rimessione al collegio:  è  il momento del passaggio  dalla  fase istruttoria a quella decisoria,  quando il giudice  istruttore, ai sensi  dell’art.  189 c.p.c., rimette la causa  al collegio  in determinate ipotesi  espressamente previste  dai primi  tre commi  dell’art.  187 e dall’art.  188. A  tale  proposito si parla  di un’apposita udienza  c.d. di precisazione delle  conclusioni  nella  quale  è  consentito alle parti  di riassumere le proprie deduzioni svolte  durante la fase istruttoria. La novità  rappresentata dalla  l. n. 353 del 1990 rispetto  alla  disciplina precedente è  costituita  dal fatto  che non  è  più ’ consentito alle  parti  la possibilità  di indicare,  in sede  di precisazioni  delle  conclusioni,  le eventuali modificazioni  che ritengono di dover  apportare alle  conclusioni  già  prese (nel  vigore  delle  vecchie  disposizioni  era  consentito, per  consolidata prassi non  solo  di modificare le conclusioni  nei limiti di una  emendatio libelli,  ma anche  introdurre una  nuova  domanda senza  che questa  desse  luogo  ad  una nullità rimessionepreclusione, se l’altra  parte  non  sollevava  la relativa  eccezione  in quella  sede  e quindi  tacitamente accettava  il contraddittorio). La  nuova normativa prevede invece  che, esaurita la prima  udienza  e trascorso inutilmente il termine per  il deposito delle  memorie di replica,  nulla  è  più permesso dedurre alle  parti  in ossequio  al rigido  sistema  di preclusioni contenuto nei nuovi  artt.  183  – 184 c.p.c.. Ne  consegue  che non  dovrebbe più essere  consentito alle  parti  l’introduzione, nel momento della  rimessione al collegio,  di nuove  conclusioni  (e  tale  violazione  dovrebbe determinare un’eccezione di decadenza, rilevabile  d’ufficio).   
 rimessione al primo giudice:  v. giudizio  di rinvio.  
 rimessione della causa al giudice istruttore:  una  volta  esaurita la fase istruttoria, il giudice  rimette la causa  al collegio,  affinche´  questa  sia decisa.  In  tale ipotesi  il collegio  può  ritenere la causa  esaurientemente ed convenientemente istruita  e quindi  trattenerla per  la decisione,  oppure se reputa necessaria  un’ulteriore istruzione emana  con  ordinanza le disposizioni  che ritiene  più  opportune e rimette le parti  avanti  il giudice istruttore fissando  all’uopo  una  apposita  udienza  (art.  280, comma  1o, c.p.c.). Ne  consegue  che il giudice  istruttore è  nuovamente investito  di tutti i  poteri  per  l’ulteriore trattazione della  causa.  Egli  è  quindi  direttore della nuova  istruzione,  anche  se deve  rimanere vincolato  ai suggerimenti dettati dal collegio  nella  propria ordinanza. Il giudice  istruttore, una  volta adempiuto alla  nuova  fase probatoria, deve  nuovamente rimettere la causa al collegio  (previa  precisazione delle  conclusioni  ai sensi  dell’art.  189 c.p.c.), affinche´  questa  sia decisa.   
 rimessione della querela:  v. querela. 
 rimessione del processo:  in ogni  stato  e grado  del processo  di merito  quando la sicurezza  o l’incolumità  pubblica  ovvero  la libertà  di determinazione delle persone che partecipano al processo  sono  pregiudicate da  gravi  situazioni locali tali  da  turbare lo svolgimento  del processo  la Corte  di Cassazione su richiesta  motivata del procuratore generale competente rimette il processo ad  altro  giudice  (art.  45 c.p.p.).   
 rimessione in termini:  istituto  del processo  amministrativo che libera  la parte  dagli effetti  preclusivi  della  scadenza  dei termini  perentori. Su ricorso dell’interessato, la rimessione rimessione è  prevista:  per  il deposito del ricorso  al Consiglio  di  Stato  e per  la presentazione e deposito del ricorso  incidentale quando concorrano gravi  motivi  (art.  38 t.u.  n. 1054 del 1924); per  riprodurre alla competente autorità  gerarchica  il ricorso  proposto per  errore ritenuto scusabile  contro  provvedimenti non  definitivi  (art.  34 t.u.  n. 1054 del 1924); per  rinnovare la notifica  del proposto ricorso  all’autorità  dalla  quale  è emanato l’atto  impugnato o alle  persone alle  quali  l’atto  direttamente si riferisce,  quando il ricorrente sia incorso  in errore ritenuto scusabile  (art.  36 t.u.  n. 1054 del 1924). (Cosentino). 		
			
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