Enciclopedia giuridica

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Capacità naturale



capacità naturale dei minori: il minore acquista diritti ed assume doveri per mezzo di coloro che sono i suoi legali rappresentanti: egli è sottoposto alla potestà dei genitori (art. 316 c.c.) o, in mancanza di genitori viventi, alla cura di un tutore nominato dal pretore in funzione di giudice tutelare (artt. 343 ss. c.c.). Ai genitori, o al tutore, spetta la legale rappresentanza del minore: essi amministrano i beni di cui il minore sia proprietario (per averli, ad esempio, ricevuti in eredità o in donazione); compiono, in suo nome, gli atti giuridici (v.) mediante i quali il minore acquista i diritti o assume doveri (danno in locazione i suoi beni, esigono i suoi crediti ecc.). I genitori possono però compiere gli atti di straordinaria amministrazione (come alienare o ipotecare o dare in pegno i beni del minore o accettare o rinunciare ad eredità , contrarre mutui ecc.) solo per necessità o utilità evidente del minore e previa autorizzazione dello stesso giudice tutelare; non possono, inoltre riscuotere capitali spettanti al minore se non previa autorizzazione dello stesso giudice che ne determina le modalità di impiego (art. 320 c.c.). Maggiori limiti incontrano i poteri di rappresentanza del tutore: questi non può senza autorizzazione del giudice tutelare, comperare i beni in nome del minore (ad esempio investire il danaro del minore in immobili o in titoli), eccettuati solo i beni necessari per l’uso del minore e per l’amministrazione del suo patrimonio; mentre deve richiedere, per i più importanti atti di straordinaria amministrazione, l’autorizzazione del tribunale (artt. 374 ss. c.c.). Questa sostituzione del legale rappresentante al minore nel compimento di atti giuridici in suo nome vale solo per gli atti che non abbiano carattere strettamente personale. Ci sono atti, come il matrimonio o il riconoscimento di figlio naturale o il testamento, oppure come l’iscrizione ad un partito politico, che implicano scelte assolutamente personali: il minore non può compierli, giacche´ incapace di agire (il minore di sedici anni, se si tratta del riconoscimento di figlio naturale); ma neppure li può compiere, in suo nome, chi esercita su di lui la legale rappresentanza. L’incapacità legale di agire, stabilita per il minore di diciotto anni, può non corrispondere, e normalmente non corrisponde, ad una effettiva e totale incapacità del minore di intendere e di volere, ossia di rendersi conto delle conseguenze giuridiche dei propri atti. L’incapace legale può avere la capacità naturale di intendere e di volere, e può averla in diversa misura a seconda dell’età e in rapporto alla diversa natura o al diverso contenuto dell’atto. A dieci anni ad esempio, si ha la capacità naturale di intendere e di volere in rapporto a contratti come l’acquisto di una penna o il trasporto in tram e simili; ad età successive la capacità naturale si estende, progressivamente, alla possibilità di valutare le conseguenze giuridiche dell’acquisto di beni di maggiore valore economico e alla conclusione di contratti di maggiore complessità , fino a corrispondere, alla vigilia della maggiore età , ad un grado di capacità naturale pressoche´ corrispondente, a quello che normalmente è presente in un maggiorenne. Il minore resta, quale che sia la sua età e la natura o il contenuto del contratto, legalmente incapace di contrattare; ma è legalmente incapace di contrattare in proprio nome, di acquistare per se´ diritti o di assumere su di se´ obbligazioni. La sua capacità naturale gli consente, invece, di contrattare in nome altrui: di concludere contratti in rappresentanza di altra persona che abbia la capacità di contrattare. Il principio è fissato dall’art. 1389 c.c.: per la validità del contratto concluso dal rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere, avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso, sempre che sia legalmente capace il rappresentante. Questa è la tradizionale spiegazione del fatto che i minori concludono contratti senza che nessuno dubiti della loro validità ; essi li concludono in qualità di rappresentanti dei loro genitori e in virtù della propria capacità naturale di contrattare; con la conseguenza che i beni acquistati dal minore, sono giuridicamente, beni di proprietà dei genitori e le obbligazioni assunte sono obbligazioni di costoro. Chi contratta con il minore deve rendersi conto, in rapporto all’età di questo e alla natura o al contenuto del contratto, se il minore abbia la capacità naturale di intendere e di volere; e deve, inoltre, potere desumere da queste stesse circostanze che il minore esercita un potere di rappresentanza conferitogli, espressamente o tacitamente, dai genitori. Il cartolaio, ad esempio, non ha dubbi di fronte al decenne che, soldi in mano, chiede di comprare un quaderno; ne´ occorre che il minore pronunci parole che indichino il suo agire in nome altrui (come ha detto mio padre, ha detto mia madre e simili), giacche´ l’età e le circostanze fanno presumere con certezza che egli agisce in rappresentanza dei genitori. Ma il gioielliere avrà buone ragioni di dubitare del potere di rappresentanza del diciassettenne che gli chieda di vendere, o di comperare un gioiello (e gli chiederà a nome dell’art. 1393 c.c., di giustificare i suoi poteri rappresentativi). In nessun caso il minore potrà , se non munito di procura scritta, concludere contratti per i quali sia richiesta la forma scritta a pena di nullità (art. 1392 c.c.). La spendita del nome del rappresentato, o contemplatio domini, ben può essere tacita o, addirittura, presunta. Perciò, questa tradizionale spiegazione non merita di essere qualificata, come qualcuno la qualifica, una artificiosa funzione. Ad essa si contrappone quella secondo la quale le norme sulla capacità di agire non si applicherebbero agli atti minuti della vita quotidiana, che i minori sarebbero abilitati a compiere in proprio nome, e con effetti sul proprio patrimonio, in virtù della capacità naturale di intendere e di volere. Ma l’assunto non ha fondamento normativo ne´ presenta, come quello tradizionale, il pregio di contemperare le esigenze di agibilità dei minori con le ragioni della potestà dei genitori e con gli interessi dei terzi contraenti.

capacità naturale del rappresentante: v. capacità di agire, capacità naturale del rappresentante e del rappresentato.


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