Il principio  secondo  cui il soggetto  che lede  l’altrui  sfera  giuridica  causando un  danno  è  tenuto al risarcimento, vale, in linea  di massima,  sia nei rapporti che legano  i pubblici  dipendenti alla  P.A.,  sia nelle  ipotesi  di danno  arrecato ai terzi  dall’Amministrazione mediante i propri  dipendenti. Il concetto di responsabilità  è  mutuato dalla  disciplina  privatistica (cui si fa rinvio)  quale  soggezione  dell’autore dell’illecito  (contrattuale o extracontrattuale) agli obblighi  giuridici  previsti  dall’ordinamento per sollevare  il soggetto  leso dai pregiudizi  derivanti dall’illecito  stesso.  La nostra costituzione ha  individuato in proposito (art.  28) un  diritto fondamentale delle  persone prevedendo, per  i pubblici  dipendenti una responsabilità  civile, amministrativa e penale.  La  responsabilità  penale ricorre,  in forza  del principio  di frammentarietà  per  violazioni  da  parte  dei pubblici  ufficiali o incaricati  di pubblico  servizio  (artt.  358 e 359 c.p.)  di tale  gravità  da  configurare un  tipo  di reato.  Allora  dei danni  causati  agli amministrati risponderà  esclusivamente l’autore  dell’illecito,  laddove  non  si ravvisi un  omissione  in vigilando  della  P.A.,  che comporti l’ordinaria corresponsabilità  ex art.  28 Cost..  . 
 responsabilità della Pubblica Amministrazione civile verso i privati:  i principi  sanciti  negli  artt.  3, 24, 28, 103 e 113 Cost. hanno  risolto  in senso  affermativo la controversa questione sull’ammissibilità  di una  responsabilità della Pubblica Amministrazione per  i pregiudizi  che siano  derivati  ai soggetti estranei dal comportamento non  conforme al diritto  dei propri  dipendenti. Come  si vedrà  oltre  ai funzionari, risultano responsabili in via diretta l’amministrazione o l’ente  pubblico  di appartenenza. Per  antica  tradizione  giuridica  si distinguono varie  forme  di responsabilità  . 
 responsabilità della Pubblica Amministrazione contrattuale:  la responsabilità  contrattuale consegue  all’inadempimento da parte  della  P.A.  di un  obbligo  specifico  assunto  contrattualmente, unilateralmente o ex lege. Si applica  in linea  di massima  la disciplina civilistica. Intanto può  individuarsi  una  responsabilità  civile in quanto il contratto ad  evidenza  pubblica  sia perfezionato; conseguentemente, in caso di mancata  approvazione o di omissione  dei controlli  previsti  dalla  legge, si configurerà  una  responsabilità  contrattuale o precontrattuale a seconda  che si acceda  alla  tesi del contratto vincolante  con  l’apposizione del consenso delle  parti  ovvero  a quella  che individua,  in carenza  di detti  elementi esterni  (approvazione, controlli  ecc.) un  contratto claudicante. La compresenza di un  contratto e di atti  amministrativi implica  un  riparto della giurisdizione.  Competono al giudice  amministrativo le questioni  riguardanti gli aspetti  provvedimentali (annullamento e revoca  della  delibera a contrattare) mentre al giudice  ordinario appartengono le vicende  relative alla  validità  e all’interpretazione del contratto. Trattandosi di atti  vincolati, seppure autoritativi, spettano al giudice  ordinario le controversie concernenti la declatoria per  grave  inadempimento contrattuale, l’incameramento della  cauzione  e l’applicabilità  della  clausola  penale. Riguardo ai contratti ad  oggetto  pubblico,  in materia  di concessione  di beni o servizi pubblici,  l’art. 5 della  l. Tar  (l. n. 1034 del 1971) prevede la competenza esclusiva  del giudice  amministrativo. . 
