costituzione in mora del creditore:  la costituzione in mora costituzione in mora è  effettuata dal debitore con  l’offerta  della prestazione al creditore, che è  offerta  reale  (art.  1209, comma  1o, c.c.) per il danaro e per  le cose  mobili  da  consegnare al domicilio  del creditore (il debitore, per  mezzo  di un  ufficiale  giudiziario  o di un  notaio,  le offre materialmente al creditore) ed  è  offerta  per  intimazione (artt.  1209, comma 2o, 1216, 1217, c.c.) per  gli immobili,  le cose  mobili  da  consegnare in luogo diverso,  le prestazioni di fare  (il debitore, per  mezzo  di un  ufficiale giudiziario,  gli notifica  la richiesta  di ricevere  la prestazione). L’offerta  reale del danaro dovrebbe, a rigore,  consistere nella  materiale offerta  di moneta; ma si vedano,  riguardo alla  validità  dell’offerta di assegni,  le considerazioni svolte  alla  voce prestazione in luogo  dell’adempimento. Per  le prestazioni di fare  l’art. 1217, comma  2o, c.c., ammette che l’intimazione possa  essere  fatta nelle  forme  d’uso: ciò  che può  dispensare dalla  formalità  di cui all’art.  1208, n. 7 c.c. (offerta  mediante pubblico  ufficiale  a ciò  autorizzato), fino a rendere  ammissibile  una  offerta  per  comportamento concludente, come  nel caso  del lavoratore che si presenta sul posto  di lavoro.  Alle  forme  d’uso potrà  farsi  ricorso  anche  riguardo alle  prestazioni di contrarre nel silenzio del  c.c. in merito:  si ritiene  sufficiente  l’invito rivolto  dal creditore al debitore  di presentarsi davanti  al notaio  per  la stipulazione del contratto. Il c.c. tace  anche  riguardo alla  prestazione che consista  nella  consegna  di una azienda  (v.): la giurisprudenza ritiene  applicabili  le forme  dell’offerta per intimazione previste  per  gli immobili.  Per  la costituzione in mora di obbligazioni  pecuniarie o  aventi  per  oggetto  la consegna  di titoli  al portatore di importo superiore a lire  venti  milioni  v. mora,  costituzione in mora del creditore. 
 costituzione in mora del debitore:  la mora  del debitore è  il ritardo di questo  nell’adempiere la prestazione dovuta:  un  ritardo che può  essere  segno  di un  definitivo inadempimento del debitore o può  invece  preludere, quando la natura della prestazione lo consenta,  ad  una  sua  tardiva  esecuzione. Di  regola,  non basta,  perche´  il debitore sia in mora,  il mancato adempimento alla  scadenza del termine:  occorre  un  fatto  formale,  che è  la costituzione in mora, ossia  la richiesta  o intimazione scritta  di adempiere, rivolta  dal creditore al debitore (art.  1219, comma  1o, c.c.). La  formale  costituzione in mora è  però  superflua, perche´  il debitore sia in mora,  in diversi  casi: quando il debitore abbia  dichiarato per  iscritto  di non voler  adempiere; quando si tratta di prestazione sottoposta a termine scaduto, da  eseguirsi  al domicilio  (v.) del creditore; quando si tratta di obbligazione da  fatto illecito (v.) (art.  1219, comma  2o, c.c.); quando si tratta di obbligazioni  di non  fare  (v. prestazione,  costituzione in mora di non  fare)  (art.  1222 c.c.). Ci si domanda perche´  mai  sia richiesta,  fuori  dei casi di cui agli artt. 1219, comma  2o, e 1222 c.c., la costituzione in mora del debitore, dal momento che il ritardo nell’ adempimento (v.) è , per  l’art. 1218 c.c., già  inadempimento (v.), dovendo la prestazione essere  esattamente eseguita,  anche  riguardo al tempo  dell’adempimento. La  tradizionale distinzione fra mora  ex persona, determinata dalla  richiesta  o intimazione di adempimento, e mora  ex re, automaticamente prodotta dall’inadempimento, può  sembrare priva  di ragion  d’essere  in un  sistema  che, come  quello  vigente,  equipara il ritardo all’inadempimento. La  sopravvivenza della  costituzione in mora è , in