Enciclopedia giuridica

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Oltraggio



oltraggio a corpo politico, amministrativo o giudiziario: il libro II, titolo II del c.p., all’art. 342, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni: 1) chiunque offende l’onore o il prestigio di un corpo politico, amministrativo o giudiziario o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica Autorità costituita in collegio, al cospetto degli stessi; 2) chiunque commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o con scritto o disegno diretti al Corpo, alla rappresentanza o al collegio, a causa delle sue funzioni. Per entrambi i casi è prevista l’aggravante dell’attribuzione di un fatto determinato, nel qual caso la pena da applicarsi è quella della reclusione da uno a quattro anni. Inoltre, per effetto del richiamo all’art. 341, comma 4o, c.p., le pene sono comunque aumentate qualora il fatto sia commesso con violenza o minaccia, ovvero quando l’offesa sia recata in presenza di una o più persone. I beni giuridici tutelati sono il normale funzionamento ed il prestigio della P.A., considerati come indisponibili. Quanto al soggetto attivo, il delitto può essere commesso da chiunque; sull’elemento oggettivo, si noti la diversa connotazione delle ipotesi previste: nella prima, infatti, l’offesa all’onore o al prestigio (evidentemente orale) deve avvenire al cospetto dell’offeso, mentre nella seconda è richiesto un collegamento funzionale tra lo scritto offensivo e l’offeso. Per la sussistenza del dolo sono necessarie la coscienza, la volontà e l’intenzione dell’atto, oltre alla consapevolezza, da parte dell’agente, del fatto che il Corpo, la rappresentanza o il collegio sono rivestiti di pubbliche funzioni.

oltraggio a defunti: v. manifestazione oltraggiosa verso i defunti.

oltraggio ad un pubblico impiegato: v. oltraggio a pubblico ufficiale.

oltraggio a magistrato in udienza: l’art. 343 c.p. sanziona tra i delitti dei privati contro la P.A. con la reclusione da uno a quattro anni il comportamento di chiunque offende l’onore o il prestigio di un magistrato in udienza; è prevista l’aggravante dell’attribuzione di un fatto determinato, nel qual caso la pena sale alla reclusione da due a cinque anni; inoltre le pene sono comunque aumentate se il fatto è commesso con violenza o minaccia. Anche in questo caso i beni giuridici tutelati sono il normale funzionamento ed il prestigio della P.A., in particolare dell’amministrazione della giustizia. Quanto al soggetto attivo, il delitto può essere commesso da chiunque; si ricordi che come presupposto del reato, è richiesto che l’offesa si verifichi in udienza, rimanendo altrimenti l’ipotesi coperta dall’art. 342 c.p.. Per quanto attiene all’elemento soggettivo, sono necessarie coscienza, volontà ed intenzionalità dell’atto, oltre alla consapevolezza, da parte dell’agente, che il soggetto cui l’offesa è rivolta è un magistrato; e che l’occasione in cui l’offesa viene recata è un’udienza.

oltraggio a pubblico ufficiale: l’art. 341 c.p. sanziona tra i delitti dei privati contro la P.A. con la reclusione da sei mesi a due anni la condotta di: 1) chiunque offende l’onore o il prestigio di un pubblico ufficiale, in sua presenza e a causa o nell’esercizio delle sue funzioni; 2) chiunque commetta il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico ufficiale e a causa delle sue funzioni. Per entrambi i casi è prevista l’aggravante dell’attribuzione di un fatto determinato, con pena della reclusione da uno a tre anni. Inoltre le pene sono comunque aumentate qualora il fatto sia commesso con violenza o minaccia, oppure se l’offesa sia recata in presenza di una o più persone. In pratica, il delitto in esame si presenta come una sorta di ingiuria qualificata, nel senso che l’offesa morale rivolta ad una persona privata viene ritenuta meno grave rispetto a quella rivolta ad una pubblica funzione (aspetto, questo, comune alla disposizione in esame ed a quelle già analizzate di cui agli artt. 342 e 343 c.p.); in sostanza, dunque, i beni giuridici tutelati sono costituiti ancora una volta dal normale funzionamento e dal prestigio della P.A., intesi come beni indisponibili. Quanto al soggetto attivo, il delitto può essere commesso da chiunque, e quindi anche da un altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio; per quanto attiene all’elemento oggettivo, l’oltraggio oltraggio è senz’altro un reato a forma libera nella prima ipotesi sopra descritta, ed è quindi integrato da una serie di casi concreti praticamente infinita, purche´ ricorra una manifestazione di disistima verso la pubblica autorità, in collegamento funzionale tra la manifestazione stessa e l’offeso. Dunque anche le frasi volgari, benche´ di uso corrente, sono ritenute idonee ad integrare il delitto in esame in quanto comunque lesive del prestigio della P.A.. Si ricordi che tra i presupposti del reato è richiesta la presenza del pubblico ufficiale, senza la quale ricorrerà l’ipotesi di cui all’art. 595 c.p. (diffamazione), eventualmente aggravata ex art. 61 n. 10 c.p.. Nell’ambito del concetto di presenza va ricompresa sia quella effettiva, da intendersi come possibilità concreta di percepire direttamente l’offesa, sia quella equiparata, costituita dalla seconda ipotesi sopra descritta, e cioè dalla offesa arrecata mediante comunicazione telefonica, telegrafica, o mediante scritti o disegni. Per la sussistenza dell’elemento soggettivo si richiedono la coscienza, la volontà e l’intenzione dell’agente, oltre alla consapevolezza di arrecare l’offesa ad un pubblico ufficiale. Sulla circostanza aggravante di cui al 3o comma dell’art. 341 c.p., si deve sottolineare che il criterio per distinguere il fatto determinato potenzialmente offensivo da quello che non lo è , viene ricondotto al giudizio di moralità che si può presumere tipico della pubblica opinione nella nostra società , salvo che, ovviamente, il fatto non sia offensivo di per se´ in senso assoluto: la casistica è praticamente infinita. Il quarto comma della disposizione in questione contempla l’ulteriore aggravante del fatto commesso con violenza o minaccia, ovvero in presenza di una o di più persone, dove per presenza si intende anche in questo caso la possibilità concreta di percepire direttamente l’offesa. Infine si ricordi che, ex art. 344 c.p., le disposizioni in esame si applicano integralmente anche nel caso in cui l’offesa sia recata ad un pubblico impiegato che presti pubblico servizio, salvo che le pene sono ridotte di un terzo.

oltraggio e resistenza al notaio: ai sensi dell’art. 53 R.N. quando il notaio nell’esercizio delle sue funzioni sia ingiuriato o trovi resistenza, ne fa processo verbale, invitando le persone presenti a sottoscriverlo; e lo trasmette senza ritardo al pretore del mandamento. Può anche in caso d’urgenza, richiedere direttamente e sotto la propria responsabilità l’assistenza della forza pubblica.


Olografo      |      Ombudsman


 
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