 responsabilità della Pubblica Amministrazione da atto lecito:  la P.A.,  nel corretto esercizio  delle  proprie funzioni,  può sacrificare  diritti  dei privati,  ai quali  spetterà  però  un  indennizzo quale  espressione del principio  civilistico dell’indebito arricchimento, immanente nel nostro  ordinamento. Non  si ha  una  responsabilità  in senso  tecnico,  in quanto l’amministrazione jure  suo utitur  e conseguentemente il privato subisce  un  sacrificio  patrimoniale, non  una  lesione  di diritto.  L’interesse pubblico  non  consente il sacrificio  di qualsiasi  posizione  soggettiva  (es. sono sicuramente esclusi il diritto  alla  vita  e all’integrità  fisica). Il tipico  esempio di menomazione del diritto  soggettivo  si riscontra nell’art.  46 della  l. n. 2359 del 1865 sulla espropriazione per  pubblica  utilità  che attribuisce al privato  un  indennizzo qualora  dall’esecuzione dell’opera pubblica  derivi dallo  stesso  un  danno  permanente o il sorgere  di una  servitù  a carico  del fondo  privato  (conformemente, in campo  civilistico, v. gli artt.  843, 924, 925, 1038, 1053, 1093 e 1328 c.c.). Anche  la legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241 del 1990) ha  previsto  un  obbligo  indennitario per il recesso  della  P.A.  dagli  accordi  sostitutivi  o integrativi  intervenuti con  i privati  ex art.  11 l. cit.. In  quanto espressione di un  principio  generale, l’indennizzo  dovrebbe spettare non  solo  nei casi casi espressamente previsti dalla  legge, ma in ogni  ipotesi  in cui il privato  subisca  un  pregiudizio causato  sia pure  da  legittime  istanze,  a fronte  di un  concreto beneficio  della collettività . . 
 responsabilità della Pubblica Amministrazione extracontrattuale:  l’ammissibilità  di detta  responsabilità  è  stata  a lungo contestata, poiche´  materialmente autori  dell’atto  illecito  possono  ritenersi solo  le persone fisiche dipendenti della  P.A..  Il problema, comunque a tutti gli enti  giuridici  è  stato  superato con  l’accettazione della  teoria  della  c.d. immedesimazione organica:  i dipendenti ed  i funzionari  costituiscono la  proiezione esterna dell’amministrazione cosicche´  il loro  comportamento si identifica  con  quello  dell’ente.  L’art.  28 Cost.  prevede una  responsabilità diretta e solidale  dello  Stato  e dell’autore dell’illecito.  Si è  così da  un  lato tutelato il danneggiato, offrendogli un’ampia  garanzia  patrimoniale, dall’altro si è  affermata la responsabilità  dei pubblici  dipendenti e funzionari  in dipendenza del loro  comportamento illecito.  Questa disciplina deroga  al principio  civilistico della  personalità  dell’illecito,  in forza  del quale, vigendo  un  rapporto di immedesimazione, ogni  atto  ed  attività  si imputa  esclusivamente all’ente.  Dal  medesimo  fatto  illecito  scaturisce  perciò la responsabilità  diretta di due  soggetti:  l’ente  pubblico  e l’autore  del fatto. Tale  assunto  è  messo  in crisi nelle  ipotesi  (artt.  22 e 23 t.u.  impiegati  civili dello  Stato:  d.p.r.  n. 3 del 1957) in cui la responsabilità  degli  impiegati  è prevista  solo  per  dolo  o colpa  grave.  Allora,  in caso  di colpa  lieve, è controverso se ex art.  2043 il danneggiato possa  agire  almeno  verso  lo Stato,  essendo  certamente preclusa  l’esperibilità  dell’azione  verso  il funzionario. L’art.  28 Cost.  se interpretato in chiave  programmatica (come sicuramente avviene  in sede  penale  in applicazione del principio  di stretta legalità ) lascerebbe al legislatore  il compito  di delimitare, con  valenza esterna, i confini  della  responsabilità della Pubblica Amministrazione e dei funzionari  verso  i terzi.  