intese con la Chiesa cattolica:  sono  accordi  tra  le competenti autorità  statali ecclesiastiche  di vario  livello, la cui conclusione  è  prevista  dalle  disposizioni concordatarie del 18 febbraio  1984 (artt.  5, n. 1; 6; 7; n. 6; 10, n. 2; 11, n. 2; 12, n. 1; e 13, n. 2, Accordo e nn.  3, lett.  a, e 5 lett.  a e b, Protocollo addizionale), nonche´  dal Protocollo di approvazione delle  norme  sugli enti e beni  ecclesiastici  del 15 novembre 1984 (art.  3), al fine di regolare materie per  le quali  sia espressamente richiesta  o sia opportuna la collaborazione tra  Stato  e Chiesa.  Per  dare  alle  intese esecuzione nell’ordinamento italiano  sono  necessari  atti  normativi idonei  a regolamentare le materie  concordate, e, quindi,  di tipo,  di volta  in volta, differente a seconda  dell’oggetto  disciplinato.  Sono  da  ricordare, a tale proposito, sia l’intesa  con  la Santa  Sede  sul riconoscimento come  giorni festivi  di festività  religiose  (scambio  di note  verbali  23 dicembre  1985), sia le intese stipulate con  la Conferenza episcopale  italiana (v.) per  l’insegnamento della  religione  cattolica  nelle  scuole  pubbliche (14 dicembre  1985 e 13 giugno  1990) e per  l’assistenza  spirituale  al personale della  polizia  di Stato (21 dicembre  1990), le quali  hanno  tutte  avuto  esecuzione di dubbia legittimità , perche´  attuate con  decreti  presidenziali (d.p.r.,  rispettivamente, 28 dicembre  1985, n. 792; 16 dicembre  1985, n. 751, e 23 giugno  1990, n. 202; 17 gennaio  1991, n. 92), cioè  con  atti  normativi di forza  non  adeguata in relazione  alla  totalità  o a parte  dei contenuti di esse, che avrebbero dovuto,  invece,  assumere  efficacia  nel diritto  italiano  per  il tramite di leggi.   
 intese con le confessioni  diverse dalla cattolica:  sono  accordi  che vengono stipulati,  per  il tramite delle  relative  rappresentanze, tra  lo Stato  e le confessioni  religiose  acattoliche, e costituiscono, come  stabilito  dalla Costituzione (art.  8, comma  3o), l’imprescindibile base  contenutointeselimite della  legge regolatrice dei loro  reciproci  rapporti. A  fronte  della maggioranza degli  autori  che sostiene  che le intese siano  atti  di diritto  pubblico interno statale,  una  dottrina autorevole, invece,  considerando le confessioni religiose  non  cattoliche,  quando organizzate (art.  8, comma  2o, Cost.), ordinamenti giuridici  originari  (v. confessioni  religiose), ritiene  le intese atti  di diritto  esterno. Tale  seconda  tesi è  suffragata dalla  prassi  ormai  instauratasi nella  stipulazione delle  intese e che adotta le forme  e segue  le regole  degli incontri  tra  ordinamenti indipendenti. Atti  bilaterali, dunque, di diritto esterno, ma non  di diritto  internazionale, perche´  quest’ultimo non  riconosce  soggettività  alle  confessioni  religiose  diverse  dalla  cattolica,  bensì  atti  di  ordinamenti sorti,  volta  per  volta,  dall’incontro delle  volontà  dello  Stato  e delle  varie  confessioni,  posti,  cioè , dalle  intese  stesse.  Un’intesa può  essere sottoscritta anche  da  più  confessioni  religiose  e nei limiti dei principi  e norme costituzionali, può  avere  per  oggetto  qualsiasi  materia. Gli  organi legittimati  a stipulare intese sono,  da  parte  confessionale, quegli  organi  che, a norma  degli  statuti  delle  confessioni  religiose,  ne  abbiano la rappresentanza, e, da  parte  statale,  esclusivamente il governo,  rappresentato dal presidente del Consiglio,  quando le intese abbiano carattere di generalità  o varietà  di contenuti, o da  un  singolo  ministro,  quando gli accordi  riguardino solo materie  di competenza di questi.  Il governo  è  anche  l’unico potere abilitato  a presentare in parlamento, che è  libero  di approvarlo o meno,  apposito disegno  di legge di esecuzione dell’intesa  nell’ordinamento italiano.  Con l’entrata  in vigore  di tale  legge cessa  di avere  efficacia  ed  applicabilità , nei confronti  della  confessione  e delle  confessioni  che hanno  stipulato l’intesa, la legislazione  comune  sui culti  ammessi  nello  Stato  (l. 24 giugno  1929, n. 1159, e r.d.  28 febbraio  1930, n. 289), che ha  indirettamente acquisito,  in virtù  del disposto  dell’art.  8, comma  3o, Cost.,  una  resistenza all’abrogazione o alle  modifiche  da  parte,  invece,  di leggi ordinarie non precedute da  intese e non  esecutive  di queste.  A  sua  volta,  la legge emanata a norma  dell’art.  8, comma  3o, Cost.  non  può  venire  abrogata se non  per  il tramite dell’approvazione legislativa  di un’ulteriore intesa  fra le medesime parti  o con  procedimento di revisione  costituzionale. Fino  ad  oggi sono state  stipulate ed  approvate da  altrettante leggi le seguenti  intese: con  le Chiese (valdesi  e metodiste) rappresentate dalla  Tavola  valdese,  21 febbraio  1984 (l.  11 agosto  1984, n. 449); con  l’Unione  italiana  delle  Chiese  cristiane avventiste  del 7o  giorno,  29 dicembre  1986 (l. 22 novembre 1988, n. 516); con  le Assemblee di Dio  in Italia,  29 dicembre  1986 (l. 22 novembre 1988, n. 517); con  l’Unione  delle  Comunità  ebraiche italiane,  27 febbraio  1987 (l. 8 marzo  1989, n. 101); d’integrazione della  precedente intesa  con  la Tavola valdese,  25 gennaio  1993 (l. 5 ottobre 1993, n. 409). Le  intese con  l’Unione cristiana  evangelica  battista d’Italia,  29 marzo  1993, e con  la Chiesa evangelica  luterana in Italia,  20 aprile  1993, sono,  invece,  ancora  in attesa di  approvazione; mentre quella  stipulata con  la Tavola  valdese  il 13 aprile 1986 non  ha  più  avuto  esecuzione.   
