Enciclopedia giuridica

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Disoccupazione



assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione: la tutela dei lavoratori subordinati contro la disoccupazione involontaria, imposta dall’art. 38 Cost., è realizzata ancora con un sistema tipicamente assicurativo, per cui gode della tutela solo chi ha già lavorato ed ha un numero minimo di contributi versati, mentre è comunque escluso chi non corre il rischio di perdere il posto. Per quanto riguarda il primo aspetto, è escluso chi non ha mai lavorato (il cosiddetto inoccupato) o non raggiunge i minimi contributivi; per il secondo sono esclusi i pubblici dipendenti, che non corrono il rischio di perdere il posto o comunque corrono un rischio molto lontano. La gestione è affidata fin dalle origini all’Inps (Istituto nazionale della previdenza sociale). Fino a qualche anno fa la tutela contro la disoccupazione era molto frantumata, in modi non sempre palesi, e presentava forti sperequazioni a vantaggio delle categorie più forti. Accanto alla vecchia e individualistica disoccupazione ordinaria, che forniva prestazioni irrisorie (800 lire al giorno) per non oltre 180 giorni, vi erano le disoccupazioni speciali previste per l’industria e l’edilizia in caso di licenziamenti collettivi, con prestazioni molto buone (80% dell’ultima retribuzione con ‘massimale’) per periodi lunghissimi, comunque indeterminati. Negli stessi settori vi era soprattutto la Cassa integrazione guadagni (v.), che forniva prestazioni migliori (80% della retribuzione con gli aumenti via via maturati e massimale più alto), per periodi ancor più lunghi e sempre indeterminati; in concreto la Cassa integrazione era utilizzata per i casi di vera e propria disoccupazione, anche quando era certo fin dall’inizio che i lavoratori non sarebbero più rientrati al lavoro e di fatto l’impresa non esisteva più . Nel 1988 è intervenuta prima la Corte Costituzionale, a dichiarare illegittima la vecchia normativa che fissava l’indennità ordinaria a 800 lire al giorno, e poi la l. 20 maggio 1988, n. 160, a disporre la prima parte della riforma generale. In base a questa legge l’indennità ordinaria di disoccupazione è stata fissata non più in cifra fissa ma in misura percentuale dell’ultima retribuzione e nello stesso tempo sono stati previsti, accanto ai vecchi requisiti assicurativi e contributivi (un anno di contributi nel biennio d’assicurazione), requisiti ridotti (78 giornate di contributi nell’ultimo anno sempre con il biennio di assicurazione) per ammettere gli stagionali e i precari. Con la disoccupazione a contributi ridotti si possono avere tanti giorni di indennità di disoccupazione quanti sono quelli lavorati nell’anno precedente, con un massimo di 180: si è voluto così far sorgere nei lavoratori l’interesse all’accredito dei contributi, disincentivando le evasioni. In ogni caso sono dovuti gli assegni per il nucleo familiare (per intero) e, quel che forse interessa di più , i contributi figurativi (validi per la pensione di vecchiaia) per i giorni di disoccupazione indennizzata. Con l’art. 3 della l. 19 luglio 1994, n. 451, la percentuale è stata aumentata (27% fino al 30 giugno e 30% fino al 31 dicembre 1994), ma imponendo un massimale (£. 1.248.021 mensili oppure £. 1.500.000 per chi aveva un reddito superiore a £. 2.700.000 sempre mensili), che non può essere superato per il calcolo dell’indennità . Infine nel 1991 la riforma è stata portata a termine con la l. n. 223. Ev stata abrogata la disoccupazione speciale nell’industria (mentre è rimasta quella dell’edilizia, ma per evitare che i lavoratori emigrino in altri settori); la Cassa integrazione guadagni è stata riportata alle sue funzioni originarie, di effettivo ausilio alle imprese salvabili, vietando il suo uso come succedaneo dell’indennità di disoccupazione (ma bisognerà fare i conti con la forza dei fatti). In favore dei lavoratori licenziati per riduzione del personale è prevista una indennità di mobilità (v. mobilità , disoccupazione dei lavoratori nell’impresa), corrispondente all’incirca al trattamento di Cassa integrazione, per un periodo ora determinato ma sufficientemente lungo (fino a tre anni e anche di più ), ma condizionato a un’anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivo. L’ambito soggettivo dell’indennità di mobilità è però limitato ai lavoratori dell’industria occupati in imprese con più di quindici dipendenti: tutti gli altri hanno diritto solo al trattamento ordinario. Nonostante i miglioramenti, quindi, molte sperequazioni sono rimaste e si può dubitare ancora sull’efficacia complessiva dell’disoccupazione disoccupazione nel fornire ai lavoratori senza lavoro un trattamento effettivamente sufficiente per garantire un’esistenza libera e dignitosa.


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