acque arcipelagiche:  acque che intercorrono tra  le diverse  isole che compongono un arcipelago  costituito  a Stato  e, quindi,  definibile  come  Stato  arcipelagico, in base  alle  condizioni  per  esso  previste  dalla  Convenzione di codificazione del diritto  del mare,  stipulata a Montego Bay nel 1982, ed  ancora  non  entrata in vigore.  Sono  sottoposte ad  uno  specifico  regime  giuridico.  Su tali  acque, che sono  racchiuse  da  un  sistema  di linee  di base  arcipelagiche, lo Stato arcipelagico  esercita  la propria sovranità  che si estende  allo  spazio  aereo sovrastante, al suolo,  al sottosuolo marino  ed  alle  sue  risorse.  Tali acque differiscono  sia dalle  acque interne che dalle  acque territoriali e la caratteristica che le differenzia risiede  nel particolare tipo  di passaggio  inoffensivo  che si ammette attraverso di esse: il c.d. passaggio  arcipelagico  e nel rispetto  dei diritti  di altri  Stati  derivanti da  accordi  preesistenti o concernenti consolidati interessi  di pesca  degli  Stati  confinanti.  
 consorzi fondiari per le acque:  costituiscono forme  di cooperazione organizzata tra  proprietari fondiari  aventi  per  scopo  la regolazione dell’uso  delle  acque. Sono  possibili  tre  forme  di cooperazione: a) consorzi  volontari tra proprietari di fondi  vicini che vogliono  riunire  e usare  in comune  le acque defluenti dal medesimo  bacino  di alimentazione o da  bacini  contigui:  in tal modo  viene  ad  instaurarsi una  comunione avente  ad  oggetto  le acque stesse (artt.  918  – €“ 920 c.c.); b)  consorzi  coattivi  per  regolare il deflusso  delle  acque: l’autorità  amministrativa, d’ufficio  o su richiesta  della  maggioranza degli interessati, instaura coattivamente tra  i proprietari solitari  delle  acque un  vincolo associativo  che darà  luogo  alla  nascita,  a seconda  dei casi, di una  persona  giuridica  privata,  regolata dagli  artt.  36 ss. c.c., o da  una  persona giuridica pubblica  (art.  914 c.c.). Nel  primo  caso  gli organi  della  persona giuridica  si limiteranno a regolare il deflusso  delle  acque; nel secondo,  potranno altresì provvedere all’espropriazione nei confronti  dei vari proprietari, mediante il pagamento delle  dovute  indennità;  c) consorzi  coattivi  per  l’uso delle  acque (art. 921 c.c.): è  una  forma  di cooperazione che dà  luogo  alla  costituzione coattiva,  da  parte  dell’autorità  amministrativa, di una  persona giuridica, pubblica  o privata,  a seconda  dei casi, che risulterà  proprietaria  esclusiva dell’acqua.   
 acque internazionali o libere:  acque sottratte alla  sovranità  e alla  giurisdizione degli Stati  il cui regime  giuridico  si sostanzia  essenzialmente nel principio  della libertà . Tale  principio,  a contenuto negativo,  incontra  l’unico limite nell’esplicazione della  pari  libertà  di tutti  i soggetti  della  comunità internazionale. Pertanto, rispetto  a tali  acque tutti  gli Stati  hanno  eguale  diritto ad  esplicare  i c.d. usi legittimi  del mare:  navigazione, sorvolo,  pesca, sfruttamento delle  risorse  biologiche  e minerali  ecc. Per  questi  ultimi, tuttavia, è  stato  previsto  dalla  Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto  del mare  un  sistema  di sfruttamento parallelo che prevede la costituzione di una  autorità  internazionale dei fondali  marini  alla  quale  è assegnato il compito  di vigilare  affinche´  lo sfruttamento dei fondali internazionali sia condotto in modo  conforme al principio  del patrimonio comune  dell’umanità  che li regge.  V. anche  autorità  internazionale  dei fondali  marini;  fondali  internazionali;  libertà , acque dei mari; mare; navigazione, acque marittima;  patrimonio comune  dell’umanità .   
