Enciclopedia giuridica

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Indegnità di succedere

Indegne di succedere (v. successione) e, perciò , escluse dalla successione, a norma dell’art. 463 c.c., sono le persone che abbiano commesso gravi illeciti nei confronti del defunto o dei suoi parenti: chi ha commesso contro di lui oppure contro un suo ascendente, discendente o coniuge omicidio, anche se solo tentato, o altro reato punito con la pena per l’omicidio (omicidio del consenziente minore o incapace o vittima di violenza, minaccia, suggestione, inganno; istigazione al suicidio di incapace di intendere e di volere: artt. 579, 580 c.p.) o calunnia o falsa testimonianza (nel qual caso è richiesto il giudizio penale, mentre negli altri casi il fatto può essere accertato, ai fini dell’indegnità a succedere, anche dal giudice civile) e chi ha falsificato, soppresso, alterato, celato il testamento o ha indotto il testatore, con violenza o inganno, a fare testamento o a revocarlo o a mutarlo. Questi ultimi non solo non succedono in forza del testamento falsificato, alterato ecc., ma neppure nei limiti della quota cui, come parenti, avrebbero diritto per legge (v. successione, indegnità di succedere legittima). Perche´ costoro succedano, occorre che il defunto, nel testamento o in atto pubblico, li avesse riabilitati (art. 466, comma 1o, c.c.,); o, quanto meno, che li avesse menzionati nel testamento, pur conoscendo la causa dell’indegnità , nel qual caso essi succedono nei limiti della disposizione testamentaria (art. 466, comma 2o, c.c.). Ai casi di indegnità di succedere di cui all’art. 463 si dovranno aggiungere quelli previsti dall’art. 541 c.p.: violenza carnale, atti di libidine violenti, corruzione di minorenni, induzione, agevolamento, sfruttamento della prostituzione comportano, quale effetto penale della condanna, la perdita dei diritti successori verso la persona offesa, oltre che del diritto agli alimenti (v.); e qui, trattandosi di effetti penali, non giova la riabilitazione. Si discute se le cause di indegnità di succedere, al pari dell’incapacità a succedere, impediscano ipso iure la successione, con la conseguenza che la sentenza che le accerta è sentenza dichiarativa (v. accertamento, sentenza di indegnità di succedere) e che la relativa azione è imprescrittibile (v. imprescrittibilità ), o se l’indegnità operi solo officio iudicis in forza di sentenza costitutiva (v.), che priva ex post l’indegno del diritto di succedere (e sia pure con effetto retroattivo), mentre la relativa azione è soggetta alla ordinaria prescrizione (v.) decennale. Il punto è che l’indegno (non riabilitato) è , per l’art. 463 c.c., escluso dalla successione: egli non ha titoli per succedere; ed è arduo ammettere che il titolo si formi in conseguenza del decorso del termine di prescrizione. L’indegnità può essere fatta valere da soggetti che hanno diritto di succedere in luogo dell’indegno, e per ottenere il riconoscimento della propria qualità ereditaria, nell’esercizio della petizione di eredità (v.) (art. 533 c.c.); ma può essere fatta valere anche da soggetti che non hanno diritto di succedere in luogo dell’indegno, come ad esempio gli affini.


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