Enciclopedia giuridica

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Diritti soggettivi

La parola diritto ha, in quasi tutte le lingue, un doppio significato: la si impiega, in senso oggettivo, per indicare le norme giuridiche, ossia le norme che prescrivono agli individui dati comportamenti (norma agendi); ma la si impiega anche, in senso soggettivo, per indicare la pretesa di un soggetto a che altri assuma il comportamento prescritto da una norma (facultas agendi). Così, si parla del diritto di proprietà in senso oggettivo quando si fa riferimento alle norma del c.c. ed alle altre leggi che regolano quel rapporto fra gli uomini, avente ad oggetto le cose, che va sotto il nome di proprietà ; si parla, invece, del diritto di proprietà in senso soggettivo quando si fa riferimento all’insieme delle pretese che quelle norme riconoscono al proprietario di una cosa nei confronti di ogni altro soggetto. Non sempre le norme di diritto oggettivo che prescrivono doveri sono traducibili in norme che riconoscono diritti soggettivi. Non attribuiscono diritti soggettivi quelle norme di diritto pubblico che impongono obblighi o divieti a protezione di interessi solo generali, ossia di interessi che il diritto oggettivo riferisce all’intera società e che nessun singolo membro di questa può considerare anche come proprio interesse. Così, ad esempio, proteggono un interesse valutato solo come generale le norme che impongono a tutti l’obbligo di concorrere alle spese pubbliche, pagando le imposte e le tasse (art. 53 Cost.) o quelle che, in vista della difesa nazionale, impongono l’obbligo del servizio militare (art. 52 Cost.) o le norme che vietano, a protezione della pubblica sicurezza, le riunioni di cittadini armati (art. 17 Cost.) o le associazioni segrete oppure quelle con organizzazione a carattere militare (art. 18, comma 2o, Cost). In questi casi la pretesa di esigere l’osservanza degli obblighi o dei divieti imposti dal diritto oggettivo spetta al soggetto che impersona l’intera società , ossia allo Stato o ad altro ente pubblico, con esclusione di ogni diritto soggettivo dei singoli. Nel rapporto giuridico che queste norme instaurano, al dovere del soggetto passivo si contrappone un potere sovrano del soggetto attivo, detto anche potestà di imperio: così, negli esempi ora fatti, il potere dello Stato o di altri enti pubblici di esigere la prestazione del servizio militare, quello di impedire le riunioni armate, o di punire coloro che vi abbiano partecipato e così via. Spesso, tuttavia, norme poste a tutela di interessi generali della società proteggono, al tempo stesso, anche l’interesse particolare dei suoi singoli membri; e con il potere sovrano di esigerne l’osservanza, spettante allo Stato od ad altro ente pubblico, concorre il diritto soggettivo dei singoli. Così è , ad esempio, per le norme che prescrivono, a protezione dell’interesse generale ad un’equa e razionale utilizzazione del suolo, divieti di costruzioni o limiti alla facoltà di costruire: l’ente pubblico, nella specie il comune, ha il potere sovrano di esigerne l’osservanza e può ordinare la demolizione delle costruzioni illegalmente eseguite. Ma al potere sovrano dell’ente pubblico si aggiunge, in questi casi, il diritto soggettivo dei singoli: a questi è riconosciuto il diritto di ottenere il risarcimento del danno che l’illegittima costruzione abbia cagionato loro (art. 872, comma 2o, c.c.). Entro la categoria dei diritti soggettivi si sogliono distinguere due grandi sottocategorie: i diritti assoluti (v. diritti, diritti soggettivi assoluti) e i diritti relativi (v. diritti, diritti soggettivi relativi). Il diritto soggettivo è , come si è detto, un interesse protetto dal diritto oggettivo: il soggetto portatore dell’interesse protetto coincide con il soggetto titolare del diritto. Ma questa coincidenza può mancare: può accadere che il diritto oggettivo attribuisca ad un soggetto una pretesa a protezione di un interesse altrui. Ev il caso della potestà dei genitori sui figli minori: ai primi è riconosciuta una serie di pretese sui secondi; ma è riconosciuta loro non nel proprio interesse, bensì nell’interesse dei figli. Le potestà sono poteri propri del soggetto, anche se spettantigli nell’interesse altrui; non vanno confuse con i poteri derivati, in forza dei quali un soggetto è abilitato ad agire nell’interesse altrui per incarico conferitogli dallo stesso interessato (è il caso della rappresentanza); o vi è abilitato per provvedimento della pubblica autorità (come nel caso del tutore dell’incapace o nei casi degli amministratori giudiziari, del curatore del fallimento e così V. anche diritti soggettivi e interessi legittimi. via), e si parla allora di ufficio.

