incapacità naturale del contraente:  l’incapacità naturale è  causa  di annullamento (v.) del contratto. L’incapacità naturale è l’incapacità  di chi è , giuridicamente dotato di capacità  legale  (v. capacità  di agire) (art.  1425, comma  2o, c.c.): l’incapacità  di intendere e di volere  del maggiorenne affetto  da  infermità  mentale, ma non  interdetto ne´  inabilitato; oppure lo stato  temporaneo di incapacità  di intendere o di volere  nel quale una  persona si trovi,  per  una  causa  transitoria, al momento della conclusione  del contratto (e  la causa  transitoria può  essere,  ad  esempio,  lo stato  di ubriachezza o di intossicazione da  sostanze  stupefacenti, oppure una  insolazione o un  trauma o un  processo  morboso che abbia temporaneamente alterato le facoltà  mentali  del soggetto). La  capacità  di intendere e la capacità  di volere  sono  previste  disgiuntamente: può  accadere (ad  esempio,  nella  tossicodipendenza) che il soggetto  sia in grado  di intendere, ma incapace  di determinarsi coerentemente all’azione.  Di  fronte a questi  casi si potrebbe ancora  dire,  ragionando sempre  con  logica astratta, che nel contratto dell’incapace naturale (come,  ad  esempio,  nel contratto del folle,  concluso  prima  che la sua  follia  abbia  dato  luogo  ad  interdizione, o come  nel contratto dell’ubriaco) non  c’è  maggiore  volontà  di quanta ce ne  sia nel contratto dell’incapace legale,  e si potrebbe argomentare che, provata  l’incapacità  di intendere o di volere,  si possa  senz’altro  ottenere l’annullamento del contratto. Ma  non  è  così: la legge esige, oltre  alla  prova dell’incapacità , ulteriori requisiti.  Occorre distinguere fra atti  in genere  (v. atti giuridici)  e contratti in particolare:, a) gli atti  in genere,  inclusi fra questi gli atti  unilaterali, come  ad  esempio,  una  procura  (v.) o un’offerta al  pubblico  (v. offerta,  incapacità naturale al pubblico),  sono  annullabili, su istanza  dell’incapace o dei suoi  eredi  o dei suoi  aventi  causa,  solo  se si prova  che dall’atto deriva  un  grave  pregiudizio all’incapace  (art.  428, comma  1o, c.c.); b)  i contratti sono  annullabili, su istanza  dell’incapace o dei suoi  eredi  o aventi causa,  solo  se si prova,  oltre  al pregiudizio per  l’incapace,  anche  la mala fede  dell’altro  contraente, il quale  conosceva  lo stato  di incapacità  naturale e il pregiudizio per  l’incapace  o avrebbe potuto accertarli  con  l’ordinaria diligenza  (art.  428, comma  2o, c.c.). L’opinione che sembra  prevalere nella giurisprudenza più  recente si basa  su una  arbitraria lettura dell’art.  428, comma  1o, c.c., nel quale  si legge atti  unilaterali in luogo  di atti.  Il punto  è che l’art. 428 c.c. detta,  al primo  comma,  una  disciplina  di genere, comprensiva anche  dei contratti, e nel secondo  comma  una  disciplina  di specie,  relativa  ai soli contratti; sicche´  il requisito del pregiudizio vale  anche per  i contratti in forza  di applicazione letterale dell’art.  428 c.c., e non  solo di sua  interpretazione logica (v. interpretazione della legge). Il che è oltretutto  confermato dalla  rubrica  dell’art.  428 c.c., oltre  che dall’art.  427, comma  3o, c.c., che facendo  riferimento agli atti  compiuti  dall’interdicendo non  intende certo  escludere i contratti. Altro  problema è  se gli atti,  cui fa riferimento il primo  comma,  siano  solo  le dichiarazioni di volontà  (v. atti giuridici,  dichiarazione  di volontà  come  incapacità naturale) (cosiddetti atti  negoziali)  o siano anche  le dichiarazioni di scienza  (v. atti giuridici,  dichiarazione  di scienza come  incapacità naturale), le partecipazioni ecc. (cosiddetti atti  non  negoziali).  Il requisito del grave  pregiudizio,  pensabile solo  per  gli atti  di disposizione, induce  a condividere la prima  soluzione.  La  legge considera l’incapacità naturale non  come  fattore che  altera  la volontà , ma come  fattore di alterazione della  causa (v.) dell’atto  o del contratto, che è  annullabile solo  se concluso,  per  effetto  dell’incapacità della  parte,  a condizioni  gravemente pregiudizievoli per  essa. Chi,  sotto l’azione  dell’alcool  o di un  colpo  di sole, ha  venduto un  oggetto  che aveva per  lui un  valore  di affezione  o ha  comperato un  oggetto  che non  gli serve, ma ha  venduto o comperato per  un  giusto  prezzo,  non  potrà  lamentare in giudizio  che mai  e poi  mai,  in normali  condizioni  di mente,  si sarebbe privato dell’uno  o avrebbe comperato l’altro;  ne´  può  essere  ammesso  a provare che il danaro, che in stato  di incapacità  si è  impegnato a pagare come  prezzo  dell’acquisto,  gli occorre  per  altri  suoi  importanti affari.  Se il prezzo  pattuito è  il giusto  prezzo  di mercato di quel  dato  bene,  non  c’è l’alterazione dell’equilibrio causale  del contratto, del rapporto di equivalenza economica fra le prestazioni; e il contratto, nonostante l’incapacità  di intendere e di volere  di una  delle  parti,  è  perfettamente valido.  