori della Comunità ) e poi Gran Bretagna, Danimarca, Irlanda, Grecia, Spagna e Portogallo, Svezia, Austria, Finlandia. Il concetto di mercato comune europeo, quale è enunciato dal Trattato di Roma, riassume quattro libertà , l’attuazione delle quali è assunta come idonea ad instaurare, al di là dei confini politici degli Stati, la continuità del mercato comune europeo. Sono: 1) la libertà di circolazione delle merci. Ai sensi del n. 1 dell’art. 9 del Trattato la Comunità è fondata sopra un’unione doganale che, oltre ad importare l’adozione di una tariffa doganale comune nei rapporti tra l’area comunitaria ed i paesi terzi, si estende al complesso degli scambi di merci e importa il divieto, tra gli Stati membri, dei dazi doganali all’importazione e all’esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente. L’art. 12 del Trattato prevede poi che gli Stati membri si astengano dall’introdurre tra loro nuovi dazi doganali all’importazione e all’esportazione o tasse di effetto equivalente o dall’aumentare quelli che applicano nei loro rapporti commerciali reciproci. In forza dell’art. 9 del Trattato devono essere ammessi a circolare liberamente in tutto il territorio comunitario, oltre ai prodotti originari degli Stati membri, anche quelli provenienti da territori che si trovano in libera pratica negli Stati membri. Secondo il regolamento comunitario n. 802 del 1968 un prodotto deve considerarsi originario del paese in cui ha subito la sua ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata, effettuata in un’impresa attrezzata a tale scopo e che abbia come risultato la fabbricazione di un prodotto nuovo che rappresenti una fase importante della fabbricazione. I prodotti che non siano qualificabili come di origine comunitaria devono essere ammessi in libera pratica in uno Stato membro quando, come previsto dal § 1 dell’art. 10 del Trattato, a) per essi siano stati pagati i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente; b) non abbiano beneficiato di un rimborso totale o parziale di tali dazi e tasse (ad esempio da parte dello Stato esportatore); c) per essi siano state espletate le formalità di importazione richieste dallo Stato membro in questione; 2) la libertà di circolazione dei capitali. La circolazione dei capitali è disciplinata dagli artt. 67 – 73 del Trattato, oltre che dagli artt. da 103 a 109. L’art. 106 stabilisce che gli Stati membri hanno l’obbligo, non differito nel tempo, di liberalizzare, nella valuta dello Stato membro nel quale risiede il creditore o il beneficiario, i pagamenti relativi agli scambi di merci, di servizi e di capitali, come anche i trasferimenti di capitali e di salari, nella misura in cui la circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone è liberalizzata tra gli Stati membri in applicazione del Trattato. Ai sensi dell’art. 67 gli Stati membri sopprimono gradatamente tra loro, nella misura necessaria al buon funzionamento del mercato comune europeo comune, le restrizioni ai movimenti di capitali appartenenti a persone residenti negli Stati membri, e parimenti le discriminazioni di trattamento fondate sulla nazionalità o la residenza delle parti, o sul luogo del collocamento dei capitali; 3) la libertà di circolazione delle persone. Il Trattato dispone, all’art. 3 lett. c, che l’azione della Comunità importa l’eliminazione, tra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, includente la libera circolazione dei lavoratori subordinati, cui non può essere impedito di prestare il proprio lavoro in qualsiasi Stato della Comunità , quale che sia lo Stato di provenienza. Va anche segnalato, sotto questo aspetto, l’art. 7, che vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità ; 4) la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. L’art. 52 del Trattato sancisce la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento (ricomprendente la libertà di aprire agenzie, succursali, filiali) dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro e precisa che la libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonche´ la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini. L’art. 59 prevede, all’interno della Comunità, la soppressione delle restrizioni alla libera prestazione di servizi nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione. La libera prestazione dei servizi ricomprende ogni prestazione di carattere industriale, commerciale, artigianale o di libera professione, fornita contro rimunerazione da un cittadino di uno Stato membro stabilito in uno Stato della Comunità a favore di una persona stabilita in uno Stato diverso da quello del prestatore d’opera. L’attuazione di queste