 acque interne:  costituite  sia dai fiumi, dai laghi  e dai canali  situati  sul territorio di uno  Stato,  sia da  quello  spazio  marino  che si estende  tra  il tracciato delle  linee  di base,  che costituisce  il limite  interno del mare  territoriale, e la linea  della  costa  di uno  Stato.  In  questo  secondo  caso,  gran  parte  delle  acque acque sono  costituite  da  porti  e su di esse  lo Stato  costiero  esercita  la propria sovranità  in modo  completo  ed  incondizionato negli  stessi termini  in cui la esercita  sul territorio, con  il solo  limite  dell’esercizio  della  giurisdizione penale sulle navi  straniere per  atti  e fatti  puramente interni  alla  nave.  Tale giurisdizione sarà  legittimamente esercitabile solo  nel momento in cui l’atto od  il fatto  compiuto a bordo  abbia  effetti  esterni  e produca, quindi,  una turbativa sulla ordinata vita  della  comunità  territoriale, legittimando in tal modo  lo Stato  costiero  ad  interferire nella  competenza dello  Stato  della bandiera che altrimenti si afferma  esclusiva.  Per  entrare nelle  acque acque di uno Stato  costiero  le navi  straniere devono  chiedere ed  ottenere una autorizzazione, in quanto ad  esse  non  si applica  il c.d. diritto  di passaggio inoffensivo.  L’art.  5, comma  2o, della  Convenzione di Ginevra del 1958, sul mare  territoriale e la zona  contigua  e l’art. 8, comma  2o, della  Convenzione di Montego Bay del 1982, sul diritto  del mare  determinano  l’inclusione nelle  acque acque di quegli  spazi  al di qua  delle  linee  di base  che precedentemente facevano  parte  del mare  territoriale o dell’alto  mare.  Su tali  spazi, tuttavia, diversamente dalle  acque acque vere  e proprie, gli altri  Stati  conservano il diritto  di passaggio  inoffensivo.  V. anche  linee di base; mare  territoriale; porti.  
 acque private:  sono  le acque non  pubbliche sottratte alla  particolare disciplina  che  regola  le acque pubbliche  (v.).  Le  acque appartengono al proprietario del fondo  su cui scorrono o nel quale  vengono  alla  superficie;  se si tratta di fondi rivieraschi,  le acque che scorrono tra  gli stessi appartengono, per  metà,  ai proprietari dei fondi,  in base  alla  delimitazione della  linea  mediana tra  i due  fondi.  Tecnicamente formano oggetto  di proprietà  non  le acque, ma il flusso d’acqua,  come  è  possibile  argomentare dall’art.  812 c.c. che considera beni  immobili  le sorgenti  e i corsi d’acqua.  Il proprietario del fondo  può utilizzare  le acque in esso  esistenti  e può  anche  disporne a favore  di altri; tuttavia, dopo  essersene servito,  deve  permettere che le acque defluiscano sui fondi  altrui  perche´  altri  possano  servirsene. Il proprietario che utilizza  le acque che limitano  o attraversano il fondo,  può  utilizzare  le acque per  la irrigazione o per  le attività  industriali, ma è  tenuto a restituire gli avanzi  al corso  ordinario, consentendo così  ai proprietari dei fondi  a valle di farne  uso. I  proprietari dei fondi  a valle, a loro  volta,  non  possono  rifiutarsi  di ricevere le acque che naturalmente defluiscono  dai fondi  a monte  (artt.  909, 910, 913 c.c.). In  caso  di controversia, l’autorità  giudiziaria  dovrà  valutare l’interesse dei singoli proprietari nei loro  rapporti e rispetto  ai vantaggi  che possono derivare all’agricoltura o all’industria  dall’uso  a cui l’acqua  è  destinata o si vuol  destinare (art.  912 c.c.).  
