Enciclopedia giuridica

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Gruppo di società

Ev il fenomeno per il quale più società , operano sotto il controllo (azionario o contrattuale) di una holding (v controllo di società ). Il gruppo si presenta, per certi aspetti, come entità giuridica unitaria e si fraziona, per altri aspetti, nella pluralità delle società che lo compongono. Gli elementi di giuridica unità sono rilevati dalla giurisprudenza su un duplice versante: 1) sul versante del diritto dell’impresa: a) al gruppo di società corrisponde, nonostante la pluralità dei soggetti che ne sono titolari, una unica impresa; b) società holding e società controllate non esercitano imprese diverse, ma esercitano fasi diverse della medesima impresa; c) la società holding esercita quella fase dell’impresa di gruppo che consiste nella direzione e nel coordinamento tecnicogruppo di societàfinanziario dell’impresa, mentre le società controllate esercitano quelle ulteriori fasi della medesima impresa che consistono nell’attività produttiva o di scambio; 2) sul versante del diritto delle società: a) la società holding non ha un oggetto diverso dall’oggetto delle società controllate: la prima esercita in modo mediato e indiretto le medesime attività che formano oggetto delle seconde e che queste ultime esercitano in modo immediato e diretto; b) l’interesse sociale della holding e quello delle controllate sono interessi tra loro omogenei, giacche´ la prima persegue, in modo mediato e indiretto, il medesimo interesse che le seconde perseguono in modo immediato e diretto. Gli elementi di pluralità risiedono nella distinta soggettività giuridica delle società operanti sotto il controllo di una holding, pubblica o privata che sia. In linea di principio questa è terza rispetto ai rapporti giuridici che le società controllate abbiano posto in essere; sicche´ coloro che abbiano acquistato ragioni di credito nei loro confronti non hanno titolo per invocare la responsabilità patrimoniale della società o ente capogruppo. In questa separazione delle responsabilità , che in termini economici assolve la funzione di diversificazione dei rischi, la Cassazione ravvisa i cardini sui quali ruota il diffuso intreccio dei fenomeni di raggruppamento o di rapporto di controllo fra società . L’unità imprenditoriale del gruppo si combinana a questo modo con la pluralità delle società che lo compongono. Alla società holding spetta la suprema direzione del gruppo; le società operanti traducono le direttive che ricevono dalla holding in specifiche attività di produzione o di scambio. L’una e le altre sono soggetti di diritto fra loro distinti; vengono così a trovarsi giuridicamente separate la direzione da un lato e l’attuazione dall’altro dell’attività produttiva o di scambio, che pure sono tratti coessenziali della funzione imprenditoriale. Questa separazione ha molteplici valenze economiche, descritte anche nella letteratura aziendalistica: offre il già ricordato vantaggio della diversificazione dei rischi relativi ai vari settori di attività o ai vari mercati sui quali l’impresa opera; ma giova anche ai fini di una migliore organizzazione aziendale, giacche´ i dirigenti preposti alle varie società operanti non sono funzionari legati ai vertici aziendali da un rapporto gerarchico, ma amministratori che attuano le direttive della capogruppo con ampia autonomia decisionale, investiti come sono di proprie responsabilità civili e penali. L’unicità dell’impresa non richiede affatto l’unicità del soggetto che la esercita. Anche fuori dei gruppi di società può manifestarsi l’analogo fenomeno della scomposizione di una impresa per fasi distinte, ciascuna delle quali imputata ad un diverso soggetto. Accade nei consorzi fra imprenditori, così come concepiti dall’art. 2609 c.c.: qui alcune fasi delle imprese consorziate sono esercitate dal consorzio, ossia da un soggetto distinto dagli imprenditori uniti in consorzio. Conseguenza dell’unità dell’impresa sono: 1) dal punto di vista del diritto dell’impresa: 1a) la qualificazione dell’attività della holding come attività imprenditoriale non si effettua in ragione del fatto che essa gestisce partecipazioni in altre società (ciò da cui era nata la singolare concezione della holding come società senza impresa), ne´ in ragione del fatto che essa presta assistenza tecnica e finanziaria ad altre società (ciò da cui aveva preso origine la non meno singolare qualificazione, talora condivisa anche da giudici di merito, dell’attività della holding come impresa ausiliaria ai sensi dell’art. 2195, n. 5, c.c.). La holding è impresa in ragione dell’attività, produttiva o di scambio, esercitata dalle controllate: è , ad esempio, impresa bancaria se le controllate gestiscono banche; è impresa plurisettoriale se le controllate esercitano, come accade nei gruppi conglomerati, attività appartenenti a settori produttivi o distributivi diversi; 1b) il marchio del quale sia titolare la società holding, in quanto marchio che contraddistingue la qualità di prodotti dell’impresa di gruppo, può essere liberamente utilizzato dalle controllate; e non ci sarà decadenza del marchio per non uso se il marchio non è usato dalla holding, sua formale titolare, ma è usato dalle controllate (così il d. l. 4 dicembre 1992, n. 480, che modifica l’art. 22 l. marchi); 2) dal punto di vista del diritto della società: 2a) la conversione di una società operante in società holding non comporta modificazione dell’oggetto sociale. L’ipotesi ricorre con qualche frequenza: una società esercente una attività di produzione o di scambio assume il controllo di un’altra società , dismettendo l’esercizio diretto dell’attività originaria: qui non occorre una deliberazione assembleare modificativa dell’oggetto sociale, che non è cambiato, essendo solo mutate le modalità di conseguimento dello stesso; 2b) gli atti posti in essere dagli amministratori della holding, se rientranti nell’oggetto delle controllate, non sono atti estranei all’oggetto della holding: perciò le fideiussioni prestate dalla holding a favore delle controllate non possono essere considerate atti contrari o estranei al conseguimento dell’oggetto sociale della società che li ha compiuti; 2c) l’interesse di gruppo, del quale si faccia portatrice la holding, non è , nell’assemblea delle controllate, un interesse extrasociale, e gli amministratori della prima, che votino nell’assemblea di una controllata su una operazione intercorrente fra controllante e controllata, non sono necessariamente in conflitto di interessi con la società , come ha recentemente precisato la Cassazione.

