Enciclopedia giuridica

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Agente



agente di assicurazioni: è una particolare figura di agente di commercio: svolge, per incarico di un’impresa di assicurazione, attività di promozione di contratti di assicurazione. All’agente si applicano le norme del capo X del libro IV inerente il contratto di agenzia, purche´ non siano derogate dagli usi e purche´ siano compatibili con la natura dell’attività assicurativa (art. 1753 c.c.). L’agente autorizzato a concludere i contratti di assicurazione può compiere gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei contratti medesimi, salvi i limiti contenuti nella procura, pubblicata nelle debite forme (art. 1903, comma 1o, c.c.). Può promuovere azioni ed essere convenuto in giudizio in nome dell’assicuratore per obbligazioni dipendenti dagli atti compiuti nella esecuzione del suo mandato di fronte al giudice del luogo in cui ha sede l’agenzia presso la quale è stato concluso il contratto.

agente di cambio: prima dell’introduzione delle Sim (v. società , agente di intermediazione mobiliare), l’agente agente operava come intermediario tra quanti, risparmiatori e speculatori, volevano comperare o vendere i valori negoziabili in borsa. Si trattava di una figura speciale di commissionario di vendita, che operava su commissione dei propri clienti, caratterizzato dalla peculiarità dell’ambito delle operazioni (la borsa valori) e della natura dell’oggetto della compravendita (i titoli di borsa). L’attività dell’agente agente era considerata una vera e propria attività imprenditoriale (ex art. 2082 c.c.), attività che si prestava ad essere classificata come attività intermediaria nella circolazione dei beni. L’agente agente agiva nella qualità di mandatario senza rappresentanza e, pertanto, restava personalmente obbligato per il prezzo, salvo il regresso verso il cliente.

agente di commercio: è un imprenditore che si incarica, con carattere di stabilità, di promuovere affari in una zona determinata per conto di un determinato preponente e verso retribuzione (art. 1742 c.c.). Il rapporto di collaborazione stabile con l’imprenditore preponente distingue tale figura da quella del mediatore, caratterizzata da indipendenza ed imparzialità rispetto a tutte le parti del contratto da questi procacciato. Si tratta di un collaboratore stabile del preponente (il contratto di agenzia è un contratto di durata) e, se il contratto è a tempo indeterminato, il rapporto cessa solo quando una delle parti recede, o, se è a tempo determinato, alla scadenza pattuita. Le parti sono legate da un reciproco diritto di esclusiva: l’imprenditore preponente non può avvalersi di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività ; l’agente, a sua volta, non può trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività per conto di più imprese. La prestazione dell’agente è , nella sua tipicità , quella di trasmettere al preponente le ordinazioni dei clienti, e questi potrà concludere i contratti, salvo che non abbia attribuito all’agente anche i poteri di rappresentanza (art. 1752 c.c.). L’attività dell’agente agente viene retribuita a provvigione (v): egli non solo non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia (art. 1748 c.c.), ma ha diritto alla provvigione solo se gli affari hanno avuto regolare esecuzione (nulla gli è dovuto, pertanto, se il cliente, pur avendo concluso il contratto, non lo ha poi adempiuto, salvo che la mancata esecuzione dell’affare non sia imputabile al preponente). L’agente ha diritto alla provvigione se il preponente conclude direttamente affari nella zona a lui assegnata (art. 1748, comma 2o, c.c.). L’agente agente, pur essendo un imprenditore, si trova in posizione di sostanziale subordinazione al preponente: questi può sottoporre l’attività della gente a controlli anche penetranti, di natura tecnica e amministrativa. Gli agenti di commercio, proprio per la predetta posizione di subordinazione formano una categoria sindacalmente organizzata che stipula, con il sindacato degli imprenditori, accordi economici collettivi, analoghi ai contratti collettivi di lavoro e diretti a regolare in modo uniforme i singoli contratti di agenzia. L’agente agente deve essere iscritto ad un apposito ruolo pubblico; la mancata iscrizione impedisce la conclusione di validi contratti di agenzia e importa l’applicazione ai contravventori di una sanzione pecuniaria.