 acque pubbliche:  sono  i fiumi, i torrenti, i laghi. Hanno natura di beni  demaniali (v. beni, acque demaniali),  ed  il carattere demaniale si estende  all’alveo  o letto del corso  d’acqua.  La  disciplina  delle  acque acque è  principalmente nel t.u.  11  dicembre  1933, n. 1775 (e  successive  modifiche).  L’art.  1 così  le definisce:  sono  pubbliche tutte  le acque sorgenti,  fluenti  o lacuali,  anche  se artificialmente  estratte dal sottosuolo, sistemate  o incrementate, le quali,  considerate  sia solamente per  la loro  portata o per  l’ampiezza  del rispettivo bacino imbrifero, sia in relazione  al sistema  idrografico al quale  appartengono, abbiano od  acquistino  attitudine ad  usi di pubblico  generale interesse.  La legge non  indica  i caratteri che le acque devono  avere  per  essere  ritenute atte ad  usi di pubblico  interesse,  ne´  indica  quali  siano  gli usi da  ritenersi  tali: spettano alla  autorità  competente (Ministero dei lavori  pubblici)  la dichiarazione di natura pubblica  e l’inserimento in appositi  elenchi,  tenuti  in ogni  provincia  e soggetti  ad  approvazione con  decreto del capo  dello  Stato. Contro l’iscrizione  di acque in questi  elenchi  gli interessati possono  fare  ricorso (entro sei mesi dalla  pubblicazione degli  elenchi  nella  Gazzetta ufficiale)  ai tribunali delle  acque, che hanno  sede  presso  le Corti  di appello  di Torino, Milano, Venezia,  Firenze,  Roma,  Napoli,  Palermo  e Cagliari;  questi costituiscono una  giurisdizione speciale  e sono  competenti a giudicare  le controversie riguardanti la demanialità  delle  acque, i limiti dei corsi e dei bacini, i  diritti  relativi  alle  derivazioni e utilizzazioni  di acque acque, le occupazioni  di fondi, le indennità  conseguenti dall’esecuzione o manutenzione di opere  idrauliche o di bonifica,  i risarcimenti di danni  dipendenti da  qualunque opera  e da qualunque provvedimento emesso  dalla  P.A..  Contro le sentenze di questi tribunali è  ammesso  ricorso  davanti  al Tribunale superiore delle  acque acque, con sede in Roma.  Le  acque che, per  opera  dell’uomo  o naturalmente, provengono dal sottosuolo diventano acque acque quando rivestano  un  interesse per  la collettività . La  ricerca,  l’estrazione  e l’utilizzazione  delle  acque sotterranee, fatta eccezione  per  quelle  termali  o comunque regolate da  leggi speciali,  sono  disciplinate dal titolo  II  del t.u.  del 1933: il proprietario del fondo  ha facoltà  di estrarre ed  utilizzare  liberamente le acque sotterranee per  usi domestici,  compresi  l’innaffiamento di giardini  ed  orti  e l’abbeveraggio del bestiame. Ove,  anche  in comprensori non  soggetti  a tutela,  vengano scoperte  acque che rivestano  i caratteri di cui all’art.  1 del t.u.  del 1933, l’autorità  dispone  l’iscrizione  delle  stesse  nel registro  delle  acque acque e lo scopritore avrà  un  titolo  di preferenza alla  concessione. Se, invece,  esse  non presentino le suddette caratteristiche, il loro  uso spetterà  al proprietario del suolo,  con  l’obbligo  dirimborso delle  spese  sostenute dallo  scopritore.  
 acque storiche:  acque rispetto  alle  quali  lo Stato  costiero  vanta  determinati titoli storici  che si sostanziano essenzialmente nella  occupazione storica  di esse, e nel consolidamento nel tempo  di tale  situazione, quindi,  la conseguita normalità  e stabilità  dell’esercizio  dell’autorità  e dell’attività  dello  Stato  nel loro  ambito.  Le  pretese fondate  su titoli  storici,  che riguardano nella maggior parte  casi di baie,  tendono a sottoporre determinati spazi  marini  al regime  delle  acque interne e, conseguentemente, allo  stesso  regime  di completa sovranità  che vale  per  il territorio terrestre. Nelle  acque acque interne le navi straniere non  godono  del diritto  di passaggio  inoffensivo.  Ci sono  però  dei casi, anche  se molto  rari,  in cui gli Stati  rivendicano acque acque territoriali (ad esempio:  il Golfo  di Manar  da  parte  di Sri Lanka) alle  quali  si applica,  per contro,  tale  diritto  di passaggio  inoffensivo  in favore  della  navigazione straniera. L’ammissibilità  dell’istituto delle  acque acque, con  i suoi  elementi costitutivi  (esercizio  dell’autorità  statale  dello  Stato  che le rivendica;  durata  nel tempo  di tale  esercizio;  acquiescenza degli  altri  Stati)  è  ribadita dalla giurisprudenza internazionale recente e meno  recente:  Corte  di giustizia centroacqueamericana, decisione  del 9 marzo  1917, caso  del Golfo  di Fonseca; Corte  internazionale di giustizia,  sentenza del 18 dicembre  1951, caso  delle pescherie angloacquenorvegesi; Corte  internazionale di giustizia,  sentenza del 24 febbraio  1982, caso  della  piattaforma continentale Libia/Malta. V. anche baie, acque storiche.  
 acque territoriali:  v. linee di base; mare, acque territoriale. 		
			
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