bilanci consolidati del gruppo di società: v. bilancio, gruppo di società consolidato.

gruppo di società e rapporto di lavoro: il concetto di collegamento tra imprese non è definito in generale da alcuna norma di diritto del lavoro. Ev peraltro previsto (art. 12 l. 23 luglio 1991, n. 223) che si applichino le disposizioni sull’integrazione salariale straordinaria in tema di cassa integrazione guadagni (v.), anche all’impresa che procede alla sospensione dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o contrazioni dell’attività dell’impresa che esercita sulla stessa l’influsso gestionale prevalente. Quest’ultimo presupposto sussiste quando, in relazione ai contratti aventi ad oggetto l’esecuzione di opere o la prestazione di servizi o la produzione di beni o semilavorati costituenti oggetto dell’attività produttiva o commerciale dell’impresa committente, la somma dei corrispettivi risultanti dalle fatture emesse dall’impresa destinataria delle commesse nei confronti dell’impresa committente, acquirente o somministrata, abbia superato, nel biennio precedente, il cinquanta per cento del complessivo fatturato dell’impresa destinataria delle commesse. Al collegamento tra imprese definito in tal modo, dato il carattere eccezionale delle disposizioni stesse, non è però possibile ricollegare ulteriori effetti. In generale il collegamento tra imprese è innanzitutto un concetto economico, con il quale si vuole indicare l’interdipendenza che intercorre tra due o più imprese sia nella forma della direzione unica delle stesse sia invece in quella di una pluralità di autonomi centri di decisione coordinati tra di loro. Il collegamento tra società è, quindi (art. 2359 c.c.), variamente riconosciuto nel diritto commerciale, ma non, come detto, nel diritto del lavoro. La giurisprudenza di legittimità afferma infatti costantemente che il collegamento o raggruppamento di società non assorbe la singola personalità giuridica delle società stesse e non dà luogo ad un distinto soggetto giuridico, ne´ ad un autonomo centro di imputazione dei rapporti rispetto alle società del gruppo. Ev fatta salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, ogni qualvolta vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge degli atti costitutivi della società del gruppo mediante intermediazione ed interposizione (v.) fittizie, o viceversa reali ma fiduciarie.

