Ev  il contratto con  cui un  imprenditore, detto  associante, riceve  da  un  altro soggetto,  detto  associato,  un  determinato apporto e gli attribuisce, in cambio,  una  partecipazione agli utili dell’impresa  o, più  limitatamente, di uno o più  affari  (art.  2543 c.c.). L’apporto dell’associato,  consiste,  di regola, in una  somma  di danaro:  questa  non  concorre a formare un  fondo  comune alle  parti,  ma entra  nel patrimonio dell’associante, che dovrà  restituirla all’associato  alla  scadenza  del contratto o alla  conclusione  dell’affare.  Ev  un contratto di scambio,  e non  un  contratto associativo:  i terzi  acquistano diritti  e assumono obbligazioni  solo  nei confronti  dell’associante, e solo  a questi  spetta  la gestione  dell’impresa  o dell’affare,  mentre l’associato  ha solo  diritto  al rendiconto dell’impresa  o dell’affare,  salvo  che il contratto non  gli attribuisca ulteriori diritti  di controllo. L’associato  partecipa alle perdite dell’impresa  o dell’affare  nella  stessa  misura  in cui partecipa  agli utili, tuttavia  il rischio  dell’associato  è  limitato  all’ammontare del suo apporto (art.  2553 c.c.). Ev  fatto  salvo  il patto  contrario, che preveda una diversa  partecipazione alle  perdite rispetto  alla  partecipazione agli utili: è esclusa,  in ogni  caso,  la validità  di un  patto  che esponga  l’associato  ad  un rischio  illimitato  o, comunque, superiore al suo apporto. Se l’associante  è dichiarato fallito,  l’associato  che abbia  eseguito  per  intero  l’apporto  è creditore del fallimento  per  quella  parte  dell’apporto che non  sia assorbito dalle  perdite a suo carico.  La  figura  dell’associazione in partecipazione in partecipazione è  stata utilizzata  anche  per  operazioni di finanziamento di massa:  l’associante emette in serie  titoli  di credito  atipici,  detti  certificati  di partecipazione,  destinati ad  incorporare la qualità  di associato  in partecipazione nella  sua impresa  e da  consentirne la circolazione  mediante girata.  Per  quanto attiene alla  durata dell’apporto, valgono  i principi  generali  sui contratti. V. certificati di partecipazione.   
 trattamento fiscale dell’associazione in partecipazione:  l’associazione in partecipazione (e  le forme  contrattuali simili ex art.  2554 c.c.) è  vista ai fini fiscali non  come  un  soggetto  dotato di una  sua  autonomia, ma semplicemente come  un  rapporto contrattuale intercorrente tra  due  o più  soggetti.  Le  maggiori  questioni  in tema  di imposte  dirette si pongono evidentemente sulla classificazione  del reddito dell’associato,  poiche´ l’associante  mantiene la qualificazione (impresa o lavoro  autonomo) connessa  all’attività  da  lui esercitata. Il reddito dell’associato,  rappresentato dagli  utili percepiti nonche´  dalla  differenza tra  quanto percepito alla scadenza  del contratto e quanto apportato, è  classificato  come  reddito  di capitale (v.) o reddito  di lavoro  autonomo (v.) a seconda  che l’apporto consista  in una  attribuzione di capitale  o esclusivamente in una  prestazione di lavoro.  Pertanto qualora  l’apporto  abbia  una  natura mista,  in parte  di capitale  ed  in parte  di lavoro,  il reddito ricavato  dall’associato  rientra tra  i redditi  di capitale.  Gli  associati  che apportano prestazioni di lavoro  sono considerati soggetti  passivi dell’Iva  come  esercenti arti  o professioni e dunque sono  sottoposti ai relativi  obblighi. 		
			
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