 intese fra imprese:  l’art. 85 del trattato istitutivo  della  Cee  dichiara  incompatibili con  il mercato comune  e nulli di pieno  diritto  tutti  gli accordi  tra  imprese, tutte  le decisioni  di associazioni  di imprese  e tutte  le pratiche concordate che  possano  pregiudicare il commercio tra  gli Stati  membri  e che abbiano per  oggetto  o per  effetto  di impedire, restringere o falsare  il gioco della concorrenza all’interno  del mercato comune  ed  in particolare quelli consistenti  nel: a) fissare  direttamente o indirettamente i prezzi  d’acquisto  o di vendita  ovvero  altre  condizioni  di transazione; b)  limitare  o controllare la produzione, gli sbocchi,  lo sviluppo  tecnico  o gli investimenti; c) ripartire i mercati  o le fonti  di approvvigionamento; d)  applicare, nei rapporti commerciali  con  gli altri  contraenti, condizioni  dissimili per  prestazioni equivalenti, così da  determinare per  questi  ultimi  uno  svantaggio  nella concorrenza; e) subordinare la conclusione  di contratti all’accettazione da parte  degli  altri  contraenti di prestazioni supplementari che, per  loro  natura o  secondo  gli usi commerciali, non  abbiano alcun  nesso  con  l’oggetto  dei contratti stessi. Tali intese sono  vietate  in linea  di principio;  è  però  ammesso che il divieto  possa  essere  dichiarato inapplicabile a quelle  intese che contribuiscano a migliorare  la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico  o economico,  pur  riservando agli utilizzatori una  congrua  parte  dell’utile  che ne  deriva.  La  nullità  è pronunciata dal giudice  nazionale,  in diretta applicazione del diritto comunitario. Le  conseguenze della  nullità  sono  poi  regolate dai singoli diritti  nazionali.  Ma  la Commissione Cee  può  obbligare, mediante decisione, le imprese  interessate a porre  fine all’infrazione contestata (art.  3  regolamento n. 17 del 1962), e può  punirla  con  ammenda (art.  15 regolamento cit.); ma può  anche  adottare provvedimenti cautelari.  Si noti che, mentre la posizione  dominante può  essere  apprezzata in rapporto ad un  solo  mercato nazionale,  le intese vietate  riguardano i rapporti fra imprese appartenenti a Stati  diversi.  Tuttavia, un’intesa  limitativa  della  concorrenza, intervenuta fra imprese  di un  medesimo  Stato,  può  essere  valutata come abuso  di posizione  dominante (v. abuso,  intese di posizione dominante) se una iniqua  intesa  sia stata  imposta  da  una  impresa  dominante e le altre l’abbiano accettata solo  per  sopravvivere, sia pure  a condizioni  minimali. L’art.  85 del trattato Cee  si trova  riprodotto pressoche´  testualmente nella  l. n. 287 del 1990 sulla tutela  della  concorrenza e del mercato (art.  2). Ev previsto  che l’Autorità  garante della  concorrenza e del mercato possa autorizzare l’intesa,  in deroga  al divieto  (artt.  4 e 25); mentre le infrazioni danno  luogo  all’istruttoria e all’applicazione delle  sanzioni  sopra  descritte. C’è  però  anche  la comminatoria della  nullità  dell’intesa  vietata  (art.  2, comma  3o); e la nullità  dell’intesa,  se non  autorizzata a norma  dell’art.  4, potrà  essere  dichiarata, su domanda di ogni  interessato, dall’autorità giudiziaria,  che è  qui  la Corte  d’appello,  mentre per  le intese vietate  dal trattato Cee  la competenza è  del tribunale. V. anche  concentrazioni fra imprese. 		
			
| Interversione del possesso | | | Intestazione |