diritti soggettivi e interessi legittimi: la tutela giurisdizionale è funzione spettante all’autorità giudiziaria (art. 2907 c.c.), istituita e regolata dalle norme sull’ordinamento giudiziario (cui rinvia l’art. 102 Cost.). La giurisdizione è esercitata a protezione di ogni diritto soggettivo, sia questo il diritto di un privato nei confronti della P.A., la quale è anch’essa sottoposta al diritto privato. Dalla giurisdizione civile si distingue la giurisdizione amministrativa o, come più spesso si dice, la giustizia amministrativa: questa provvede alla tutela giurisdizionale degli interessi legittimi del cittadino, lesi da un atto illegittimo della P.A.. Ev una giurisdizione esercitata da organi giurisdizionali speciali (art. 103 Cost.). L’elemento che distingue la sfera di applicazione delle due forme di tutela giurisdizionale è la diversa natura dell’interesse che si tutela: la prima tutela i diritti soggettivi, o come più brevemente si suole dire, i diritti; la seconda tutela gli interessi legittimi (v. diritti soggettivi, protezione giurisdizionale dei diritti soggettivi). La distinzione fra diritto soggettivo e interesse legittimo si riporta al diverso grado di protezione che la legge può riconoscere agli interessi umani: ci sono interessi dei singoli che la legge riconosce e protegge direttamente, in quanto interessi di per se´ meritevoli di protezione; e ci sono interessi dei singoli che la legge protegge solo indirettamente, in quanto coincidono con l’interesse pubblico (interessi legittimi). Bisogna però aggiungere subito che una medesima posizione di interesse legittimo del privato può avere doppia natura, essere cioè diritto soggettivo o interesse legittimo a seconda che il privato entri in rapporto con altri privati oppure con la P.A.. Così e, in particolare, per il diritto di proprietà : questo è diritto soggettivo nei rapporti fra privati ed è tale, in linea generale, anche nei rapporti con la P.A.. Se questa, ad esempio, costruisce su proprio terreno un immobile in violazione delle distanze legali prescritte dal c.c., il privato proprietario vicino può sicuramente lamentare la violazione di un suo diritto e rivolgersi, per ottenere protezione, all’autorità giudiziaria ordinaria. Ma la P.A. ha il potere di espropriare per pubblica utilità (v. espropriazione, diritti soggettivi per pubblica utilità ) i beni privati; e, di fronte all’atto amministrativo di espropriazione il diritto di proprietà del privato degrada a mero interesse legittimo. Il proprietario espropriato potrà impugnare l’atto di espropriazione, se illegittimo; ma dovrà rivolgersi al giudice amministrativo. Il suo diritto di proprietà è , in questo caso, protetto solo come interesse legittimo, ossia solo se coincide con l’interesse pubblico al regolare esercizio del pubblico potere. Si può dire, in generale, che, quando la legge riconosce un potere discrezionale alla P.A., ossia il potere di decidere se compiere o non compiere un dato atto (come è nel caso dell’espropriazione per pubblica utilità ), la posizione di interesse del privato, che da quell’atto venga toccato, perde la natura di diritto soggettivo e si presenta solo come interesse legittimo. Nel novero degli interessi legittimi rientra l’interesse del commerciante ad avere la licenza di esercizio: se l’autorità gliela nega fuori dei casi in cui è , per legge, legittimo il diniego, egli può ricorrere al giudice amministrativo contro l’atto con il quale gli è stata negata; oppure l’interesse a che un concorrente non apra un analogo esercizio accanto al suo: se l’autorità , violando la legge, concede la licenza al concorrente, il primo commerciante può ricorrere contro questa licenza in nome dell’interesse pubblico a che la licenza non sia concessa fuori dei casi consentiti dalla legge. La libertà di commercio, nei rapporti fra commercianti, ha natura di diritto soggettivo (tant’è che, se uno la viola, l’altro si rivolge al giudice civile per ottenere protezione giurisdizionale, ad esempio con le azioni di concorrenza sleale di cui agli artt. 2598 ss. c.c.); ma nei confronti della P.A., che ha il potere discrezionale di concedere o non concedere la licenza di esercizio, la libertà di commercio degrada ad interesse legittimo, protetto davanti al giudice amministrativo. Da quanto fin qui detto emergono due principi: il primo è il principio secondo il quale la pubblica autorità deve, nell’esercizio delle sue funzioni, rispettare la legge, ed i suoi atti sono legittimi solo se emanati in conformità della legge (cosiddetto principio di legalità ); il secondo principio è quello secondo il quale tutti gli atti della pubblica autorità , che siano in contrasto con la legge, possono essere impugnati davanti agli organi di giurisdizione amministrativa da qualunque privato cittadino che da quell’atto abbia subito la lesione di un proprio interesse legittimo. Questo secondo principio è enunciato espressamente dalla Costituzione: contro gli atti della P.A. è sempre ammessa la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione amministrativa (art. 113). I due principi, considerati complessivamente concorrono a fondare quello che si definisce come lo Stato di