Enciclopedia giuridica

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Lavoro nautico

Il lavoro nautico è un rapporto di lavoro speciale. Il c. nav. (1942) ne prevede due sottotipi: quello di arruolamento del personale addetto alla navigazione marittima ed interna e quello della gente d’aria. La disciplina di entrambi i rapporti si applica solo ai lavoratori che prestano servizio a bordo di una nave o di un aeromobile (equipaggio). La specialità del lavoro nautico consiste nel fatto che esso deriva la sua disciplina da un sistema normativo autonomo ed autosufficiente, in cui la disciplina generale si applica in via marginale e residuale per colmare eventuali lacune. Anche lo statuto dei lavoratori esclude, di regola, l’automatica estensione del suo campo di applicazione al personale navigante. Esso preferisce affidare alla mediazione contrattuale dei sindacati il compito di stabilire modi e tempi di applicazione dei principi che hanno ispirato lo statuto stesso, sempreche´ ciò non sia in contrasto con norme dichiarate dal c. nav. inderogabili (artt. 374, comma 1o, e 938, comma 1o), come quella per cui, in caso di necessità per la sicurezza della spedizione, gli arruolati possono essere adibiti a qualsiasi servizio e dunque anche ad un servizio diverso da quello per il quale sono stati assunti (art. 334 c. nav.). Ev lo Stato che rilascia agli interessati l’abilitazione professionale, risultante dall’iscrizione in appositi albi o registri; è lo Stato che detiene il potere disciplinare esercitandolo mediante propri organi amministrativi o mediante il comandante che viene considerato come un privato investito di una pubblica funzione; è lo Stato che può ordinare lo sbarco immediato dell’arruolato su domanda del medesimo, quando, per esempio, il comandante ha commesso contro di lui abusi di potere e non gli ha fornito l’assistenza sanitaria di cui ha diritto (art. 346 c. nav.).

lavoro nautico e recesso: il c. nav., sia marittima che aerea, prevede una peculiare figura di recesso ad nutum caratterizzata dalla estinguibilità immediata del rapporto, malgrado l’eventuale apposizione di un termine finale, ad iniziativa del solo datore di lavoro (artt. 345 e 916 c. nav.) per qualsiasi ragione, anche la più impalpabile e subiettiva. Per contro il prestatore di lavoro non può recedere in qualsiasi tempo e luogo; egli ha facoltà di risolvere, dando regolare preavviso, unicamente il rapporto sine die (art. 342 c. nav.). Le ragioni della deroga alla regola della par condicio dei contraenti sono da ricercare nel preminente interesse della comunità navigante alla propria sicurezza. Tuttavia le norme relative al recesso del rapporto di lavoro nautico sono derogabili in melius dalla contrattazione collettiva e individuale (artt. 374 e 938 c. nav.). Si è posto allora il problema se la riforma della disciplina del licenziamento prevista dall’art. 18 statuto dei lavoratori e dalla l. n. 606 del 1966 (v. licenziamento individuale) sia applicabile anche al lavoro nautico. Per giungere ad applicarla bisognerebbe postulare l’abrogazione (tacita) delle disposizioni del c. nav.. La Corte Costituzionale si è espressa in senso negativo.

lavoro nautico e retribuzione: specifici istituti del lavoro nautico prevedono delle forme speciali di retribuzione, come, per esempio, la c.d. partecipazione al nolo o agli altri proventi o prodotti del viaggio (artt. 3, 25, comma 2o, lett. c e 337 c. nav.).

termine nel lavoro nautico: il termine nel rapporto di lavoro nautico può indirettamente desumersi dall’inerenza del rapporto dell’arruolato ad un dato viaggio o a più viaggi (art. 325 c. nav.): esso però non può eccedere la durata di un anno e, se stipulato per un periodo superiore, il rapporto di lavoro nautico si considera a tempo indeterminato (art. 326 c. nav.).


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