verità , il retaggio  dell’antico  favor  debitoris:  il ritardo del debitore nell’eseguire la prestazione dovuta  si presume tollerato dal creditore, sul quale  incombe  l’onere,  per vincere  questa  presunzione, di fare  al debitore formale  richiesta  della prestazione. Da  questo  onere  il creditore è  dispensato quando è  impossibile attendersi (perche´  il debitore ha  dichiarato per  iscritto  di non  voler adempiere) una  esecuzione tardiva  della  prestazione, o quando l’esecuzione della  prestazione non  dipende dall’iniziativa  del creditore (prestazione scaduta da  eseguirsi  al suo domicilio  e ipotesi  a questa  assimilabili),  o quando il debitore è  considerato immeritevole, trattandosi di obbligazione da  fatto  illecito,  del favor  debitoris.  L’art.  1218 c.c. va perciò  letto  alla  luce dell’art.  1219 c.c.: il ritardo è  senz’altro  inadempimento solo  nei casi di mora  automatica o mora  ex re; il ritardo è  inadempimento, in ogni  altro caso,  solo  se e solo  da  quando il creditore abbia  costituito  in mora  il debitore con  richiesta  o intimazione scritta.  La  tolleranza presunta dall’art. 1219, comma  1o, c.c., può  talora  considerasi come  imposta  al creditore, alla stregua  del dovere  di correttezza (v. correttezza,  dovere  di costituzione in mora) di cui all’art. 1175 c.c.. Ev , nelle  applicazioni  giurisprudenziali, il caso  del locatore che, dopo  avere  abitualmente tollerato il ritardo del conduttore nel pagamento dei canoni,  lo abbia  inaspettatamente costituito  in mora  per  un  nuovo ritardo;  è , ancora,  il caso  del ritardo della  P.A.  nella  erogazione di una somma  di danaro:  il creditore deve  attendere che si sia esaurito il procedimento richiesto  dalle  leggi sulla contabilità  dello  Stato  per l’autorizzazione del pagamento. Talvolta  la giurisprudenza motiva adducendo che il debitore non  è  in mora  se il ritardo non  è  imputabile a  sua  colpa;  ma in questi  casi, piuttosto che la colpa  del debitore, viene  in considerazione la correttezza o la buona  fede (v.) del creditore. La  mora non  è  il ritardo colposo;  è , semplicemente, il ritardo:  quando si parla  di ritardo colposo  si allude  al fatto  che la tolleranza del creditore, o una tolleranza ulteriore rispetto  a quella  accordata, non  è  secondo  correttezza esigibile  da  parte  del debitore. Il debitore non  è  in mora  se fa tempestiva offerta  della  prestazione dovuta,  salvo  che il creditore l’abbia  rifiutata per un  motivo  legittimo  (art.  1220 c.c.). In  altre  parole:  non  può  essere considerato in mora  il debitore al quale  sia stato  dal creditore illegittimamente impedito l’adempimento, come  nel caso  in cui il creditore respinga  l’assegno  speditogli  dal debitore, adducendo contrariamente al vero (ciò  che solo  il successivo  giudizio  potrà  accertare) che l’importo  non corrisponde all’ammontare del credito,  o come  nel caso  in cui il creditore non  si presenti davanti  al notaio,  nonostante l’invito rivoltogli  dal debitore, per  la stipulazione del contratto definitivo.  Ma  l’offerta  deve  essere  seria,  e tale  non  è  la semplice  dichiarazione di voler  pagare,  non  accompagnata dall’offerta del mezzo  di pagamento, ne´  il deposito della  somma  dovuta  su un  libretto al portatore conservato dallo  stesso  debitore. Il debitore non  è però  in mora  se il libretto di deposito viene,  in accordo  con  il creditore, affidato  ad  un  terzo  in attesa  che si definisca  il giudizio  sull’esistenza  del credito.  Per  la tempestiva offerta  della  prestazione nelle  obbligazioni pecuniarie o aventi  per  oggetto  la consegna  di titoli  al portatore di importo superiore a lire  venti  milioni  v. mora,  costituzione in mora del debitore. 		
			
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