diritto, che anche per questo aspetto si contrappone all’antico Stato assoluto, nel quale il pubblico potere era al di sopra della legge, e i privati potevano solo rivolgergli suppliche, senza possibilità di ottenere protezione giurisdizionale. La Costituzione dispone anche, sempre all’art. 113, che contro gli atti della P.A. è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti dinanzi agli organi di giustizia ordinaria. Il che significa che, se un atto della P.A. ha leso, anziche´ un interesse legittimo, un diritto soggettivo del privato, questi si rivolgerà , per ottenere protezione giurisdizionale, non al giudice amministrativo, ma al giudice ordinario (cosiddette azioni giudiziarie). Il principio cui il nostro sistema si ispira è che il giudice ordinario è il giudice dei diritti e il giudice amministrativo è il giudice degli interessi legittimi. La sua tradizionale giustificazione è in un altro principio fondamentale dello Stato moderno, il principio della divisione dei poteri: potere esecutivo e potere giudiziario (giudice ordinario) sono tra loro indipendenti; l’uno non può imporsi sull’altro. Ne deriva questo macchinoso sistema (la legge fondamentale è ancora la l. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 4): a) il giudice ordinario non può annullare gli atti amministrativi illegittimi, ne´ può condannare la P.A. ad adempiere una obbligazione di consegnare un bene determinato o di eseguire una prestazione di fare o di non fare. Può solo dichiarare che l’atto amministrativo, lesivo di un diritto del privato, è illegittimo, può disapplicarlo e può condannare la P.A. al risarcimento del danno o al pagamento di una soma di danaro; b) dal fatto poi che l’atto amministrativo sia stato dichiarato illegittimo dal giudice ordinario deriva l’obbligo della P.A. di conformarsi al giudicato, ossia di revocare o modificare l’atto amministrativo illegittimo. Se la P.A. non adempie questo obbligo (e, in pratica, raramente lo adempie), il privato può rivolgersi al giudice amministrativo (art. 27 n. 4 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054), il quale sulla base della sentenza del giudice ordinario, provvede all’annullamento dell’atto illegittimo (ad esempio, annulla il provvedimento di espropriazione) o adotta esso stesso, con sentenza, i provvedimenti necessari per reintegrare il diritto leso dalla P.A. (ad esempio, ordinando la demolizione di una costruzione eseguita dalla P.A. che il giudice ordinario ha dichiarato lesiva dei diritti di un privato proprietario); c) eccezionalmente gli organi di giustizia amministrativa giudicano anche nei casi nei quali, essendo stato leso un diritto soggettivo, si dovrebbe ricorrere alla magistratura ordinaria: ciò accade, ad esempio, nei rapporti di impiego pubblico. In tali casi, che la Costituzione esige siano tassativamente previsti dalla legge (art. 103), si dice che il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva. Così il pubblico impiegato illegittimamente sospeso dallo stipendio potrà ottenere dallo stesso giudice, quello amministrativo, una sentenza che dichiari illegittimo e, al tempo stesso, annulli il provvedimento di sospensione (art. 29 del citato r.d. n. 1054 del 1924 sul Consiglio di Stato e art. 7 della l. n. 1034 del 1971 sui Tar). Si è parlato talvolta di interessi legittimi anche in relazione a rapporti fra privati. Quale che sia il giudizio da esprimere circa l’impiego di questa categoria fuori del diritto pubblico, è certo che anche nei rapporti fra privati sono configurabili posizioni di interesse particolare che ricevono protezione da parte del diritto oggettivo non in se´ considerate, ma quale indiretta conseguenza della protezione di interessi generali. Emblematico è il caso della tutela del possesso (v. possesso, difesa del diritti soggettivi): al possessore sono attribuite le azioni di reintegrazione (v. azione, diritti soggettivi di reintegrazione) e di manutenzione (v. azione, diritti soggettivi di manutenzione), e gli sono attribuite anche nei confronti del proprietario, quantunque il possesso sia mera situazione di fatto, non elevata al rango di diritto soggettivo. Qui vale il divieto di ragion fatta, dell’autotutela privata delle proprie ragioni, che è fondamentale presidio della pacifica convivenza (ne cives ad arma veniant). Le norme che regolano le azioni a tutela del possesso proteggono questo generale interesse: ne deriva l’indiretta protezione dell’interesse del possessore, che può ottenere la reintegrazione nel possesso di cui sia stato da altri spogliato o la cessazione delle altre turbative, sulla sola prova del fatto in se´ dello spoglio o delle molestie altrui, senza possibilità per la controparte di poter provare il proprio diritto sulla cosa; prova che essa potrà dare solo in un successivo giudizio, dopo avere reintegrato nel possesso il possessore spogliato e dopo avere cessato le turbative dell’altrui possesso. Come nel caso dell’interesse legittimo del diritto pubblico, la protezione dell’interesse particolare del possessore è solo il mezzo mediante il quale l’ordinamento giuridico protegge un interesse generale.


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