Quindi,  se non sussiste  responsabilità  dell’autore dell’illecito,  anche  l’ente  di appartenenza dovrebbe ritenersi  esente  da  ogni  obbligo  risarcitorio. Se invece  si ritiene che i limiti previsti  dal t.u.  citato  abbiano valore  esclusivamente interno, allora  risulterebbe solo  preclusa  l’azione  di rivalsa  avverso  il dipendente. Questa interpretazione appare prevalente, in quanto l’ordinaria  disciplina  privatistica prevede comunque un  obbligo  risarcitorio anche  in presenza di una  colpa  lieve. La  duplice  responsabilità  individuata nell’art.  28 Cost.  fa si che, nella  prassi,  sia convenuta solo  l’amministrazione. Per  il danneggiato infatti  è  più  comodo  citare  dinanzi  al giudice  ordinario l’amministrazione per  vari motivi:  la difficoltà  nell’individuazione del dipendente pubblico responsabile; l’incapacità  patrimoniale di questi  e l’eventuale esclusione della  responsabilità  in caso  di colpa  lieve. Perche´  vi sia un  damnum iniuria datum  occorre  verificare  la presenza dei requisiti  indicati  dall’art.  2043 c.c.. Il fatto  antigiuridico può  consistere tanto  in un  comportamento materiale, quanto nell’adozione di un  provvedimento contrario a regole  giuridiche.  In ogni  caso  la P.A.  è  tenuta a rispondere del comportamento doloso  o colposo del proprio dipendente: tale  accertamento avviene  secondo  criteri ordinari nell’ipotesi  di fatti  antigiuridici  (tra  cui deve  comprendersi l’esecuzione  del provvedimento), mentre presenta maggiori  difficoltà  in ordine  ai provvedimenti amministrativi. Secondo  parte  delle  dottrina poiche´ l’ordinamento impone  l’acquisizione  e il bilanciamento di tutti  gli interessi pubblici  e privati,  la lesione  delle  posizioni  giuridiche  dei destinatari presuppone in se´  la presenza dell’elemento soggettivo  ex art.  2043 c.c.. Il problema assume  comunque scarso  rilievo  perche´  l’unica ipotesi  di lesione di un  diritto  soggettivo  a fronte  di un  provvedimento amministrativo, si ha nel diniego  illegittimo  di un  atto  dovuto.  Resta  ferma,  allo  stato  attuale degli  orientamenti giurisprudenziali, la risarcibilità  esclusiva  delle  situazioni giuridiche  protette in modo  assoluto  (i diritti  soggettivi).  Il nesso  di causalità  fra condotta ed  evento  lesivo si fonda  su criteri  civilistici della  normalità  e dell’adeguatezza sociale.  Il rapporto di immedesimazione fra funzionario e P.A.  si interrompe solo  qualora  il primo  persegua fini egoistici  completamente estranei alle  attività  funzionali  dell’ente  o organo  di appartenenza. La  semplice  occasionalità  e strumentalità  rispetto  alle  finalità pubblicistiche non  esclude  la responsabilità  della  P.A.  . 
 responsabilità della Pubblica Amministrazione precontrattuale:  la configurazione della  responsabilità  extracontrattuale della  P.A.  ha  comportato il riconoscimento, sia in giurisprudenza che in dottrina, della  responsabilità della Pubblica Amministrazione responsabilità della Pubblica Amministrazione (artt.  1337  – 1338 c.c.) generalmente considerata specificazione  della  prima.  Il soggetto  che entra  in trattativa con  la P.A. non  ha  alcuna  pretesa ne´  alla  conclusione  del negozio  ne´  all’approvazione dello  stesso  da  una  parte  degli  organi  di controllo, tuttavia  può  esigere  che nella  fase delle  trattative e di formazione del contratto la stessa  mantenga  un  comportamento corretto e diligente,  così  da  non  suscitare  falsi  affidamenti e lesioni  della  libertà  contrattuale. Quando l’amministrazione tratta con  i privati  si spoglia  dei poteri  discrezionali, facendo  uso della autonomia privata  sicche´  compito  dell’autorità  giudiziaria  ordinaria sarà quello  di sindacare il comportamento non  già  sotto  il profilo  della correttezza amministrativa (di  competenza del giudice  amministrativo) ma della  correttezza contrattuale. Ev  ipotizzabile  un  ingiustificato recesso  dalle trattative, qualora  si verifichi  l’annullamento o la revoca  della  delibera a contrattare; in tale  ipotesi  il giudice  ordinario civile potrebbe condannare la P.A.  al risarcimento dei danni  conseguenti alla  ritardata o mancata conclusione  del contratto. Anche  la conclusione  di un  contratto invalido, caducato per  un  vizio di legittimità  imputabile alla  P.A.  in sede  di controllo, può  costituire  fonte  di responsabilità  purche´  non  trattasi  di vizio 		
			
| Responsabilità amministrativa | | | Responsabilità internazionale |