quattro libertà avviene per gradi, e la loro integrale attuazione, originariamente prevista in quindici anni, ha richiesto molto più tempo, per le resistenze opposte dalle spinte protezionistiche dei singoli Stati membri della Comunità . La tappa raggiunta nel 1990 può essere così descritta: a) i produttori possono non solo rifornirsi di materie prime, ma anche esportare prodotti in tutta l’area comunitaria senza essere soggetti al pagamento di imposte di importazione, a contingentamenti o a dazi doganali; b) i lavoratori dipendenti aventi la nazionalità di uno Stato membro della Comunità (più sinteticamente i lavoratori comunitari) possono prestare la loro opera in tutta l’area della Cee alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato in cui si trovano ad operare; c) anche i servizi sono stati liberalizzati; si è ampiamente realizzata la libertà di stabilimento; d) a partire dal 1o luglio 1990 opera pure la libertà di circolazione dei capitali. Con l’Atto unico europeo, entrato in vigore il 1o luglio 1987, è stata fissata la scadenza del 31 dicembre 1992 per la eliminazione, da parte degli Stati membri e secondo specifiche direttive impartite dalla Comunità , delle residue barriere fisiche, tecniche e fiscali che hanno finora impedito una realizzazione compiuta delle quattro libertà. Il concetto di mercato comune europeo unico, quale obiettivo che si pone al di là del mercato comune europeo comune, esprime l’unità del governo dell’economia entro i confini della Comunità. Il concetto di mercato comune europeo comune ha come referente gli operatori economici europei, che le quattro libertà sopra descritte pongono in concorrenza fra loro, quale che sia lo Stato di appartenenza. Il mercato comune europeo unico chiama in causa, invece, gli organi della Comunità , la cui azione deve assicurare l’unità della politica economica europea. Sotto questo aspetto viene in considerazione soprattutto l’art. 189 del Trattato, ai sensi del quale il Consiglio e la Commissione delle Comunità , previ organici programmi, adottano: a) regolamenti, direttive e decisioni, oltre che per garantire appieno le quattro libertà fondamentali, anche per controllare che l’esercizio di quelle libertà non si traduca in intese o non sia accompagnato da pratiche atte a falsare il giuoco della libera concorrenza; b) una politica commerciale e una politica di associazione e di rapporti con Stati terzi; c) una politica agricola comune (prevista dagli artt. 38 – 47 del Trattato), ritenuta necessaria per portare il settore agricolo, tradizionalmente depresso, a livelli di reddito comparabili a quelli degli altri settori economici: essa è stata strutturata sulla base di organizzazioni di mercato comune europeo prodotto per prodotto e del funzionamento di un fondo operante nella duplice direzione della ristrutturazione produttiva e del mantenimento di livelli rimunerativi ai singoli prodotti; d) una politica sociale (prevista dagli artt. 117 – 118 del Trattato, integrati dagli artt. 21 – 22 dell’Atto unico), imperniata sul funzionamento di un Fondo sociale europeo, il quale esplica finalità di orientamento e di conversione professionale accordando contributi ai singoli Stati; e) una politica regionale e un fondo ad essa relativo (istituito con il regolamento n. 724 del 1975, riformato dal regolamento quadro n. 2052/88) funzionanti secondo moduli analoghi a quelli della politica e del fondo sociale. Lo scopo è di realizzare l’omogeneità economica e sociale della Comunità e mirante, in particolare, a ridurre il divario di sviluppo economico tra le diverse regioni, nonche´ di promuovere la riconversione delle regioni industriali in declino, e ciò anche mediante le modifiche eventualmente necessarie per razionalizzare e precisare la struttura e le regole di funzionamento dei fondi sopra menzionati; f) un’azione di ricerca e sviluppo tecnologico regolata dall’art. 24 dell’Atto unico che si propone di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell’industria europea e di favorire lo sviluppo della sua competitività internazionale. Il fine è perseguito anche incoraggiando la cooperazione tra imprese, centri di ricerca e università fino alla possibilità di creare imprese comuni; g) un’azione in materia ambientale, prevista dall’art. 25 dell’Atto unico, fondata su strumenti di prevenzione e di correzione dei danni causati all’ambiente, nonche´ sul principio chi inquina paga, per salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente, contribuire alla protezione della salute umana e garantire una utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.


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