Enciclopedia giuridica

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Lavoro giornalistico

L’esercizio della professione giornalistica è , ai sensi dell’art. 45 l. 3 febbraio 1963, n. 69, subordinato all’iscrizione all’Ordine dei giornalisti, il cui organismo di vertice è il c.d. Consiglio nazionale con vari consigli regionali ed interregionali che sono eletti da tutti gli appartenenti all’albo professionale. Di quest’ultimo fanno parte due elenchi: quello dei giornalisti professionisti (e cioè di coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione giornalistica) e quello dei pubblicisti (e cioè di coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi). L’esercizio della professione senza l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti, data la natura generalmente subordinata del rapporto di lavoro giornalistico, determina l’applicazione della disciplina dell’art. 2126 c.c. (prestazione di fatto per nullità del contratto di lavoro) (v.), con la possibilità quindi di rivendicare comunque almeno le pretese retributive. Datori di lavoro sono innanzitutto quelli considerati dal contratto collettivo dei giornalisti e quindi gli editori di quotidiani, di periodici, le agenzie di informazione quotidiane per la stampa, le emittenti radiotelevisive private, gli uffici stampa e di pubbliche relazioni comunque collegate ad aziende editoriali. La Rai è solita estendere ai giornalisti radiotelevisivi l’applicazione del contratto collettivo in parola, con apposito accordo. La figura del direttore, a sua volta, si caratterizza per il fatto che esercita una serie di poteri dell’imprenditore e per la responsabilità penale e civile a cui è sottoposto. Il direttore propone le assunzioni, le mansioni e l’orario di lavoro ed i licenziamenti dei giornalisti. Impartisce inoltre le direttive politiche e tecnicolavoro giornalisticoprofessionali secondo la linea concordata con l’editore. Svolgono lavoro giornalistico di redazione tutti i giornalisti che collaborano in forma continuativa alla formazione e alla compilazione del giornale nelle direzioni, nelle redazioni, anche se succursali o distaccate o negli uffici di corrispondenza, anche delle capitali straniere. Ev da sempre controversa la natura autonoma o subordinata del lavoro giornalistico. Ha provveduto a dirimere il contrasto il contratto collettivo dei giornalisti, che ha tipizzato i requisiti in presenza dei quali tale rapporto è di natura subordinata, e cioè: continuità della prestazione, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio. L’estinzione del rapporto di lavoro giornalistico rappresenta uno degli aspetti in cui emergono maggiormente le peculiarità di questo tipo di lavoro. Il recesso del datore di lavoro è regolato dalla generale disciplina sul licenziamento e reintegrazione del lavoratore licenziato (v. licenziamento, lavoro giornalistico e reintegrazione del lavoratore licenziato), ma in caso di recesso per giustificato motivo sembra da escludersi la possibilità di un periodo di preavviso lavorato per il giornalista quando si ritenga che valgono le regole speciali elaborate dalla giurisprudenza per il rapporto di lavoro ideologico (v. rapporto di lavoro, lavoro giornalistico ideologico). Il contratto collettivo (v.) dei giornalisti riconosce ormai da lungo tempo la legittimità delle dimissioni del lavoratore (v. dimissioni, lavoro giornalistico del lavoratore) in tronco senza perdita dei benefici economici e dell’indennità di mancato preavviso, nell’ipotesi (c.d. clausola di coscienza) di mutamento dell’indirizzo politico del giornale, ovvero di utilizzazione dell’opera giornalistica in altro giornale della stessa azienda con caratteristiche sostanzialmente diverse e che causi una menomazione della dignità professionale del giornalista.

lavoro giornalistico e tutela previdenziale: in tema di lavoro giornalistico è necessario distinguere tra praticanti e pubblicisti che possono usufruire degli ordinari istituti di sicurezza sociale (v.) ed i giornalisti professionisti la cui tutela previdenziale è assicurata (l. 20 dicembre 1951 n. 1564) dall’Istituto nazionale per la previdenza dei giornalisti Giovanni Amendola che garantisce, in particolare, il trattamento di pensione d’invalidità vecchiaia e superstiti, il trattamento in caso di malattia, tubercolosi ed infortunio, il trattamento straordinario di integrazione salariale di cui all’art. 35 l. 5 agosto 1981, n. 416, la pensione anticipata di vecchiaia per i giornalisti che abbiano compiuto il cinquantesimo anno d’età e maturato almeno quindici anni di contribuzione, il trattamento di disoccupazione involontaria, gli assegni familiari e le altre forme complementari di assistenza. Il medesimo istituto gestisce anche il fondo di garanzia (v.) per il trattamento di fine rapporto.


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