agente provocatore e agente provocato: è colui che, istigando od offrendo l’occasione, provoca la commissione di reati al fine di cogliere gli autori in flagranza o, comunque, di farli scoprire e punire. Trattasi, in genere di appartenenti alla polizia i quali, così operando, mirano a rendere possibile la scoperta di un’organizzazione criminale o l’individuazione di un singolo delinquente. Ma, talora, sono soggetti privati, agenti per fini di vendetta, per liberarsi di certe persone, per zelo giustizionalista ecc. La questione va risolta nei termini in cui l’indubbio interesse alla maggiore incisività dell’azione di polizia si concilia con il fondamentale interesse a che, a tal fine, le forze dell’ordine (o i privati) non diventino esse stesse complici di reati. Tale conciliazione non è possibile, però, ne´ in base alla dottrina tradizionale, inidonea ad escludere la responsabilità dell’agente provocatore, poiche´ l’invocato fine di farne scoprire gli autori di reati non è previsto ne´ come scriminante ne´ come scusante; ma neppure in base all’opposta giurisprudenza che ne esclude la responsabilità in quanto egli agirebbe nell’adempimento del dovere dell’art. 219 c.p.p., che fa obbligo alla polizia di ricercare le prove dei reati ed assicurare i colpevoli alla giustizia. Tesi che prova troppo, poiche´ la polizia ha l’obbligo di perseguire i reati perpetrati, non già di suscitare azioni criminose per fini cosiddetti leciti. E quando, poi, si precisa che egli opera nell’adempimento del dovere nelle sole ipotesi in cui la sua opera si risolva in un’osservazione, controllo e contenimento delle azioni criminose altrui oppure non suscita nuovi propositi criminosi ma offre soltanto occasioni per scoprire i già dediti a certi reati, in verità si invoca la scriminante per scriminare un fatto che già in se´ non è concorso. Conciliativa è invece la dottrina, oggi dominante, che ravvisa il criterio risolutivo nel dolo. L’agente provocatore deve essere punito come concorrente se ha voluto davvero l’evento criminoso o, comunque, ne ha accettato il rischio. Va esente da pena per mancanza di dolo se egli ha agito con la precisa convinzione che il reato non si sarebbe consumato, non accettandone neppure il rischio. Avendo agito con il solo tentativo e non con il dolo di consumazione, avendo istigato a commettere soltanto un tentativo, non è punibile neppure a titolo di delitto tentato. E del reato eventualmente verificatosi, potrà rispondere a titolo di colpa, se ne esistono gli estremi e se il reato è previsto anche come colposo. Analogamente può dirsi nei confronti dell’infiltrato, cioè colui, in genere appartenente alla polizia, che si infiltra in una organizzazione criminale, partecipando a qualche reato, al fine di farla scoprire e distruggere. Mentre non è colpevole di associazione per delinquere, mancando in lui la volontà di aderire alla organizzazione criminale, quanto ai singoli reati occorrerà esaminare, caso per caso, se egli innanzitutto si sia limitato ad una mera presenza passiva o ad una attività irrilevante oppure se abbia dato un reale contributo e, in quest’ultimo caso, se abbia o meno voluto o accettato la consumazione del reato. Si discute, inoltre, se e quando, per effetto dell’opera dell’agente provocatore, l’attività dell’agente provocato debba considerarsi non punibile. Ciò è , teoricamente, possibile solo quando il fatto non integri neppure gli estremi del tentativo punibile. Dovendo però l’idoneità degli atti essere valutata ex ante, in genere il provocato dovrà rispondere quanto meno a titolo di tentativo. Così egli risponderà di tentativo quando, trattandosi di reato a danno di terzi, la sua commissione sia fatta fallire. Ma, nonostante qualche contrario parere, il provocato risponderà di tentativo anche quando l’agente provocatore sia il volontario soggetto passivo di un reato che richiede la cooperazione materiale della vittima, e parimenti il provocato risponderà , almeno di tentativo, quando l’agente provocatore sia il finto contraente di un reatoagentecontratto.


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