Ma  non  basta  per  i contratti: oltre  al grave  pregiudizio,  occorre  qui provare anche  la mala  fede  dell’altro  contraente. Ev  protetto, sotto  questo aspetto, l’affidamento di chi, ignorandone l’incapacità , ha  contrattato con l’incapace:  l’autonomia contrattuale dell’incapace,  che non  aveva  voluto  il contratto, avendo  dichiarato la sua  volontà  in stato  di totale  incapacità  di volere,  è  sacrificata  di fronte  ad  un  interesse giudicato  prevalente, che è l’interesse  generale ad  una  vasta  e sicura  circolazione  dei beni.  Una eccezione  a questa  regola  vale  per  la donazione (v.): l’incapacità naturale del donante comporta senz’altro  l’annullabilità  del contratto, anche  se ignota  al donatario. Ma  un’altra  più  radicale  eccezione,  non  prevista  dalla  legge,  sembra  giusto  introdurre: se lo stato  di incapacità naturale è  stato  provocato dall’altro contraente o, questo  o no  consapevole, da  un  terzo,  si deve  ritenere che il  contratto non  sia semplicemente annullabile, bensì  nullo  per  violenza  fisica  (v.); e nullo  anche  se manchi  l’estremo  del grave  pregiudizio per  l’incapace. La  nullità  del contratto per  violenza  fisica è  normativamente giustificata dalla mancanza assoluta  di volontà , ossia  del requisito di cui al n. 1 dell’art. 1325. Ci si può  allora  domandare se coerenza imponga  di concludere per  la nullità , in materia  di incapacità naturale, di fronte  ad  ogni  altro  caso  di mancanza assoluta  di volontà , anche  non  dipendente dall’azione  di un  terzo,  come  nel caso  della dichiarazione contrattuale del demente. Fra  le due  ipotesi  resta  però  una insuperabile differenza:  nel caso  della  violenza  fisica l’azione  del terzo  è tale  da  escludere la psichica  riferibilità  della  dichiarazione al suo autore, la volontà  da  questo  dichiarata essendo  volontà  non  sua, ma del terzo.  D’altro lato,  la legge non  offre  criteri  per  graduare l’incapacità  (diversi  da  quelli che fanno  distinguere fra interdizione e inabilitazione) e mostra,  per  contro, di concepirla  come  concetto unitario. Perciò  l’art. 428 c.c. è  correntemente applicato  in presenza di ogni  stato  psichico  abnorme, che abolisca  o scemi notevolmente le facoltà  intellettive o volitive,  in modo  da  impedire od ostacolare una  sua  valutazione degli  atti  o la formazione di una  volontà cosciente.  La  norma  ricomprende l’ipotesi  della  malattia che annulli  in modo  totale  e assoluto  le facoltà  psichiche  del soggetto;  come  anche,  per comune  giurisprudenza, un  perturbamento psichico  grave  tale  da  alterare gravemente pur  senza  escluderle, le capacità  intellettive e volitive.  Lo  stato di buona  o di mala  fede  del destinatario dell’atto  unilaterale, irrilevante ai  fini della  annullabilità  dell’atto,  può  però  essere  rilevante ad  altri  effetti,  tali  da  rendere di fatto  inutile  l’azione  di annullamento. Così  l’ordine  del  correntista alla  propria banca,  viziato  da  incapacità naturale del primo,  sarà  annullabile sulla prova  del grave  pregiudizio per  l’incapace,  senza  necessità  di provare, l’ordine  del mandante al mandatario essendo  atto  unilaterale di volontà,  la mala  fede  della  banca.  Questa, tuttavia, non  sarà  tenuta alle  restituzioni, dovendo essere  considerata terzo,  rispetto  all’atto  unilaterale, protetto dall’art.  1445 c.c., per  il quale  l’annullamento del contratto (e,  per  l’art. 1324 c.c., dell’atto  unilaterale) che non  derivi  da  incapacità  legale  non pregiudica  i diritti  acquistati a titolo  oneroso dai terzi  di buona  fede.  
 incapacità naturale del testatore:  è  annullabile il testamento  (v.) del minore  e dell’interdetto (art.  591 nn. 1 e 2 c.c.); è , ancora,  annullabile il testamento dell’incapace naturale, ossia  di chi si trovasse,  al momento della  formazione del testamento, in uno  stato  anche  transitorio di incapacità  di intendere o di volere  (art.  591 n. 3 c.c.). L’ipotesi  corrisponde a quella  dell’incapacità dell’autore all’atto  giuridico  in genere  (v. incapacità naturale del contraente),  ma qui  non  ha motivo  di sussistere,  come  non  ha  motivo  di sussistere  nella  donazione (art. 775 c.c.), l’estremo  del grave  pregiudizio dell’autore, di cui all’art.  428, comma  1o, c.c.. L’incapacità naturale incapacità naturale può  essere  provata  con  ogni  mezzo;  e si intende che le quasi  sacramentali parole  con  le quali  i testamenti olografi  (v. testamento, incapacità naturale olografo)  spesso  si aprono (il sottoscritto, nel pieno  possesso  delle  proprie facoltà  mentali  ecc.) non  precludono la prova  dell’incapacità , come  non  la  preclude l’attestazione del notaio  rogante  il testamento pubblico  (v. testamento,  incapacità naturale pubblico).   
 incapacità naturale negli atti giuridici:  v. incapacità naturale del contraente. 
 incapacità naturale nel matrimonio:  v. impedimenti al matrimonio. 		
			
| Incapacità | | | Incaricato d’affari |