Enciclopedia giuridica

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Delegificazione

Modo di produzione di regole giuridiche con cui si suole indicare, in una accezione ampia, la dismissione della disciplina di una determinata materia o attività ad opera di norme contenute in fonti legali e, in senso tecnico, il trasferimento della disciplina normativa di una determinata materia o attività dalla sede legislativa alla sede regolamentare, dalla competenza parlamentare a quella dell’esecutivo. Chiara finalità della delegificazione, almeno nella sua accezione tecnica, è quella di deflazionare la legislazione, liberandola dalla pletora delle leggine, delle leggidelegificazioneprovvedimento, tese a provvedere più che a dettare regole, in maniera da restituire al Parlamento la possibilità di occuparsi della grande legislazione e di riattribuire al Governo la funzione provvedimentale che gli è propria. In Italia è stata la l. n. 400 del 1988 a porre per la prima volta una ipotesi generale di delegificazione (art. 17, comma 2o), prevedendo la possibilità che siano i regolamenti, emanati con d.p.r., a disciplinare le materie non coperte da riserva assoluta di legge, per le quali le leggi abbiano autorizzato l’esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinando comunque le norme generali regolatrici della materia e disponendo lr´ogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari (un esempio lo possiamo avere nella previsione contenuta nella l. n. 86 del 1989 che la legge comunitaria opti per dare attuazione alle norme comunitarie non direttamente applicabili (es. le direttive delegificazione con atti secondari). In senso ampio, invece, la delegificazione porta al riconoscimento di poteri normativi autonomi, alla riserva cioè ad atti normativi extragovernativi di valore primario della disciplina di determinate materie o settori, da cui la legge si ritrae. Ev questo il caso, ad esempio, del sistema normativo contrattuale del pubblico impiego, in cui la disciplina del trattamento normativo ed economico dei pubblici dipendenti e taluni profili dell’organizzazione del lavoro sono stati lasciati alla disciplina pattizia; o del sistema di accordi e di intese, previsto nel c.d. nuovo Concordato, ai quali si è riservata la disciplina delle c.d. materiae mixtae, nei rapporti tra Italia e Santa Sede; o ancora del riconoscimento della diretta efficacia nell’ordinamento interno degli atti normativi emanati dalle Comunità europee, idonei a disciplinare direttamente, con prevalenza automatica sugli atti normativi statali incompatibili, le materia di competenza.


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