Enciclopedia giuridica

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Equità



arbitrato secondo equità: v. arbitrato.

equità come fonte di integrazione del contratto: l’equità differisce sia dalla legge sia dagli usi (v.), perche´ non è , come questi, fonte di norme generali ed astratte: è la norma del caso concreto creata dal giudice negli eccezionali casi in cui la legge consente al giudice di crearla. Ma l’equità cui allude l’art. 1374 c.c. non è quella prevista dal c.p.c.: là si tratta di decidere la controversia sottoposta all’esame del giudice, anziche´ secondo il diritto, secondo il suo libero apprezzamento (artt. 113 ss. c.p.c.). Qui si tratta invece di concorrere a determinare il contenuto di un contratto: vengono in considerazione, fra gli altri, i casi di cui agli artt. 1349, comma 1o, c.c. (determinazione dell’oggetto del contratto in sostituzione del terzo che l’abbia omesso o l’abbia eseguito in modo manifestamente iniquo o erroneo), 1384 c.c. (riduzione della penale eccessiva), 1526 c.c. (attribuzione di un equo compenso o riduzione dell’indennità convenuta in caso di risoluzione della vendita a rate), 2263, comma 2o, c.c. (determinazione della partecipazione del socio d’opera agli utili ed alle perdite). Vanno anche considerati tutti i casi nei quali la legge, pur senza menzionare il criterio dell’equità, attribuisce al giudice il compito di integrare il contratto, come nel caso di cui all’art. 1183 (fissazione del termine per l’adempimento) o in quello dell’art. 1331, comma 2o, c.c. (termine per l’esercizio dell’opzione), o come nei casi di cui agli artt. 1657, 1709, 1733, 1755, comma 2o, 2225, 2233, comma 1o, c.c., relativi alla determinazione giudiziale, nel silenzio del contratto e in mancanza di tariffe professionali, del corrispettivo dell’appaltatore, del mandatario, del commissionario, del mediatore, del prestatore d’opera manuale e di quello intellettuale. V. anche integrazione del contratto.

concetto di equità: l’equità può essere anzitutto intesa, seguendo la definizione data da Aristotele nell’Etica, come temperamento del rigore della legge. In una prospettiva giusnaturalistica infatti l’ingiustizia della legge generale rispetto a casi particolari può essere corretta per mezzo del principio generale di equità, considerato come espresso dal diritto naturale. Il temperamento del rigore della legge veniva avvertito in modo particolare nel pensiero giuridico romano ove il diritto pretorio ricorreva all’aequitas al fine di adeguare le norme alle esigenze concrete della società attraverso la iurisdictio del pretore. E proprio lo ius praetorium, contrapponendosi alla rigidità dello ius civile, permise la profonda trasformazione del diritto romano nell’età repubblicana. La definizione celsina, ius est ars boni et aequi, caratterizzava la iurisprudentia come ars fondata sui valori qualificanti del bonum et aequum, suscettibile di essere utilizzati in funzione costruttiva di un nuovo ius. Con il trionfo del Cristianesimo tale valore veniva costantemente accompagnato alla benignitas, alla clementia, all’humanitas; la contrapposizione fra lo strictum ius e l’aequitas acquistava perciò un diverso significato: l’equità veniva infatti intesa come criterio di benignità, di comprensione verso i deboli, cui il giudice doveva uniformarsi nell’interpretazione della legge. Nel diritto moderno l’equità si pone soprattutto come strumento cui l’operatoreequitàinterprete può ricorrere per rendere più convincente ed opportuna un’interpretazione rispetto ad un’altra e si colloca perciò in una fase logicamente posteriore a quella della produzione e anteriore a quella dell’integrazione e dell’applicazione. Tuttavia il ricorso al potere creativo del giudice (c.d. diritto giudiziario) nei sistemi di common law, nei casi in cui sia prevista la competenza dell’organo giudicante ad emettere giudizi di equità, potrebbe determinare la qualificazione del equità equità come mezzo di eterointegrazione dell’ordinamento. Lo stesso può dirsi con riferimento al sistema svizzero ove il giudice, in caso di lacune legislative e consuetudinarie, può decidere la controversia come se fosse legislatore (art. 1 c.c. svizzero). Nell’ordinamento italiano il giudizio di equità è considerato come eccezione alla regola del giudizio secondo diritto, essendo ammesso solo nei casi in cui la legge lo consenta (art. 113 c.p.c.). In particolare, il giudice può decidere il merito della causa secondo equità quando esso riguardi diritti disponibili delle parti e queste gliene facciano concorde richiesta (art. 114 c.p.c.). Se il giudizio di equità si pone come sostitutivo del giudizio secondo diritto, e quindi come eccezione, ciò non toglie che l’equità sia utilizzabile come criterio informatore del giudizio secondo diritto (si pensi alle sentenze c.d. determinative come, ad es., quelle che stabiliscono la misura degli alimenti ex art. 438 c.c.). Nel nostro ordinamento dunque l’equità si rivela fondamentalmente come strumento ausiliario rivolto a facilitare l’operazione di individuazione delle norme e trova spazio nel secondo momento del processo di realizzazione del diritto, quello dell’interpretazione. .

equità correttiva: allude ai casi, eccezionali, nei quali il giudice può modificare il contenuto del contratto, così come voluto dalle parti: sono i casi della riduzione della penale eccessiva (art. 1384 c.c.) e della riduzione dell’indennità di cui all’art. 1526 c.c.

equità nel diritto internazionale: regola di diritto che deriva dai principi generali di giustizia e di buona fede, destinata a colmare le insufficienze e le lacune del sistema giuridico, applicabile direttamente in quanto tale, la cui portata complementare sarà più o meno vasta a seconda del livello di sviluppo giuridico del regime rispetto al quale di pone in posizione di complementarità . L’art. 38 dello Statuto della Corte internazionale di giustizia (Cig), nell’enunciare la gerarchia delle fonti alle quali deve fare riferimento il giudice per risolvere le controversie internazionali, richiama l’equità come nozione però extraequitàgiuridica destinata a colmare le insufficienze sociali del diritto, allorquando dispone che la disposizione precedente: non pregiudica il potere della Corte di decidere una controversia ex aequo et bono.

pronuncia secondo equità: l’ordinamento prevede tre tipi di equità equità. Il primo è il caso del ricorso necessario all’equità da parte del giudice di pace (art. 113, comma 2o, c.p.c.) il quale decide secondo equità le cause il cui valore non eccede i due milioni. Il secondo caso è dato dall’equità volontaria (art. 114 c.p.c.) per cui il giudice, sia in primo grado che in appello, decide il merito della causa secondo equità quando esso riguarda diritti disponibili delle parti e queste gliene facciano comune richiesta. Il terzo caso contempla la c.d. equità integrativa che viene in aiuto al giudice in casi espressamente previsti dal legislatore (es.: art. 1226 c.c.; art. 1374 c.c.) non sostituendosi ma aggiungendosi al diritto per la soluzione del caso concreto. Le sentenze secondo equità sono inappellabili (art. 339, commi 2o e 3o, c.p.c.).

riconduzione del contratto ad equità: v. rescissione, equità del contratto; risoluzione del contratto, equità per eccessiva onerosità sopravvenuta.


Equipaggio      |      Equity


 
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