trattamento fiscale del gruppo di società: in campo tributario la diffusione del fenomeno dei gruppi ha sollevato tutta una serie di problemi che vanno dal riconoscimento della soggettività , al consolidamento dei bilanci fino all’eliminazione di eventuali artificiosi movimenti interni di risorse. Sul piano strettamente teorico prospettive per il riconoscimento della soggettività tributaria del gruppo potrebbero scorgersi nell’adozione di formule ampie e generiche come quelle contenute nell’art. 87 Tuir. In particolare il gruppo come entità a se´ stante potrebbe concretare un’ipotesi di non appartenenza ad altri soggetti passivi verificando il presupposto di imposta in modo unitario ed autonomo. Nei fatti esiste, però , una sfasatura tra la realtà economica che ha ampiamente riconosciuto il gruppo e la realtà giuridica che non considera lo stesso quale autonomo soggetto di tassazione dotato di propria capacità contributiva. L’imposizione si realizza così in capo ai singoli soggetti del gruppo nella quasi completa indifferenza per l’appartenenza al gruppo. Manca in sostanza sia la massima estensione fiscale del concetto di gruppo, sia quella minima poiche´ questo non è riconosciuto ne´ quale soggetto di tassazione unitaria ne´ quale luogo di compensazione tra le poste fiscali attive e passive calcolate autonomamente per ciascuna società del gruppo. Un implicito riconoscimento dell’esistenza giuridica del gruppo e delle sue architetture si è avuto con le agevolazioni per le operazioni di conferimento effettuate da enti creditizi aventi natura societaria al fine di costituire un gruppo creditizio (l. 30 luglio 1990, n. 218) e, soprattutto, con l’introduzione della nuova imposta patrimoniale per le società (v.). Se per le imposte dirette il sistema fiscale non presenta provvedimenti significativi con riguardo al gruppo nell’Iva esiste un’apposita disciplina: la c.d. Iva di gruppo. Si tratta peraltro di una particolare procedura di liquidazione del tributo che esclude un esplicito riconoscimento giuridico fiscale della figura del gruppo e trova la sua ragion d’essere nella prassi fiscale italiana di ritardare i rimborsi d’imposta. La soggettività rimane, infatti, in capo alle singole società , sia pure in solido con la società controllante, anche agli effetti delle relative responsabilità. Peraltro è stato notato che il fine del procedimento non è tanto quello di introdurre una disciplina Iva dei gruppi, ma di offrire alle società un mezzo semplificato di recupero delle eccedenze di credito, mediante compensazione fra debiti e crediti di imposte emergenti dalle liquidazioni e dichiarazioni delle società facenti parte di un gruppo (c.m.. 28 febbraio 1986, n. 16/360711). La normativa recepisce in minima parte le più ampie indicazioni della VI direttiva Cee del 13 giugno 1977 (art. 4, par. 4, comma 2o) individuando il gruppo di imprese attraverso l’ennesima definizione di controllo di società . La condizione soggettiva di applicabilità della procedura è il rapporto di controllo nel possesso di più del 50% del capitale della società partecipata con decorrenza dall’inizio dell’anno solare precedente. Più in particolare l’art. 1 del d.m. 13 dicembre 1979 dispone che i versamenti relativi alle liquidazioni periodiche possono essere fatti dagli enti o società controllanti, per l’ammontare complessivamente dovuto da essi o da una o più società controllate, al netto delle eccedenze detraibili risultanti dalle liquidazioni periodiche. Ciò non toglie che le varie società debbano calcolare individualmente le proprie liquidazioni e presentare distinte dichiarazioni annuali agli uffici Iva territorialmente competenti. La società controllante riporterà le risultanze delle singole liquidazioni su di un apposito registro riassuntivo e presenterà al proprio ufficio Iva anche la copia delle dichiarazioni delle controllate ed il prospetto analitico delle liquidazioni e dei versamenti periodici eseguiti per conto delle controllate. L’art. 6 del d.m. citato prevede una forma di solidarietà passiva tra le società controllate e la controllante capogruppo per le somme non versate dalla controllante risultanti dalle varie dichiarazioni e liquidazioni periodiche. Proprio tale regime di responsabilità solidale in sede di adempimento e di riscossione rappresenta la più evidente dimostrazione del mancato riconoscimento della personalità giuridica del gruppo. Invece, in termini di imposta di registro la mancata considerazione del gruppo quale autonomo soggetto d’imposta comporta l’assoggettamento ad un’imposizione a cascata nei rapporti fra società dello stesso gruppo. Così nel caso del finanziamento infragruppo la somma oggetto del mutuo è soggetta ad imposta di registro nella misura del 3% (ex art. 9 della tariffa, d.p.r. 131/1986) se il relativo contratto viene sottoposto a registrazione. Nell’ipotesi di versamento in conto capitale a fondo perduto l’imposta è del 1% della somma conferita (art. 4 della Tariffa, d.p.r. 131/1986). Peraltro se il versamento è deliberato contemporaneamente ad una riduzione per perdite del capitale a copertura delle perdite stesse, il versamento non è soggetto ad imposta fino a concorrenza dell’ammontare della perdita coperta. Se invece il versamento concerne un aumento del capitale sociale della partecipata con relativa emissione di azioni o quote, l’imposta di registro (nella misura del 1%) è calcolata sull’importo complessivo del versamento, ma è consentita la deduzione delle spese e degli oneri inerenti all’aumento calcolati forfetariamente nella misura del 2% dell’ammontare complessivo del valore nominale e del sovrapprezzo fino a 200 milioni e del 1% per la parte eccedente fino ad un massimo di 1 miliardo (art. 50 t.u. Registro).


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